La sharing economy non è solo futuro, ma è già presente. Lo ha affermato con forza Rifkin all’apertura di ForumPA 2016 e lo dimostrano in modo chiaro i dati delle rilevazioni di questi mesi: secondo l’Università Niccolò Cusano il trend di crescita è in Italia del 34% nell’ultimo anno, mentre in una prospettiva internazionale, secondo una ricerca di Juniper, si può prevedere che i valori di fatturato possano triplicare.
Ma non solo: da una ricerca TNS si è rilevato che in Italia la sharing economy è conosciuta dal 70% della popolazione, che il 25% della popolazione la utilizza, e la maggior parte dei non utilizzatori sono propensi all’uso futuro (22%) o interessati (18%).
È sempre più evidente che la diffusione dell’economia collaborativa sui vari campi del vivere sociale, dalla mobilità al turismo, dallo scambio di oggetti alla cultura, dal coworking al crowdfunding, fino ai prestiti tra privati, non è un fenomeno confinato al mercato privato. È l’emergere di un modello nuovo che cambia radicalmente sia il ruolo del settore pubblico che quello del privato, mettendo al centro un protagonista assoluto: la comunità.
Le PA sono chiamate a un nuovo approccio non solo per definire quelle regole chiare e quelle garanzie nell’utilizzo dei servizi, la cui mancanza è uno dei principali ostacoli ad una maggiore diffusione dell’economia collaborativa, ma per riprogettare il proprio ruolo, come abilitatrici delle comunità. Un ruolo che è sempre più urgente e si connette con l’attuazione dei principi di Open Government.
Così, c’è un continuum tra la collaborazione prevista dalla riforma della PA tra le amministrazioni, la collaborazione tra amministrazioni e cittadini secondo l’Open Gov, e il nuovo modello di produzione diffusa dei servizi, sostenuto dalla necessità di ottimizzare le risorse ma reso possibile dal diverso rapporto con i mercati delle persone e delle comunità, che attivano nuovi servizi basati sulla condivisione di tempo, competenze, risorse.
Un modello organico e in divenire: la proposta di legge per l’economia collaborativa dell’Intergruppo Parlamentare sull’Innovazione Tecnologica, che si propone rispondere alla richiesta di regole, dovrà probabilmente orientarsi verso un approccio che, seguendo Grossmann, supera la regolamentazione basata sui permessi verso quella basata sull’apertura delle informazioni e sul controllo diffuso. Con un carattere di “beta permanente” e un monitoraggio condiviso. Regulation 2.0.