INNOVAZIONE

Una “terza rete” per il cloud software defined

Si lavora a un modo diverso di organizzare le tecnologie esistenti per raggiungere un modello di funzionamento basato su standard e meccanismi di interoperabilità. Il tutto trainato dai servizi a valore aggiunto

Pubblicato il 04 Mar 2016

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Ecco il cloud “software defined”. Nel picaresco inseguirsi di sigle e acronimi che affligge il mondo dell’informatica, c’è però una logica sotterranea e quasi nascosta che, quando svelata, dice molto più di quel che non sembra. La nuvola che eroga servizi di calcolo e archiviazione dati ha bisogno di semplificazione per fare efficienza e diventare svelta e leggera.

E questa sveltezza e leggerezza (in inglese “agile”) non è possibile con l’attuale configurazione dei protocolli e delle tecnologie utilizzate da Internet. «Senza contare – dice Michael Strople, chairman del MEF, Metro Ethernet Forum – che quando passeremo alla prossima generazione di apparati di rete, l’attuale insieme di tecnologie dovrà essere rivisto radicalmente». Perché non farlo subito, allora? Ecco che arriva l’idea di una “terza rete”, un modo diverso di organizzare le tecnologie esistenti, raggiungendo un modello di funzionamento basato su standard e meccanismi di interoperabilità che permetta di utilizzare il cloud a sua volta come servizio “software defined”, definito dal software. «È una visione che stiamo costruendo da quindici anni – dice Strople – e che si basa sulla Carrier Ethernet, la tecnologia che espande i protocolli della rete aziendale e li porta sino al carrier, consentendo di estendere al di fuori dell’azienda i servizi informatici e la sicurezza». Il fatto è che il mondo sta cambiando.

Cambiano i punti caldi dove c’è bisogno di più accesso, aumenta in generale il bisogno di velocità, ma soprattutto cresce il cloud e cresce il bisogno di servizi a richiesta. I servizi a valore aggiunto disegnano scenari in cui il paradigma della prima internet, aperta e interoperabile, si deve arricchire di standard orizzontali (la Carrier Ethernet della seconda rete) e portare una sintesi complessiva in cui il cloud sia semplice, gestibile in modo unificato attraverso ambienti e geografie diverse. Serve un sistema condiviso di orchestrazione, meccanismi di gestione del ciclo di vita dei servizi e dei dati, la possibilità di creare reti end-to-end programmate come servizi.

C’è davvero bisogno di un cambiamento tanto radicale e di una “Santa alleanza” che unisca tutti per creare la terza rete? «Senza dubbio», dice a CorCom John Medamana, vicepresidente della parte di fibra ottica di AT&T. «La crescita dal 2007 al 2014 è stata a dir poco spettacolare. Il punto di arrivo, nel 2020, è previsto con un fattore di crescita di dieci volte rispetto a oggi. Siamo più veloci della legge di Moore: da 35 anni in costante crescita con un’impennata in questa fase». Internet ha bisogno di evolvere e passare a un terzo modello, ma in realtà è stata tutt’altro che ferma negli anni passati. A seconda dello “strato” che si vuole vedere, la parte più bassa di trasmissione dati o la parte più sofisticata delle applicazioni e della presentazione dei dati, siamo passati attraverso fasi diverse e sempre più ricche. «Siamo passati – dice Medamana – da sistemi di connessione su linee private a circuiti virtuali, da sistemi a pacchetti a reti programmabili, reti private come le VPN sino a passare ai nuovi paradigmi. In particolare stiamo lasciando gli hardware specializzati per utilizzare software sempre più flessibili, da sistemi monolitici a sistemi aggregati, dal service provisioning ai sistemi software defined on demand in near real time».

L’obiettivo sono sistemi svelti e leggeri, ma anche più affidabili, flessibili, veloci, sicuri. E soprattutto economici. «Il costo è il grande problema. E la terza rete anche secondo noi è la risposta». Cosa succede adesso? Secondo Eric Cervis, presidente di Verizon Partner Solutions, l’evoluzione della rete sarà un viaggio che durerà più di un anno. «Cominciamo con la banda on demand. Passiamo a tirare fuori dalle tecnologie che stiamo implementando le possibili novità e poi procedere all’integrazione delle reti con i datacenter. Il punto di arrivo è il deployment di SDN su vasta scala».

I cambiamenti saranno moltissimi. Perché stanno arrivando anche gli oggetti connessi in rete, e la Internet delle cose. E c’è il problema della sicurezza. Però, come spiega James Walker, presidente di OpenCloud Connect, è necessario procedere per gradi. «A partire da un cloud exchange che consenta di far passare le cose da una nuvola all’altra e capire il modo di farlo funzionare per bene.

Obiettivi ambiziosi ma necessari. In futuro una azienda che abbia i clienti sulla sua rete locale ma gli analitici nel cloud di Amazon dovrà poter usare un modello unico di sicurezza integrato con un’unica reportistica, un’unica visione sul tutto. È necessario poterlo fare. Serve una grande semplificazione. E alla fine la terza rete è proprio questo: una grande semplificazione».

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