TRADE WAR

Nuovo “ban” Usa sui chip, la Cina al contrattacco. Ma Apple sarà “graziata”

Pechino pronta a limitazioni e indagini antitrust per rispondere alla chiusura americana. Ma eviterà di colpire i big per evitare effetti boomerang. E la Mela è considerata partner economico chiave

Pubblicato il 20 Mag 2020

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L’escalation nella guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina si è spostata sul settore dei chip, componente vitale per i dispositivi tecnologici connessi. La scorsa settimana il dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha imposto alle aziende internazionali di non vendere a Huawei software, componenti o apparati Made in Usa a meno che non ottengano una speciale licenza. Pechino, riportano i media locali, è pronta alle “contromisure”, tra cui un “ban” contro alcune compagnie straniere. Queste potrebbero essere inserite in una lista delle “entità non affidabili” creata da Pechino lo scorso anno dopo che Huawei è stata inserita nella “entity list” degli Stati Uniti. Tuttavia Apple dovrebbe essere al riparo da ogni conseguenza, perché il ceo Tim Cook è stato abile nel tessere rapporti in Cina che hanno creato un saldo legame col colosso asiatico.

Ritorsioni contro le aziende Usa

Il Global Times ha scritto che tra le contromosse di Pechino potrebbero esserci restrizioni al business o l’avvio di indagini contro aziende americane come Qualcomm, Cisco e Apple in base alle normative cinesi in tema antitrust e di cybersicurezza.

Tuttavia il produttore degli iPhone ha un buon rapporto con Pechino, e, tramite il partner della manifattura Foxconn, impiega centinaia di migliaia di persone in Cina. Tali fattori sarebbero sufficienti per dissuadere il governo cinese dall’intraprendere azioni che danneggino la Mela.

Il successo di Apple in Cina

Apple è tra le poche aziende tecnologiche americane che sono riuscite a costruirsi un solido business in Cina negli scorsi anni. Le vendite dell’azienda di Cupertino nell’area della Greater China rappresentano circa il 16% delle sue vendite nel primo trimestre 2020.

La Cina è importante per Apple non solo per i ricavi. In Cina viene anche assemblata la maggior parte degli iPhone tramite Foxconn. Il colosso asiatico è parte fondamentale della supply chain di Apple.

Ovviamente la trade war ha creato fattori di rischio in questa catena logistica e la stessa Apple sta cercando nuove sedi per l’assemblaggio degli iPhone, in particolare in Vietnam, dove potrebbe spostare la produzione degli AirPods. L’azienda americana, secondo alcune indiscrezioni, avrebbe chiesto ai fornitori di considerare di spostare il 15-30% della produzione dalla Cina al Sud-est asiatico.

Pechino cercherà probabilmente di evitare questa migrazione della produzione verso altri paesi e nelle sue contromisure al “ban” americano anti-Huawei valuterà le diverse ricadute.

“Apple dà un enorme contributo diretto e indiretto all’economia cinese”, ha commentato su Cnbc.com Neil Shah, direttore della ricerca di Counterpoint Research. Apple possiede 42 negozi in Cina e numerosi partner per la distribuzione dei suoi prodotti. Inoltre, ha 2,5 milioni di sviluppatori sulla sua piattaforma App Store nella versione per la Cina, lanciata nel 2010. Da allora, secondo quanto comunicato dalla stessa Apple, gli sviluppatori hanno guadagnato oltre 200 miliardi di yuan (28,1 miliardi di dollari). “Pechino ci penserà due volte prima di danneggiare Apple”, ha dichiarato Shah.

La strategia di Pechino

“Non pensiamo che Pechino se la prenderà con Apple. Potrebbe decidere qualche forma di ritorsione ma non contro grandi aziende che hanno ottimi rapporti con Pechino e i governi locali”, ha affermato Paul Triolo, direttore del dipartimento geotechnology di Eurasia Group.

Secondo Triolo è più probabile che il governo cinese apra alcune indagini su aziende americane per verificare eventuali comportamenti lesivi della concorrenza o non ottemperanti alle regole sulla cybersecurity. Questo darà a Pechino la flessibilità necessaria per soddisfare chi in Cina chiede una risposta forte alle politiche aggressive di Donald Trump senza ledere i rapporti con grandi aziende che sono importanti per l’economia cinese.

“Probabilmente Pechino inserirà nella sua ‘unreliable entities list’ o adotterà ritorsioni contro aziende straniere che già hanno limitato accesso al mercato cinese ma con sufficiente valore simbolico”, secondo Triolo. “La Cina dimostrerà così di aver reagito ma eviterà di danneggiare la sua economia o forzare la migrazione delle fabbriche di assemblaggio verso paesi concorrenti”.

Il nuovo “ban” americano sui chip

Lo scopo del nuovo “ban” deciso la scorsa settimana dal dipartimento del Commercio americano è rendere difficile l’approvvigionamento di chip necessario a Huawei. Tra le aziende interessate dalla restrizione c’è infatti il colosso taiwanese dei semiconduttori Tsmc che, secondo quanto riportato da Nikkei, avrebbe smesso di accettare ordinativi da Huawei dopo l’annuncio delle nuove regole Usa. In tutta risposta i fondi d’investimento controllati dallo Stato cinese hanno iniettato 2,25 miliardi di dollari in uno stabilimento della Semiconductor Manufacturing International per sostenere la produzione di chip avanzati. La Cina intende quintuplicare la produzione così da far fronte alle nuove limitazioni imposte dagli Stati Uniti e proteggere  Huawei.

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