IL PUNTO

Venture capital, in Italia crescono gli investimenti: sforati i 550 milioni

Stando ai dati dell’Osservatorio Growth Capital, nel secondo quarter di quest’anno è aumentata la dotazione finanziaria per le imprese innovative anche se si sono ridotti i round. Il rapporto I-Com registra un exploit delle startup energetiche. I brevetti però restano al palo

Pubblicato il 07 Lug 2022

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Nel secondo trimestre 2022, gli investimenti nel Venture Capital italiano hanno raggiunto un valore di 552,6 milioni di euro. Si tratta di una crescita sensibile rispetto ai 443,6 del primo trimestre. Il numero di round ha invece registrato una contrazione: 57 contro 76. Complessivamente, nel primo semestre dell’anno sono stati investiti oltre 996 milioni, dato in aumento rispetto al secondo semestre 2021 (+30%), sebbene fortemente influenzato dal Serie B di Scalapay (188 milioni) e dal Serie A di Newcleo (300 milioni). I round annunciati nel primo semestre 2022 sono stati 133, il numero più alto del periodo 2017-2022, ad eccezione dei 147 del primo semestre 2021.

I dati dell’Osservatorio di Growth Capital

È la fotografia scattata dall’Osservatorio sul Venture Capital in Italia, realizzato da Growth Capital, advisor italiano specializzato in aumenti di capitale e operazioni di finanza straordinaria per startup e scaleup, in collaborazione con Italian Tech Alliance, l’associazione italiana del Venture Capital, degli investitori in innovazione e delle startup e Pmi innovative.

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Il secondo quarter del 2022 ha registrato il secondo miglior risultato negli ultimi cinque anni (552,6 milioni), con un deal ben al di sopra dei 100 milioni. Indicazioni interessanti emergono guardando alla segmentazione dei round per tipologia: i Serie A (418 milioni) e i Serie B (316 milioni) hanno raccolto più nel primo semestre 2022 che in tutto il 2021, con un incremento, rispettivamente, del 17% e del 66%. Si registra una contrazione degli investimenti Seed, che totalizzano poco più di un terzo della raccolta complessiva del 2021. In termini numerici, i round Seed si confermano la tipologia più rappresentata anche nel primo semestre 2022, con 76 round.

Nel primo semestre 2022, il primo settore in termini di ammontare raccolto è Smart City (322,6 milioni in 16 round), seguito dal Fintech (315,8 milioni in 20 round), e Food and Agriculture (88,9 milioni in 14 round). Smart City, DeepTech e Software sono gli unici settori ad aver manifestato una crescita numerica (rispettivamente +8, +3 e +2 rispetto al primo quarter).

I primi cinque round sono quello di Newcleo (Serie A, 300 milioni), Vedrai (Seed, 40 milioni), Arduino (Serie B, 30 milioni), Scalapay (Serie B, 24,3 milioni) e Cortilia (Serie C, 20 milioni).

Exploit per le startup del settore energetico: il rapporto I-Com

L’innovazione in Italia accelera anche sul fronte della numerosità delle startup, e in particolare di quelle che si occupano di energia: l’analisi annuale dell’Istituto per la Competitività (I‐Com) evidenzia infatti una crescita esponenziale: +170% rispetto al 2015 e 14.548 piccole imprese innovative registrate a maggio 2022. Lo studio, dal titolo “Energia. Le ricette dell’innovazione per un menù da riscrivere”, rappresenta la quattordicesima edizione del rapporto. È stato curato da Antonio Sileo e sviluppato in partnership con a2a, Acquirente Unico, Assogasmetano, Elettricità Futura, Enel, Federchimica-Assogasliquidi, Proxigas, Rwe, Unem, Utilitalia.

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A fine 2021, le startup specializzate in attività energetiche risultano essere poco meno di 2.000, ovvero il 14,73% del totale, presentando un tasso di incremento medio annuo del 23,9%, maggiore rispetto a tutte le altre (18%). Geograficamente le regioni settentrionali si confermano come quelle più fertili in termini di numero di imprese innovative: al primo posto si posiziona la Lombardia con 3.562 startup (+11% rispetto al 2020), seguita da Lazio (1.648 startup, +18% su base annua) e Campania (1.273; +18%). Un podio che, per quel che riguarda l’ambito energetico, vede come unica modifica il sorpasso della Campania sul Lazio al secondo posto. Restano alcuni importanti limiti strutturali: la stragrande maggioranza delle startup fattura meno di 500 mila euro e solo in pochissimi casi la forza lavoro impiegata supera i dieci addetti.

Se la crescita di startup è costante ed esponenziale nell’ultimo quinquennio, diversa è la situazione per quanto riguarda i brevetti nel settore energetico. Nonostante un aumento medio del 2,6% tra il 2010 e il 2020, l’Italia passa dal rappresentare l’1% (572 brevetti) allo 0,7% (739 brevetti) del totale nelle tecnologie energetiche, stesso peso dello scorso anno, quando le domande erano state 715. Anche nel confronto con gli altri Paesi europei la Penisola figura ultima per crescita decennale: il Regno Unito presenta infatti un tasso annuo medio di crescita dell’8,1%, seguito dalla Germania e dalla Francia rispettivamente con il 6% e il 6,1%, mentre la Spagna presenta un dato inferiore (3,3%).

L’innovazione in campo energetico, sottolinea lo studio I-Com, è strettamente legata alla progressiva digitalizzazione dei servizi. Ecco perché è stato preso in esame anche il fenomeno delle comunità energetiche. Per quanto riguarda il nuovo ruolo dei consumatori, il rapporto evidenzia come la crescente digitalizzazione dei servizi vada di pari passo con l’aumento della consapevolezza dei propri consumi. Sul web, infatti, i consumatori possono accedere a piattaforme pubbliche come il Portale Consumi, tramite Spid, (che permette di ottenere tutte le informazioni sui propri contratti di fornitura) e il Portale Offerte (attraverso cui si ha la possibilità di confrontare e scegliere le offerte riguardanti la fornitura di elettricità e gas naturale).

Il rapporto, infine, affronta tra le altre pure la questione delle terre rare, la cui domanda è destinata a crescere notevolmente anche sulla spinta nella direzione di energia sempre più rinnovabile e green. Per terre rare si intendono quei metalli che sono presenti anche nei nostri telefonini, ma sono anche necessari per produrre auto elettriche, turbine eoliche e marmitte catalitiche. “Con l’invasione dell’Ucraina i prezzi hanno subito ulteriore spinta verso l’alto, il problema”, spiega Antonio Sileo, “è che, come per i prezzi dell’energia, non si tratta di una congiuntura avversa, ma di un fenomeno destinato a durare anni”. In Italia le risorse allocate sono decisamente insufficienti, a fronte di una dipendenza nell’approvvigionamento ancora elevata e limitate possibilità di integrazione con materie prime critiche. Da qui, continua lo studio, l’urgenza di programmazione economica nella prospettiva di una necessaria diversificazione delle fonti di approvvigionamento, nonché di attuazione di politiche di recupero e riciclo dei materiali, lavorando anche a vere e proprie filiere.

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