NUOVA ECONOMIA

Verona: “Start up, il cambiamento è storico”

L’esperto e docente della Bocconi: “Sta nascendo un nuovo ecosistema e non è ancora chiaro il disegno finale. Quando si è di fronte a un cambio di paradigma tecnologico e strategico il modo più veloce per acquisire competenze è comprarle sul mercato. Chi non lo fa rischia di scomparire”

Pubblicato il 15 Ott 2013

“Comprare una start up è come acquistare opzioni strategiche per il tuo business». Gianmario Verona, professore dell’Università Bocconi in cui detiene la cattedra Telecom Italia Mobile in Market Innovation, conosce bene i tormenti delle aziende di fronte al cambiamento e la rapacità delle nuove conglomerate digitali.
Insegna Gestione dell’Innovazione e della Tecnologia, ha scritto libri sulla collaborative innovation e vantaggio competitivo in rete e dello shopping compulsivo di Google&Co propone una lettura di sistema: il digitale è un settore dove non è possibile fermarsi neanche un momento, a volte non c’è tempo per fare e comunque non basta fare innovazione interna, si fa prima a comprarla sul mercato e integrarla nell’organizzazione. Un processo non semplice, non è facilmente ripetibile in altri settori.
Professore, perché le start up interessano le big digital company?
Gli esiti della ricerca dicono che le aziende di solito sono brave a innovare ma quando il futuro è incerto hanno difficoltà, ondeggiano, hanno bisogno di “nutrirsi” con energie esterne. In questo senso trovo un’interessante analogia con ciò che è accaduto 15 anni fa nel settore farmaceutico, dove l’impatto delle biotecnologie ha ridisegnato le competenze dell’intero settore.
Perché dice che il futuro è incerto?
Nel settore digitale è in atto un cambiamento storico, sta nascendo un nuovo ecosistema e non è ancora chiaro il disegno finale. Siamo passati dai grandi calcolatori al pc e ora a qualcosa che identifichiamo con il cloud ma non è chiaro come si configurerà.
Il cambiamento investe tutti?
È indubbio che viviamo un momento di profondo cambiamento in molteplici settori, ma non tutti i settori sono uguali. Così come è indubbio che quello delle tecnologie digitali è sottoposto a uno stress particolare, perché sta vicendo una riconfigurazione profonda e veloce.
E le start up funzionano da antistress?
Quando c’è una situazione di profonda incertezza, di cambio di paradigma tecnologico e strategico, il modo più veloce per acquisire competenze, per restare competitivi è comprarle sul mercato. Chi non lo fa rischia di scomparire e il caso da manuale resta quello di Kodak, che affrontò il digitale con competenze chimiche e quando cercò di sposare quelle digitali con risorse interne non ne comprese il funzionamento. Un caso che conferma un altro assunto teorico: il leader di mercato fa fatica a ripetersi. E quando riesce a farlo lo fa in tono decisamente contenuto. E cosi facendo molto probabilmente perde la corsa all’innovazione radicale successiva.
Quindi l’innovazione interna è rara se non addirittura impossibile?
Non è impossibile ma profondamente complessa, soprattutto quando sei un leader. Tra l’altro, sarebbe sempre meglio produrre innovazione al proprio interno ma le resistenze, le forme di inerzia sono tante e l’unico modo per superarle è rivolgersi all’esterno. Scelta che però crea altri problemi.
Quali?
Integrare l’innovazione o le competenze acquisite non è sempre facile. L’opportunità dell’innovazione acquisita non è uguale per tutti i settori. Comprare ha valenze diverse da settore a settore. E anche obiettivi diversi. Nel fashion per esempio nel corso degli ultimi anni s’è fatto molto shopping ma spesso si trattava di completare un portafoglio, di entrare in un mercato, di accrescere il fatturato e i marchi sono spesso rimasti separati nella gestione operativa. Nel caso del digitale è completamente diverso: la start up viene subito integrata, ed è anche per questo che le aziende adottano modelli organizzativi aperti.
Perché in altri settori non si registra lo stesso interesse?
In un’azienda tradizionale è difficile integrare pezzi di innovazione acquisiti sul mercato, non solo per questioni organizzative ma soprattutto culturali. E c’è sempre in il rischio di rigetto. Se a questo aggiungiamo il fatto che in questo momento le risorse finanziarie a disposizione sono scarse, si comprende perché di shopping se ne fa poco. Le grandi compagnie digitali sono, invece, aperte, senza pregiudizi e dotate di capitali.
Cosa attira in una start up, oltre la capacità di creare?
Sono società flessibili, autonome, veloci. Tutte caratteristiche che di solito una grande azienda non ha. Anche quelle digitali, che pure sono diverse, ma sono in una situazione di mercato in cui non c’è molto tempo da perdere. Quindi il valore della start up sta nella capacità di produrre salti tecnologici in tempi rapidi.

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