L'INTERVENTO

Digital markets act, nessuno “sconto” per le big tech. Vestager: “Faremo rispettare le regole”

La vicepresidente della Commissione Ue in audizione al Parlamento europeo: “Preoccupati per concorrenza, privacy e restrizioni agli sviluppatori. Puntiamo a un mercato aperto e competitivo”

Pubblicato il 03 Apr 2024

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“Faremo rispettare le regole del Digital Marktes Act”. Lo ha assicurato Margrethe Vestager, vicepresidente esecutivo della Commissione Ue con delega alla Concorrenza, in audizione davanti la commissione Mercato interno (Imco) del Parlamento europeo, a seguito dell’indagine avviata su Alphabet, Apple e Meta.

Google, il nodo della graduatoria dei servizi

Nel mirino della Commissione c’è la questione dei servizi di Google. “Siamo preoccupati del modo in cui Alphabet fa la graduatoria dei suoi stessi servizi, soprattutto la ricerca verticale di Google: Google Hotel, Google Flights, Google Shopping – ha spiegato Vestager – Abbiamo motivi per sospettare che Google ha trattato i propri servizi in modo più favorevole rispetto ai servizi simili di parti terze. Si tratta di una battaglia che conduco da tempo, e non accetteremo più questo tipo di comportamento”.

Apple e le restrizioni agli sviluppatori

Altra questione particolarmente attenzionata è quella del compprtamento di Apple con gli sviluppatori. “La Commissione è preoccupata dalle restrizioni che impone Apple sugli sviluppatori, sul modo in cui promuovono le loro offerte e sul modo in cui Apple intende far pagare agli sviluppatori di App un canone ricorrente che va oltre la tariffa che serve ad agevolare l’acquisizione iniziale da parte del business user e dell’end user – ha ricordato – Apple si deve conformare all’obbligo di consentire la disinstallazione e la modifica delle impostazioni automatiche, e consentire la scelta libera dei motori di ricerca”.

Meta e la privacy

Roflettori anche su Meta, soprattutto sul fronte della tutela dei dati personali. “Riguardo all’obbligo di Meta di rispettare il divieto di usare dati personali senza consenso, affrontiamo una delle prime barriere per entrare nel mercato digitale che deriva dall’accumulo dei dati – ha puntualizzato –  La Commissione verificherà se il modello in uso sia conforme al Dma”.

L’indagine sulle Big tech

Il 25 marzo la Ue ha avviato un’indagine su Alphabet, Apple e Meta ai sensi del Dma. Nel mirino ci sono i servizi Google Play e Google Search, l’App Store e la schermata di ricerca di Safari, il “modello di pagamento e consenso” di Meta, che controlla Facebook.

La Commissione sospetta che le misure messe in atto non siano in grado di garantire un effettivo adempimento agli obblighi imposti dal Dma. Inoltre, Bruxelles ha avviato indagini sulla nuova struttura tariffaria di Apple per gli app store alternativi e sulle pratiche di ranking di Amazon sul suo marketplace. Infine, ha ordinato alle società di conservare determinati documenti per monitorare l’effettiva implementazione e il rispetto dei loro obblighi.

n caso di violazione, la Commissione può imporre multe fino al 10% del fatturato totale della società a livello globale, che possono salire al 20% in caso di violazione reiterata. Più nel dettaglio, la Commissione ha avviato un procedimento per valutare se le misure attuate da Alphabet e Apple in relazione ai loro obblighi sugli app store violino il Dma: l’articolo 5 del Dma impone ai gatekeeper di consentire agli sviluppatori di app di “indirizzare” (steer) i consumatori verso offerte al di fuori degli app store, gratuitamente.

Cosa prevede il Dma: definizioni e regole

In base al Dma la Commissione europea ha designato i gatekeeper: sei piattaforme con un fatturato annuo di almeno 7,5 miliardi di euro all’interno dell’Ue negli ultimi tre anni, una valutazione di mercato superiore ai 75 miliardi di euro, almeno 45 milioni di utenti finali mensili e 10 mila utenti aziendali stabiliti nell’Ue. Tra gli altri criteri c’è anche il controllo di uno o più servizi di piattaforma di base in almeno tre Paesi membri dell’Unione.

Rispetto alla definizione di servizi di piattaforma essenziali, sono 22 quelli designati dalla Commissione Ue: compaiono social network (TikTok, Facebook, Instagram e LinkedIn), browser (Safari e Chrome), sistemi operativi (Google Android, iOs e Windows Pc Os), software per spazi pubblicitari (Google, Amazon e Meta), servizi di intermediazione (Google Maps, Google Play, Google Shopping, Amazon Marketplace, App Store e Meta Marketplace) e di messaggistica (WhatsApp e Messenger), ma anche Google Search (come motore di ricerca) e YouTube (come piattaforma di condivisione video).

Entrata in vigore il 1° novembre 2022 – e con le regole applicate dopo un periodo di adeguamento di sei mesi – la legge sui mercati digitali specifica con precisione le caratteristiche non solo per identificare i ‘controllori’ dell’accesso al mercato digitale, ma anche i loro obblighi. I gatekeeper devono garantire il diritto degli utenti di disdire l’abbonamento ai servizi della piattaforma principale e l’interoperabilità delle funzionalità di base dei servizi di messaggistica istantanea. In altre parole, i più grandi servizi di messaggistica devono aprirsi all’interoperabilità con le piattaforme più piccole, dando agli utenti più scelta nello scambiarsi messaggi, inviare file o fare videochiamate attraverso le app di messaggistica. Deve poi essere garantito un “accesso equo” alle funzionalità degli smartphone agli sviluppatori di app e i venditori dovranno poter aver accesso ai propri dati sul marketing nelle piattaforme online. Ma soprattutto la Commissione Ue deve essere sempre informata sulle fusioni, per evitare le cosiddette killer acquisition, ovvero le acquisizioni di società emergenti da parte delle aziende che dominano il mercato digitale.

È vietato inoltre pre-installare sui dispositivi determinate applicazioni software o richiedere agli sviluppatori di app di utilizzare determinati servizi per comparire negli app store, classificare più in alto i propri prodotti e servizi e riutilizzare i dati privati raccolti ai fini di un altro servizio.

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