Modi gentili ma mente determinata: così Variety descrive la “lady di ferro” dell’Antitrust europeo, la commissaria Margrethe Vestager, che in pochi anni è stata capace di inseguire colossi del digitale e dell’intrattenimento americani per sospette pratiche commerciali scorrette, aprendo corposi dossier su Google, Amazon, Apple, Disney, Sony. Dopo l‘ok ad Apple-Shazam la Vestager si prepara a mettere sotto la lente il recentissimo deal Comcast-Sky, accendendo un faro, per l’ennesima volta, su un big della tecnologia americano. Ce l’ha proprio con le aziende degli Stati Uniti?
La domanda apre l’intervista con la commissaria Ue alla concorrenza che Variety ha pubblicato in questi giorni. “Noi siamo responsabili del mercato europeo. Se sospettiamo pratiche scorrette apriamo un dossier. Non dipende dalla nazionalità”, ha risposto la Vestager. Insomma non è una crociata contro i giganti degli Usa e il loro successo, ma uno scrutinio su eventuali domini di mercato, spiega la Vestager: se un’azienda ha grande seguito e larghe quote di mercato, la concorrenza diventa sempre più difficile e i leader hanno la “speciale responsabilità” di non abusare delle proprie dimensioni di big per schiacciare tutti gli altri fuori dal loro settore.
L’Antitrust dell’Ue ha inflitto l’anno scorso a Google la multa record di 2,4 miliardi di euro a conclusione di un’indagine sul prodotto di ricerca per lo shopping online offerto da Big G. Google è forse l’osservato un target speciale dell’ufficio Antitrust europeo? “Viviamo nella rivoluzione industriale, digitale e tecnologica, tutto sta cambiando, non solo il modo in cui produciamo ma quello in cui creiamo valore, il modo in cui il capitalismo è remunerato”, risponde la Vestager. “E’ importante che il cambiamento avvenga nei limiti del quadro legale. La multa a Google è molto grande perché questa è un’azienda molto grande. Se considerata a livello di percentuale non suscita alcuno stupore”.
Nei giorni scorsi l’Antitrust europeo ha aperto un dossier preliminare su Amazon per un possibile utilizzo illecito dei dati dei rivenditori, che potrebbe rappresentare una pratica commerciale scorretta. Nel caso di Google, invece, lo scrutinio non ha niente a che vedere con la politica di raccolta e utilizzo dei dati da parte del colosso americano, che esula dai compiti dell’antitrust. La commissaria aggiunge però che “Le democrazie europee vogliono essere sicure che la rivoluzione digitale si inserisca in decisioni prese da rappresentanti democraticamente eletti”. Insomma il regolamento sui dati personali Gdpr, il diritto all’oblio e altre norme europee vogliono evitare che siano calpestati i diritti fondamentali delle persone e che vi siano indebite interferenze sul processo democratico, un timore espresso anche dai politici degli Stati Uniti.
Sempre a proposito di colossi americani, Variety ha chiesto alla Vestager se indagherà sul potenziale dominio di mercato o in generale sulle pratiche dei numeri uno del video streaming, Netflix e Amazon. “No: non ci interessa portare alla luce dei casi solo perché c’è una trasformazione in atto in un’industria, come avviene con le tecnologie e la digitalizzazione. Questa è solo concorrenza allo stato puro, non abuso”. La trasformazione digitale può essere dolorosa e lasciare sul campo diversi sconfitti, ma finché avviene entro il quadro legale è più che lecita. Sempreché il “free play” non si trasformi i un sospetto “foul play”.