Christian Vieri dovrà “restituire” quasi tutto il milione di euro che gli era stato riconosciuto dal Tribunale nel 2012 per lo “spionaggio” che avrebbe subito quando giocava nell’Inter. La Corte d’Appello di Milano, infatti, ha sì confermato le responsabilità del club nerazzurro e di Telecom (la vicenda si inseriva nel capitolo dossier illegali), ma ha stabilito che il gruppo di tlc dovrà versare come danni solo 80mila euro e la società nerazzurra, in solido con Telecom, 40mila euro ma sempre del “predetto importo”.
Nel settembre del 2012 l’ex bomber Bobo Vieri aveva vinto, in sostanza, il primo round della causa civile intentata nei confronti dell’Inter e della Telecom per essere stato “spiato” dalla security di Tlc sotto la guida di Giuliano Tavaroli. Il Tribunale aveva, infatti, condannato le due società a versare in solido tra loro un milione di euro all’ex attaccante che aveva lamentato di essere scivolato in uno stato depressivo, con tanto di insonnia, quando scoprì di essere stato pedinato e controllato illecitamente per conto del club nerazzurro. L’ex calciatore, comunque, aveva chiesto un risarcimento ben più alto: 12 milioni al gruppo di telecomunicazioni e 9,25 milioni al club nerazzurro.
Ora la seconda sezione civile della Corte d’Appello di Milano (presidente Luigi De Ruggiero, consiglieri Sbordone e Crescenzi) ha confermato “la responsabilità sia di Telecom spa che di Fc Internazionale in relazione all’illecita attività posta in essere”, ma ha stabilito che “il controllo sulla persona di Vieri si è verificato in due distinti periodi” ed è durato alcuni mesi e non anni come deciso in primo grado.
La Corte ha riconosciuto anche “la sofferenza” patita da Vieri per lo spionaggio e il danno “causato dalla conoscenza dei dati relativi alla vita personale”. Tuttavia, secondo l’Appello, il Tribunale non ha spiegato come ha calcolato il danno non patrimoniale in un milione di euro e non possono, dunque, essere liquidati anche i “danni punitivi” per le due società. E ciò malgrado la “gravità oggettiva delle intrusioni”. E va considerato, sempre secondo i giudici, che “le indagini sono durate tre o quattro mesi nel primo periodo e un paio di mesi nel secondo” ed erano affidate “ad un investigatore privato e a dipendenti del gestore, soggetti privi di particolare influenza e prestigio”.