M-PAYMENT

Vincenzo Di Nicola, GoPago: “Grazie Amazon, ma torno in Italia”

L’ingegnere abruzzese che ha venduto la sua startup di m-payment al colosso dell’e-commerce: “Penso al tech-agrobusiness. E intanto insegno nel mio ex liceo”

Pubblicato il 24 Apr 2014

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Ha realizzato una exit milionaria vendendo la sua startup ad Amazon e ora ha un’altra idea in testa: applicare le nuove tecnologie al comparto agro-industriale italiano. Si chiama Vincenzo Di Nicola, è un ingegnere abruzzese di 34 anni e per un decennio è stato cittadino della Silicon Valley con incarichi in Yahoo e Microsoft. Poi a dicembre 2013 GoPago, l’azienda produttrice di un sistema di pagamento cloud-based fondata con l’amico Leo Rocco, è stata acquisita da Amazon per una cifra mai svelata ma sicuramente sostanziosa. Il team di sviluppo è stato incorporato all’interno del colosso americano dell’e-commerce e la tecnologia sarà integrata nel mondo retail fisico. Ora Di Nicola passa le giornate a insegnare informatica nel suo ex liceo a Teramo, ma presto potrebbe decidere di buttarsi in un nuovo business.

Il rientro è stato uno shock?

No. L’Italia paradossalmente è il Paese delle grandi opportunità: ha saputo costruire sulle rovine dopo la seconda guerra mondiale. Il momento storico che stiamo vivendo non è certo un dopoguerra, però avverto nell’aria un senso di negatività e disfatta che forse c’era anche allora. Tornando agli Usa, lì è tutto ultra-ottimizzato, perciò occorre lavorare tantissimo per migliorare di poco. Invece in Italia è possibile un salto tecnologico molto avanzato perché si parte da posizioni più arretrate. Per esempio: lo sa qual è il Paese più avanzato nel campo dei pagamenti mobili?

Il Kenya?

Proprio così. In Kenya il 40% delle transazioni finanziarie avviene attraverso il popolare sistema di pagamento mobile chiamato Mpesa. Chi l’avrebbe mai detto? Questo perché nella telefonia è avvenuto il cosiddetto leapfrogging (salto di generazioni tecnologiche, ndr) da un sistema di telefonia fissa inadeguato direttamente a quello mobile, scommettendo tutto su quest’ultimo. Certo l’Italia ha un altro tipo di infrastrutture e di sistema Paese. Ma è in grado di effettuare un salto tecnologico notevole: io ci credo.

Non pensa che restando in Usa avrebbe potuto sviluppare ulteriormente il suo business?

Posso fare di meglio qua, è l’obiettivo di una vita. Ho voluto farmi le ossa in America e a quel Paese devo molto perché mi ha reso adulto. Tutto è cominciato nel 2003 quando, da studente dell’Università di Bologna, mi trasferii all’Università della California a San Diego grazie a un programma di scambio. Poi il master in informatica a Stanford e uno stage a Yahoo, dove nel 2006 portai a termine in pochi mesi un progetto per migliorare i tempi di estrazione dei dati dalla piattaforma, progetto utilizzato ancora oggi. In seguito sono stato program manager nel team di Behavioral Targeting di Microsoft in Usa, quindi sei mesi in Cina. Al ritorno negli Usa ho deciso di lasciare Microsoft e con un amico che stava in Ibm abbiamo iniziato a lavorare a un progetto per sfruttare il fenomeno della diffusione degli smartphone.

Come è nata GoPago?

È partita nel 2009 come app per smartphone con le funzionalità di un mobile wallet per l’acquisto di beni e servizi nella vita di tutti i giorni, dalle consumazioni nei locali ai biglietti per i concerti. Si è presto diffusa in tutti gli Stati Uniti e alla fine è arrivata l’offerta di Amazon. In tutto ho vissuto negli Usa 10 anni e mezzo. Se fossi rimasto in Italia purtroppo, e probabilmente, non sarei diventata la persona che sono oggi. Del resto chi ha fatto nascere l’Italia? Garibaldi. Si era addestrato in America, ha riportato in Italia le tecniche apprese all’estero e ha sconfitto l’impero austro-ungarico.

Lei come Garibaldi?

Non dico questo. Ma faccio parte dei tanti italiani che sono stati all’estero, hanno sviluppato competenze e poi sono rientrati in Italia. Mi piacerebbe, nel mio piccolo, fare qualcosa di importante per il mio Paese.

Sempre nel settore dei pagamenti mobili?

Non lo so ancora. Vengo dalla campagna, mio nonno era minatore e poi contadino, una famiglia umile. Perciò mi piacerebbe mettere insieme agricoltura e nuove tecnologie: sensori, Internet of Things, ci sono molti modi…

E oggi cosa fa?

Sto tenendo nel mio ex liceo un corso di informatica moderna e avanzata, quella che non viene insegnata nemmeno nelle Università ma che serve nel mondo del lavoro. Ho anche creato borse di studio. Voglio fare qualcosa per la scuola italiana che mi ha dato molto: i nostri licei sono molto superiori rispetto a quelli americani, poi però nelle Università italiane manca totalmente la pratica.

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