Anche durante la crisi più profonda Masayoshi Son è un uomo da copertina. Quella di Forbes, la prestigiosa rivista americana alla quale ha concesso una lunghissima intervista. In cui afferma: anche se molte delle aziende sulle quali oggi ho investito con il fondo Vision da 100 miliardi di dollari falliranno, non cambio idea e ho accumulato liquidità per andare avanti ancora per tre anni.
Son ricorda anche che questa non è la prima crisi che incontra e dalla quale ha saputo risollversi. Per tre giorni, prima dello scoppio della bolla delle dotcom alla fine degli anni Novanta, Son è stato l’uomo più ricco del mondo. I suoi investimenti su Yahoo ed E-Trade lo avevano reso uno degli uomini simbolo di quell’epoca. Poi la “sua” SoftBank ha perso il 99% del valore in Borsa e lui ha dovuto ricominciare daccapo e riconquistare la sua fortuna. Cosa che il manager giapponese di origine coreana ha fatto, con pazienza, per dieci anni. Arrivando ad accumulare una nuova fortuna personale da 16,6 miliardi di dollari e ricostruendo un business miliardario.
Ma oggi arriva una nuova crisi: dal tonfo della quotazione di WeWork, azienda sulla quale SoftBank ha investito in modo aggressivo come in una serie di altre società, alla tempesta perfetta del coronavirus. Tuttavia Son non tentenna e nell’intervista a Forbes dichiara: “Da un punto di vista tattico ho dei rimpianti. Ma dal punto di vista strategico non ho cambiato la mia visione di una virgola”.
Il punto di forza maggiore di Son, secondo i manager e gli investitori che lo stimano, è la capacità di vedere i fenomeni in corso in modo differente da tutti gli altri: “Venti anni fa – dice Son – per la gente Amazon non era una società internet. Invece, era solo un venditore al dettaglio. Oggi, la gente dice, oh, è solo trasporto di persone. Oppure: sono solo immobili. Sono solo cose ovvie, come l’intelligenza artificiale: utilizzata ma solo un po’. Invece bisogna capire che questo è solo l’inizio”.
Oggi il fondo di investimento di SoftBank, Vision Fund, al quale partecipano i fondi sovrani dell’Arabia Saudita, di Abu Dhabi ma anche i capitali di Apple e Qualcomm, sta perdendo rapidamente valore. Detiene ancora la proprietà di aziende come Arm, il produttore britannico di chip, di Sprint (che si fonderà definitivamente con T-Mobile entro la fine del mese) di Alibaba, della stessa Spa di SoftBank. E di varie altre aziende come WeWork e varie startup, in tutto 88, alcune delle quali in via di diventare unicorni, cioè di essere stimate più di un miliardo di dollari. Aziende sulle quali Son ha investito fortemente, con una visione molto aggressiva circa il possibile valore che ne può nascere.
In tre anni infatti Son ha alzato moltissimo la posta e adesso, dopo lo stop di WeWork (sul quale l’azienda aveva investito 10 miliardi di dollari dal 2017), vede una netta battuta di arresto. Per fare cassa SoftBank sta vendendo più di 40 miliardi di dollari in asset. Ma la crisi di liquidità che Son si aspetta in fondo al tunnel del coronavirus strangolerà soprattutto molte delle aziende che Vision Fund controlla. Almeno 15 si aspetta che non sopravvivano: “Questa volta non ci saranno iniezioni di liquidità da parte mia”.
Invece, Vision Fund ha accumulato 20 miliardi di dollari di riserve per nuovi investimenti e ne ha a disposizione altri 10 per gestire le società del suo portafoglio che funzionano bene. “Possiamo investire nei prossimi due anni a costi molto bassi, e questo ci mette nella migliore delle posizioni possibili in questo momento”.
Il problema di Vision Fund però, secondo Ilya Strebulaev, professore della Stanford Graduate School of Business, sono le sue dimensioni: “Vision Fund finanzia aziende già stabilizzate, i suoi assegni sono nell’ordine dei 400 milioni, il fondo è semplicemente troppo grande”. Se Son riuscirà a rimettere in ordine il suo portfolio, ci riuscirà a costo di tagli dolorosi e costosi, come il fallimento di OneWeb, azienda in cui aveva investito due miliardi e che ha lasciato affondare per non fare un investimento di liquidità necessario a salvarla.
Vision Fund può andare avanti se riesce a recuperare più di 150 miliardi di dollari: in quel caso ripagherà gli investitori con margini di almeno il 7% e riuscirà a fare anche un profitto consistente. Ma l’incertezza è forte. Il fondo adesso si sta concentrando su investimenti operativi, dice Son, e sta lavorando per aiutare le sue aziende a rinegoziare tutti i contratti fissi e di fornitura, ribilanciando budget e spese. Domani, quando la crisi aumenterà, sarà invece il momento di nuovi investimenti.