È una partita da giocare al millimetro quella che ha in testa Giovanni Ottati: intende trasformare la sua Vuetel in operatore ad alta redditività capace di attirare investitori e contrastare i big delle Tlc in contesti tutt’altro che semplici: il Nord Africa e la regione subsahariana. Gli assi nella manica? La spregiudicatezza nel voler lanciare il servizio dati in Egitto e soprattutto in Libia, Paese ancora ben lontano dalla pacificazione. Se tutto va secondo i piani, nel 2019 l’impresa fatturerà 210 milioni di euro (erano 90 nel 2014, mentre il 2015 dovrebbe chiudersi a 110 milioni) con un Ebitda da 7 milioni e un profitto netto di 4 milioni. L’obiettivo in termini strategici è raggiungere quota 3,7% all’interno di un mercato che da qui a cinque anni varrà circa 6 miliardi.
Cosa sorreggerà questa crescita, soprattutto dal punto di vista delle marginalità?
Il 95% del fatturato sarà generato dai servizi voce internazionali sulle aree del Mediterraneo e del Nord Africa. Il traffico dati, già partito con il collegamento in Tunisia e Algeria offerto a un’azienda italiana e con gli accordi per la messa a disposizione di banda per alcuni operatori africani, sarà preponderante per l’utile. Nel periodo dal 2015 al 2019 i servizi dati dovrebbero generare da soli un ebitda di circa 4 milioni di euro. Il fattore critico di successo sarà lo sviluppo delle operazioni a cavallo di Libia ed Egitto, a partire dal 2016: sono tre anni che cerchiamo di rientrare in quei Paesi, dopo che nel 2011 fummo spazzati via dalla primavera araba. Adesso è arrivato il momento che aspettavamo.
Perché pensate che ora la situazione sia gestibile?
Ci lavoriamo da tempo partecipando alle iniziative del business council italo-egiziano e, per quanto riguarda la Libia, recandomi personalmente a Tripoli anche sotto i bombardamenti. Sono due mercati a fortissimo rischio: la Libia al momento non esiste, anche se le comunicazioni non si sono mai interrotte, l’Egitto sta cercando una propria linea di sviluppo e grazie al presidente Al-Sisi sembra sia stato intrapreso il giusto corso. Siamo impegnati in trattative sia con la Libyan International Telecom Company sia con Telecom Egypt, che speriamo di finalizzare a breve. A quel punto potremo passare alla fase due.
Ovvero?
Il raggiungimento di una buona redditività, indispensabile per il rafforzamento della compagine azionaria, che implica a sua volta la creazione di una nuova governance e la crescita sul mercato finanziario. Gli attuali 300mila euro di profitto netto di Vuetel non sono un elemento appealing per gli investitori, ma è lo scotto per aver dato la priorità al posizionamento dell’azienda, costruendo in cinque anni rapporti commerciali che mettessero i partner in condizioni di vantaggio rispetto al resto del mercato, e puntando su credibilità e affidabilità nei confronti di operatori di Tlc controllati dallo Stato: non possono lavorare con chicchessia e richiedono totale sostenibilità nella gestione dei servizi. Nel 2019, con un Ebitda da 7 milioni di euro e un profitto netto di 4 milioni, il 2% su un fatturato previsto da 210 milioni, avremo la capacità di attrarre i capitali che ci servono.
Che tipo di azionisti cercate?
Vorremmo rivolgerci al mercato e cercare soci istituzionali che ci traghettino sull’azionariato diffuso. Magari sulla borsa americana, perché no. Del resto due settimane fa abbiamo aperto la nostra società Oltreoceano, la Vuetel Inc, e nei prossimi mesi otterremo la licenza di operatore per il mercato statunitense.
L’Africa non è una sfida semplice.
Riteniamo di detenere una quota del 2% di un mercato che vale 5 miliardi di euro (nel 2019 6 miliardi). Puntiamo al 3,7%. Significa che dovremo espanderci erodendo circa il 10% della crescita annua dell’intero mercato, confrontandoci con i colossi francesi e inglesi, che controllano il 70% delle attività.
Non sarà una competizione sugli asset, poco ma sicuro…
Cresceremo se riusciremo a riconquistare il mercato libico e egiziano. Su quei fronti nessuno è pronto, le difficoltà sono le stesse per tutti. Noi che siamo un’azienda piccola siamo pronti a rischiare una parte significativa degli investimenti sfruttando la nostra flessibilità. E per questo potremmo giocarcela alla pari con chi ha più risorse di noi.
Di cosa ha bisogno prima la Libia: di una rinascita economica o delle infrastrutture per le Tlc?
Le Tlc, insieme al comparto energia e alle grandi opere, rappresentano una delle premesse al rilancio del Paese.