IL CASO

Wall Street: nuovo dietrofront, via al delisting delle 3 big telco cinesi

La Borsa di New York rivede nuovamente la sua decisione: dopo la scelta di depennare tre società di telecomunicazioni dal listino in ottemperanza a un ordine esecutivo di Trump, e la successiva retromarcia, ora annuncia di voler procedere con il provvedimento

Pubblicato il 07 Gen 2021

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Nuovo dietrofront del New York Stock Exchange: dopo aver cambiato idea già una volta, il Nyse afferma nuovamente di voler procedere con il delisting di tre big-telco cinesi. Nonostante solo ieri avesse dichiarato di volerli mantenere sul listino “alla luce di ulteriori consultazioni con le autorità di regolamentazione”, ora la nuova decisione: saranno rimossi i titoli di China Telecom (-4,7% nel premercato), China Unicom (-2,4%) e China Mobile (-3,3%).
Il provvedimento avverrà in applicazione di un ordine esecutivo firmato dal presidente Donald Trump, per contrastare le società cinesi controllate dal governo di Pechino.

Clima di confusione

Il susseguirsi di cambi di rotta evidenzia la confusione su quali società siano state incluse nell’ordine esecutivo emesso dal presidente Donald Trump a novembre, il quale vieta ai cittadini statunitensi di investire in società quotate in borsa che Washington ritiene essere legate all’esercito cinese. Ma la vicenda coincide anche con l’escalation delle tensioni all’interno di Washington sulla politica cinese negli ultimi giorni dell’amministrazione Trump.

“C’è una situazione anomala in cui c’è un’amministrazione uscente che si è disimpegnata e ci sono ordini che sono stati emanati, quindi qualcosa deve essere fatto, ma nessuno vuole assumersi la responsabilità”, ha detto Leland Miller, Ceo della società di consulenza con sede negli Stati Uniti China Beige Book. “Penso che in futuro chiunque riceva questi ordini dirà: ‘Dicci esattamente cosa vuoi che facciamo’ – ha aggiunto – e costringerà le amministrazioni a essere più precise”.

Il Nyse solo giovedì scorso aveva annunciato l’intenzione di rimuovere China Mobile, China Telecom e China Unicom Hong Kong. Lunedì però ha fatto un’inversione a U dopo aver consultato le autorità di regolamentazione in relazione all’Office of Foreign assets control e ha deciso per mantenerli elencati. La nuova decisione segna invece un ritorno al piano originale, dal momento che la decisione di mantenere le società quotate ha sollevato critiche sul fatto che il Tesoro possa sembrare accomodante nei confronti della Cina.

Le ripercussioni in Borsa

La vicenda ha indotto gli investitori a vendere posizioni nei titoli, i cui prezzi sono scesi all’annuncio iniziale, poi sono aumentati il ​​successivo e sono caduti di nuovo mercoledì.
Il senatore repubblicano Ben Sasse, membro del comitato ristretto del senato per l’intelligence, ha detto che la decisione è stata la “scelta giusta”. “Le aziende cinesi che rifiutano i requisiti fondamentali di trasparenza e hanno legami con le forze armate cinesi non dovrebbero beneficiare degli investimenti americani”, ha affermato.

S&P Dow Jones Indices, che ha anche preso decisioni inverse, ha dichiarato mercoledì scorso che rimuoverà gli Adr delle tre società di telecomunicazioni dai suoi benchmark prima dell’11 gennaio.
Altri produttori di indici, tra cui Ftse Russell e Msci Inc, hanno tagliato una dozzina di società cinesi nell’elenco dai loro benchmark, ma non hanno rimosso le tre società di telecomunicazioni, che hanno tutte importanti fondi statunitensi passivi tra i loro principali azionisti.

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