Nell’ultima coda del dibattito di avvicinamento al Wcit, tutto giocato sul ruolo che avrà Internet nei negoziati intergovernativi, spunta anche il Berec. L’organismo dei regolatori europei delle Tlc, in un paper circolato stamane, ha preso ufficialmente posizione contro le proposte distillate da Etno in vista della Conferenza ITU di dicembre, dal cui grembo dovrebbe uscire il primo aggiornamento dei trattati ITRs in un quarto di secolo. L’avviso negativo espresso dal documento cammina su argomentazioni garbate, ma ferme.
Secondo il Berec, la posizione sostenuta dalle principali Telco europee presenta infatti “il rischio reale di spostare l’ago della bilancia negli equilibri negoziali tra le forze del mercato”, alimentando eventuali “abusi”. Uno scenario che non solo “rafforzerebbe la necessità di supervisione e in potenza anche d’interventi regolamentari, ai sensi del quadro legislativo europeo”. Ma “porterebbe pure pregiudizio all’espansione di Internet”, perché potrebbe “danneggiare i consumatori e i fornitori di contenuti e applicazioni, interferire con l’accesso agli stessi contenuti e contribuire ad allargare il digital divide”.
E questo nonostante il paper riconosca ad Etno di aver precisato che i suoi emendamenti sono “semplicemente orientati ad assicurare che gli accordi commerciali esistenti non vengano proibiti in nessuno degli stati membri dell’ITU”. In settembre lo stesso presidente dell’associazione dei grandi operatori europei, Luigi Gambardella, aveva in effetti spiegato di voler evitare “qualsiasi decisione” vincolante che potesse “intralciare l’emergere di nuovi modelli di business nei mercati emergenti o frenare un rafforzamento dell’offerta, così limitando la scelta dei consumatori”.
Le modifiche agli ITRs suggerite da Etno chiedono innanzi tutto di conferire più importanza al principio dell’equo compenso ricevuto per il traffico effettuato. In chiaro, vorrebbero allargare la forchetta dei costi a tutti gli attori della catena di valore, Ott in primis, per garantire un flusso maggiore di investimenti nel miglioramento e nell’estensione delle reti. Il paper sostiene tuttavia che non v’è alcuna prova “che le spese sostenute dagli operatori non siano già interamente coperte da tutte le forze della catena di valore”.
Il secondo punto della posizione Etno domanda di affiancare al criterio del best-quality effort “un nuovo ecosistema per l’interconnessione IP che garantisca l’end-to-end Quality of Service”. Ma tale soluzione, secondo il Berec, “è poco viabile sia dal punto vista tecnico che commerciale”.
I rilievi delle authority europee in ogni caso abbracciano l’intero, e voluminoso, pacchetto di proposte che invocano di estendere il mandato degli ITRs alla struttura di governance di Internet. La maggior parte delle quali sono state sottoposte al vaglio dell’ITU da cancellerie non occidentali quali quelle di Iran, Cina o ancora dal blocco dei paesi africani. L’opinione del Berec è che il web ha potuto sino ad oggi crescere in maniera virtuosa “senza bisogno di interventi regolamentari, attraverso il coordinamento multi-stakeholder in un contesto di libero mercato”. Se questo assetto – diluito su più organismi pubblici e privati e guidato da una fitta ragnatela di accordi commerciali – funziona, non c’è dunque motivo di modificarlo.
“La natura dei servizi forniti attraverso la rete – prosegue non a caso il paper – e i meccanismi tariffari applicati dovrebbero continuare ad essere basati sulle negoziazioni commerciali tra i differenti attori” del mercato.
La posizione Etno ha creato sino ad oggi non poche divisioni e tensioni nel Vecchio Continente. Nell’ultimo vertice del Cept, l’organismo europeo per le Tlc che raccoglie 48 tra paesi comunitari e non, 12 delegazioni sulle 20 presenti hanno espresso riserve sul documento finale che scartava in via definitiva le richieste dei grandi operatori dalla bozza di posizione unica europea per Dubai.