REPORTER SANS FRONTIERES

Web-censura, l’italiana Hackingteam fra i “nemici” di Internet

L’azienda informatica nella classifica di Reporter Sans Frontieres sulle società che vendono sistemi di sorveglianza ai regimi totalitari. Ma la tricolore precisa: “Facciamo di tutto per evitare i Paesi della blacklist”

Pubblicato il 13 Mar 2013

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C’è anche l’italiana HackingTeam tra le aziende occidentali elencate dall’Associazione Reporters sans frontières (Rsf) come “nemiche di Internet” perché vendono sofisticati sistemi di sorveglianza ai regimi totalitari. L’organizzazione, impegnata da anni nella difesa della libertà di espressione in tutto il mondo, ha deciso di aggiungere quest’anno alla consueta lista degli Stati con le pagelle peggiori per libertà del web anche un elenco delle imprese che, a suo dire, aiuterebbero queste nazioni a censurare Internet.

HackingTeam, produttrice del “DaVinci” Remote Control System, sarebbe in grado, sempre secondo Rsf, di scardinare la crittografia e consentire alle forze dell’ordine di monitorare file cifrati ed e-mail (anche quelli criptati con PGP), Skype e altri servizi di Voice over IP o di chat. Tra le sue funzioni ci sarebbe inoltre quella di attivare a distanza microfoni e telecamere.

Interpellata dal sito Cnet, l’azienda ha fatto sapere tramite Eric Rabe, un consulente di pubbliche relazioni che lavora per HackingTeam, d’essere dispiaciuta di questa classificazione. “Lavoriamo – sostiene l’azienda – per contribuire a rendere Internet un luogo più sicuro, fornendo strumenti per le organizzazioni di polizia e altre agenzie governative in grado di prevenire crimini o atti di terrorismo. Il Team Hacking – ha aggiunto – fa di tutto per assicurare che il software non sia venduto ai governi nella lista dell’Unione europea, degli Stati Uniti, della Nato e simili organizzazioni internazionali”.

Oltre all’impresa italiana, l’associazione di operatori dei media indica il Gruppo Gamma del Regno Unito, Trovicor in Germania, la francese Amesys e Blue Coat Systems, con sede a Sunnyvale, in California.

Tra i clienti di queste aziende comparirebbero proprio i Paesi che più si sono distinti nell’anno trascorso in azioni di repressione e censura della rete: Siria, Cina, Iran, Bahrain, e Vietnam, che hanno scalzato dal podio del 2012 Birmania, Cuba, Corea del Nord e Uzbekistan.

Di fatto la questione relativa ai sistemi di sorveglianza e al loro utilizzo nei Paesi dittatoriali o con scarsa democrazia è un argomento complesso e spinoso. I prodotti venduti possono essere usati come strumenti di difesa da attacchi hacker e da spionaggio, ma anche trasformarsi in strumenti di offesa, con scopi di censura e repressione del dissenso.

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