JOB ICT

Web designer, parola d’ordine: responsive

I sistemi e le interfacce di navigazione diventano “mutanti” grazie
al lavoro dei nuovi professionisti. Obiettivo: cogliere la sfida mobile

Pubblicato il 03 Ott 2014

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La parola chiave è “responsive”, un termine quasi intraducibile che indica come i sistemi e le interfacce di navigazione si adattino ai dispositivi che le visualizzano. Chi l’ha imparata questa parola, e soprattutto la mette in pratica nel lavoro quotidiano di Web Design, si trova oggi un gradino più in alto nel mondo delle professioni per il Web. Un disegnatore di interfacce responsive è in buona parte l’artefice del successo dei siti per dispositivi mobili, iPad e smartphone e con la diffusione crescente di questi strumenti è in maniera indiretta anche il “responsabile” dello storico sorpasso, nell’accesso a Internet, delle reti wireless su quelle fisse. “Un Web designer è un artista del Web, in primo luogo”, spiega Damiano Cominelli, fondatore di 87 Magenta. “Il suo compito è di riuscire a trasmettere con un’estetica essenziale ciò che i contenuti vogliono dire e fare in modo che chiunque, indipendentemente dall’esperienza d’uso, sia in grado di accedere rapidamente ai dati e servizi visualizzati”.

È un’arte multidisciplinare che non s’impara necessariamente all’università, anche se si stanno diffondendo master proprio su queste materie, ma che si apprende spesso in autonomia, attraverso il training-on-the-job e grazie al Web stesso, dove si trovano una base sconfinata d’informazioni, tutorial, toolkit e opportunità formative.

Al di là dei percorsi di specializzazione, tutti sono concordi nel ritenere che la frontiera delle tecnologie responsive sia oggi ineludibile per questa professione. “Con i dispositivi mobili si è modificato lo scenario tecnologico e siamo di fronte a un cambio generazionale nel Web Design”, racconta Alberto Trussardi, fondatore di Bspkn Studio. “Da semplici pagine Html siamo passati a spazi Web dinamici, che si riconfigurano in base al tipo di accesso che vanno costruite con attenzione e perizia”.

Per Edoardo Panella, UX Designer di Parallela e fondatore del coworking “Linksesto” di Milano, le tecniche responsive rispondono, tra l’altro, alla necessità di andare verso la mobility senza sviluppare applicazioni, ma aprono anche nuovi problemi ai quali i designer devono far fronte. “Su un dispositivo mobile non c’è spazio per tutto. Un buon designer deve saper analizzare i contenuti e ricostruire l’architettura informativa, proponendo esperienze semplificate d’uso. La tendenza oggi è di abbandonare la ricchezza di contenuti, puntare più sugli aspetti tipografici e meno sull’estetica”. Questo trend sta influenzando, peraltro, la realizzazione degli stessi siti tradizionali studiati a partire da interfacce per personal computer. “Sempre più spesso – racconta Matteo Montolli, Design Director e fondatore di Moze Studio – si parte dalla costruzione di siti per smartphone e tablet, con tecnologie cosiddette ‘mobile forced’, per poi adattarli ai dispositivi tradizionali e non più viceversa”. Come si arriva a fare questo lavoro e apprendere queste tecniche? “Un po’ per passione un po’ per caso. Io sono laureato, per esempio, in Lettere, specializzato sulla metrica novecentesca”, continua Montolli. “È una professione che ha due anime: una creativa, orientata alla forma e all’uso degli strumenti, l’altra tecnica, basata sullo sviluppo di codice e punta a produrre grafica dinamica, che si modifica in base all’uso, molto differenze dal design tradizionale, statico e preordinato”.

Sul fronte più tecnico, per questo lavoro servono competenze specifiche, racconta Alessandro Colia, Web Designer di lungo corso, oggi consulente indipendente. “In primo luogo bisogna essere fortissimi sui Css, conoscere gli ambienti mobile, i linguaggi Php e Java e avere conoscenza di base di Html 5”. Non guasta saper usare gli strumenti di grafica tradizionale del pacchetto di Adobe e disporre di una buona lista di referenze tecniche, librerie di script e siti di comunità professionali tra i bookmark del proprio browser. A questi attrezzi del mestiere, indispensabili per proporre siti responsive, si somma poi l’ampia diffusione di toolkit gratuiti e piattaforme di sviluppo e supporto – come per esempio il celebre framework “Bootstrap” realizzato e distribuito in rete dagli sviluppatori di Twitter – che hanno consentito la forte crescita della professione e al contempo l’immissione sul mercato di moltissime soluzioni pronte all’uso e template grafici per siti.

Da una parte questo fenomeno ha prodotto ingenti ricavi alle agenzie di sviluppo Web, ma dall’altra ha portato forte competizione e ribasso nei prezzi per gli sviluppi di siti di media e bassa complessità. A titolo di esempio si prenda il caso di ThemeForest.net, piattaforma di e-commerce di template per siti responsive. Qui il modello “Avada”, il più gettonato, costa soltanto 58 dollari, ha guastato le feste a molti Web Designer, ma prodotto ricavi per oltre cinque milioni di dollari alla Web Agency che l’ha messo a catalogo.

Nonostante questo il mercato del design responsive resta aperto e in forte espansione. Per chi decide di entrare in azienda le retribuzioni non sono molto elevate e oscillano in Italia tra i 22.000 e 32.000 euro lordi all’anno a seconda dell’anzianità professionale e dimensione d’impresa.
Le cose vanno meglio, invece, per i consulenti indipendenti e chi apre una società di Web Design, magari in sinergia con programmatori ed esperti di sviluppo applicativo e soluzioni integrate di back-end.

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