LA MANOVRA

Web tax, allarme dell’industria: “Così si affossa l’Italia”

Il presidente di Confindustria Digitale, Elio Catania: “Norme contorte che andranno a gravare, per la prima volta, sui ricavi delle imprese. Serve un impegno comune europeo”. Sciolla (IoL): “Eliminazione del credito di imposta danno per le aziende italiane”

Pubblicato il 20 Dic 2017

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Affondo dell industria contro la web tax Il presidente di Confindustria Digitale Elio Catania boccia senza appello il tenativo di normare la questione a livello nazionale.  l’emendamento al ddl bilancio presentato dal relatore, Francesco Boccia. Le modifiche introdotte rafforzano il concetto di stabile organizzazione e dovrebbero consentire di far incassare all’erario un gettito maggiore rispetto alla prima versione (190 milioni di euro), con un’aliquota inferiore (3%). Il tributo, che scatterà nel 2019, non si applicherà sull’e-commerce e non sarà possibile recuperare il credito d’imposta, per le imprese che rischiano di subire una doppia imposizione.

“L’Italia faccia da apripista in Europa con la revisione della definizione di stabile organizzazione – spiega – Rivedere le norme sulla stabile organizzazione è la via più efficace per accelerare sulla riforma della fiscalità e catturare quanto prima il valore creato dall’economia digitale. L’equità fiscale rappresenta una priorità da affrontare con urgenza, le distorsioni oggi esistenti non sono accettabili. Il digitale ormai investe tutta l’economia ed è  un grave errore trattarlo come un settore a sé stante verso cui istituire un regime speciale di tassazione”.

“Il riequilibrio delle entrate a vantaggio del nostro Paese è un fatto dovuto – continua il presidente di Confindustria Digitale – ma la rincorsa a fare cassa attraverso regole nazionali, che vede oggi impegnato il Parlamento attraverso un susseguirsi erratico di emendamenti alla legge di stabilità, dimostra chiaramente  l’estrema difficoltà a definire, con i concetti della fiscalità tradizionali,  la base imponibile del digitale. Stanno venendo fuori norme contorte, di incerta attuazione, che, paradossalmente, incidono sulle imprese italiane e complicano la vita di quelle che acquisteranno servizi digitali assimilandole addirittura a sostituti d‘imposta . Norme che per la prima volta vanno a gravare sui ricavi e non sugli utili, determinando un aumento della pressione fiscale proprio sulla parte più innovativa dell’economia italiana. Tale impostazione  va palesemente contro la politica di digitalizzazione del sistema produttivo italiano, di cui il governo con i programmi Banda ultraularga e  il Piano Industria 4.0 ne sta facendo asse portante della crescita”.

“Auspichiamo –conclude Elio Catania – che questa impostazione venga abbandonata e che il nostro Paese scelga di fornire un contributo veloce, positivo, concreto, per stabilire le condizioni che possano dare luogo ad una nuova forma di organizzazione stabile, fiscalmente rilevante che riequilibri introiti e quadro di fiscalità. Ciò in linea con quanto già a livello europeo si sta elaborando e nella direzione di valorizzare opportunamente il digitale come fattore di crescita”.

Corrado Sciolla, ex presidente di BT per l’Europa e attuale board member di Italia on Line, pur ritenendo  necessario far pagare gli Ott critica la soluzione italiana.

“La proposta di web tax italiana è partita male e finita peggio. Ritengo infatti che una tassazione degli Ott debba passare attraverso una tassazione comune a tutti i paesi europei per non penalizzare l’Italia – sottolinea Sciolla – Inoltre l’operazione fiscale avrebbe dovuto incentivare gli operatori a portare una stabile organizzazione in Italia come per altro ha deciso di fare Facebook.  Questo non solo aumenterebbe gli introiti fiscali ma fornirebbe anche lavoro ai nostri ragazzi. Invece tassando i ricavi si rischia di limitare un settore, quello digitale, in cui già l’Italia non eccelle. L’eliminazione del credito d’imposta poi farà si che il carico della tassazione alla fine graverà completamente sulle aziende italiane fruitrici dei servizi. Una politica fiscale intelligente invece dovrebbe incentivare l’utilizzo di internet e migliorare la qualità della rete anche attraverso sviluppi regolamentari quali un approccio intelligente alla net neutrality”.

Anche uno dei padri della norma, il senatore Massimo Mucchetti, ha bocciato l’emendamento uscito dalla commissione Bilancio della Camera. “La norma colpisce in modo pesantissimo le imprese italiane del web dimezzando l’onere a carico delle multinazionali digitali”, ha spiegato il presidente della commissione Industria del Senato.

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Federica Meta
Federica Meta

Giornalista professionista. Laureata in Scienze Politiche all’Università Sapienza di Roma, si è specializzata presso l’ateneo di Tor Vergata frequentando la Scuola Superiore di giornalismo. Ha iniziato la sua carriera nella agenzie di stampa occupandosi di cronaca locale per poi passare a collaborare con vari settimanali di approfondimento sui temi della Digital Transformation. Dal 2007 è redattrice presso CorCom, testata del Gruppo Digital 360, e si occupa di tematiche quali PA digitale, smart city, Industria 4.0, smart working

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