LA VISION

Web tax e cittadinanza digitale, il PD di Enrico Letta riparte da qui

Nel discorso all’Assemblea il neo segretario ha delineato la strategia sull’innovazione: tassazione equa per le big tech, ma da decidere a livello europeo, e spinta a Spid & co per garantire l’esercizio dei diritti e la partecipazione a nuove forme di democrazia

Pubblicato il 15 Mar 2021

letta

Un PD digitale nei contenuti ma anche nel metodo. È il partito delineato dal neo segretario Enrico Letta nel suo discorso all’Assemblea che poi lo ha eletto al timone.

Buona parte dello speech si è infatti focalizzata sui temi dell’innovazione digitale. Il nuovo PD dovrà essere un partito in grado di recuperare una “leadership sui temi centrali del futuro, sulle sfide globali che l’Italia ha davanti a sé: innovazione digitale, protezione dei dati, clima e pandemia”. Rafforzando soprattutto il rapporto con l’Europa, dove il nostro Paese dovrà farsi promotore della “sfida delle sfide” ovvero quella di governare, di dare delle regole, al capitalismo digitale per evitare che degeneri “in forme irreversibili di concentrazione economica”.

Si tratta dunque di offrire un contributo importante alla creazione di un’Europa sempre più digital che sappia disegnare un modello di sviluppo innovativo,  non schiacciato tra quello statunitense e cinese, orientato all’uguaglianza. In questo senso un ruolo centrale lo gioca la digitale tax, che Letta chiama “tech tax”: “Serve una tech tax a livello europeo e la lotta ai paradisi fiscali. È insopportabili che in Europa ci siano dei paradisi fiscali, dobbiamo fare in modo che non esistano più”, ha sottolineato

Il tema della tassazione di big del web è ricorrente nella vision del neo segretario del PD che, nell’anno in cui è stato Presidente del Consiglio (2013-2014), aveva evidenziato sì la necessità di una web tax – in quel periodo sul tavolo c’era la proposta di prevedere vincoli fiscali per l’adv online –  a patto però che fosse garantito un “coordinamento a livello Ue”.

Coordinamento che oggi si rende ancora più necessario dentro una cornice dove si discute del digitale come driver di ripartenza e, dunque, della possibilità che anche le web company contribuiscano al progetto.

Altro punto focale è la cittadinanza digitale o meglio la sfida di come si va a definire nella dialettica tra “potere e libertà” e come possa diventare strumento per esercitare nuovi diritti e sperimentare nuove forme di democrazia.

E Letta si può considerare a buon titolo uno dei “padri” di uno dei pilastri fondativi della cittadinanza digitale ovvero Spid: il Servizio Pubblico per la Gestione dell’Identità Digitale di cittadini ed imprese –ricordiamo è nato con il cosiddetto il “Decreto del Fare” del Governo da lui presieduto.

Assuntela Messina, sottosegretaria alla Transizione digitale in quota Pd, si è detta subito pronta a lavorare “per  un nuovo modello di cittadinanza digitale che metta al centro la persona e il valore della prossimità e rafforzando la lotta per colmare le diseguaglianze. In nome di una democrazia forte e all’altezza dei tempi.”

Digitale nel merito ma digitale anche come metodo di lavoro del PD. Che si non deve limitare ad usare le tecnologie per innovare la comunicazione ma sfruttarle come leva per  per trasformare il modo in cui funziona al suo interno. L’intenzione è quella di creare delle agorà democratiche digitali per allargare il più possibile la partecipazione di chi vuole contribuire a costruire il nuovo partito e il nuovo Paese. “Il modello – ha spiegato – non è Rousseau né il leaderismo” ma uno spazio fisico e virtuale gestito dai giovani.

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