I colossi del web hanno pagato nel 2012 un’aliquota fiscale globale “che è significativamente più bassa di cinque anni fa”: al 25% per Apple, al 19%, per Google, al 24% per Microsoft e al 15% per Ebay. A diffondere i dati è il quotidiano britannico Financial Times, sottolineando che “Le aliquote sulle attività straniere vanno da sotto il 10% di Microsoft al 5% o meno delle altre tre”.
Così nelle casse del Governo britannico, per tutto il 2012, i giganti di Internet hanno versato in tutto 54 milioni di sterline (77 milioni di euro). Una cifra che, comprendendo anche aziende del calibro di Apple e eBay, il Financial Times giudica “modesta”, dal momento che va a confrontarsi con un monte di ricavi complessivo di 15 miliardi di dollari. Analizzando il fenomeno nel Regno Unito il quotidiano sottolinea che questi numeri mettono i Governi di fronte alla sfida di dover ottenere maggiori entrate fiscali dalle multinazionali, ma anche che si fa più giorno dopo giorno più pressante la necessità di rivedere le regole fiscali globali.
Secondo la lettura data al fenomeno da Ft, i pagamenti fiscali relativamente bassi delle aziende tecnologiche riflettono la loro capacità di concentrare le attività economiche in paesi con bassa imposizione fiscale come l’Irlanda, la Svizzera e il Lussemburgo, lasciando un ruolo minore alle attività in paesi come la Gran Bretagna.
In Italia le ultime settimane del 2013 hanno visto un dibattito serrato sulla Web Tax, con la norma che era inizialmente stata inserita nel decreto Milleproroghe, ma che poi è stata rimandata di sei mesi in attesa di approfondimenti. I favorevoli alla sospensione hanno parlato di questa decisione come di una “vittoria del buonsenso”, mentre chi come il deputato Pd Francesco Boccia “storicamente” sosteneva il provvedimento, che nella sua versione italiana prevedeva l’introduzione di vincoli fiscali per la pubblicità online, ha continuato a difendere la Web Tax, sottolineando che tocca questioni “centrali per l’Unione Europea”.