Web tax di nuovo in ballo. Con il ritiro del decreto legge Salva Roma, salta anche il rinvio dal primo gennaio 2014 al primo luglio 2014 delle disposizioni sull’acquisto di pubblicità on line, appunto la cosiddetta web tax, che prevede l’obbligo di possedere partita Iva italiana per chi vende advertising online in Italia. In pratica, senza più Salva Roma, la norma sarebbe operativa a partire da ora. A meno che – ma non c’è ancora niente di sicuro – non venga reintrodotta in un provvedimento annunciato dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi, destinato a recepire le normative ritenute “indispensabili”.
Oggi il governo ha dovuto rinunciare alla conversione del decreto legge 30 dicembre 2013, n. 151 (detto appunto Salva Roma) destinato principalmente ad affrontare i problemi urgenti degli enti locali a causa dell’ostruzionismo di Lega e Movimento 5 Stelle.
Il vicepresidente della Camera Simone Baldelli (Forza Italia) ha comunicato che la riunione della Conferenza dei Presidenti dei Gruppi ha preso atto della decisione del governo di ritirare il decreto. Dopodiché la Boschi ha annunciato che l’esecutivo varerà “un nuovo provvedimento, dopo una valutazione dei contenuti”, che contenga anche le norme sull’Expo e sulla Sardegna. “Il governo – ha proseguito la neo ministra in aula a Montecitorio – si impegna sin da ora a recepire in un secondo provvedimento le norme” contenute nel dl Salva Roma che “ritiene indispensabili”.
Non è ancora dato sapere se sarà appunto ritenuta indispensabile la reintroduzione del rinvio della norma sulla pubblicità online voluta da Francesco Boccia (Pd), che negli ultimi mesi è stata oggetto di dibattito e critiche. La web tax era stata approvata il 28 dicembre ed era destinata ad entrare in vigore dal primo gennaio, ma nell’ambito del Salva Roma era stata appunto posticipata al primo luglio, aprendo così la strada a un’eventuale, possibile revisione e armonizzazione della normativa a livello europeo.
Dalla segreteria del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Del Rio fanno sapere al Corriere delle Comunicazioni che sul “nuovo provvedimento” di cui parla la Boschi stanno attualmente lavorando i tecnici.
“Lavoreremo perché il rinvio venga reintrodotto” dice Lorenza Bonaccorsi (Pd), che a fine dicembre, insieme ai colleghi del Partito Democratico Paolo Coppola, Marco Causi e Giampaolo Galli, presentò un ordine del giorno sulla web tax, all’epoca già approvata, che impegnava il governo alla notifica presso la Commissione Europea, a un “eventuale” sospensione degli “effetti della norma introdotta” e alla valutazione di “meccanismi correttivi della disposizione”.
“L’ideale sarebbe prevederne l’abrogazione” incalza Paolo Coppola, aggiungendo: “Dall’inizio dell’anno ad oggi non mi pare siano stati fatti passi avanti a livello europeo per rivedere la normativa”.
Già stamattina Boccia, deputato del Partito Democratico e presidente della Commissione Bilancio alla Camera, ai microfoni di Radio 24 aveva messo in guardia contro la decadenza del Salva Roma e quindi della “sua” web tax, aggiungendo: “Il governo Renzi è al primo bivio”.
In queste ore è intervenuta Iab Italia, associazione che raggruppa le più importanti aziende operanti nel mondo della comunicazione interattiva: “Preso atto della mancata conversione nei tempi del provvedimento Salva Roma – si legge in un comunicato – è evidente che, a meno di un intervento da parte del governo, la web tax sarà in vigore dal 1 marzo 2014. Iab Italia auspica quindi che, nell’ottica di tutelare lo sviluppo del mercato digitale, tra i pochi in crescita in Italia e funzionale a quello dell’intero Sistema Paese, il governo, già nel prossimo Consiglio dei Ministri, possa approvare un nuovo Decreto che preveda l’abolizione di tutti gli articoli che compongono la web tax, date anche le dichiarazioni dell’attuale Presidente del Consiglio. La sua entrata in vigore – conclude la nota – non consentirebbe infatti di poter risolvere a livello comunitario le problematiche che si sono riscontrate e di individuare nei tempi utili la soluzione più corretta né di salvaguardare il mercato italiano rispetto agli altri Paesi europei”.
A tutt’oggi sono almeno tre i soggetti, l’associazione Iwa Italy e due privati, Andrea Caccia e Marco Bazzoni, che hanno presentato denuncia alla Commissione europea a proposito della web tax (detta anche google tax o spot tax) perché, a loro parere, viola le normative comunitarie sulla libera circolazione di beni e servizi in ambito europeo. Ma finora non è arrivato alcun pronunciamento ufficiale in merito da parte della Ue. Però al momento della sua approvazione. Emer Traynor, portavoce del commissario europeo per la fiscalità e l’unione doganale Algirdas Šemeta, aveva osservato che “sembrerebbe contraria alle libertà fondamentali e i principi di non-discriminazione stabiliti dai trattati”.
Da parte sua Francesco Boccia ha continuato a difendere strenuamente il provvedimento sottolineando che, proprio a causa di questa “battaglia condotta dall’Italia”, il tema della tassazione dei colossi del web nei Paesi in cui operano è diventato “centrale per l’Unione europea”. Con lui nella difesa della web tax anche l’editore Carlo De Benedetti. Tra le numerose voci contrarie il segretario del Pd e oggi premier, Matteo Renzi, che fino all’ultimo ne aveva invocato la sospensione. Contrari anche il Movimento 5 Stelle, Stefano Parisi, presidente di Confindustria digitale e Riccardo Donadon, presidente di Italia Startup.