GAZZETTA UFFICIALE

Web tax, l’abrogazione è legge

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legge che cancella l’articolo 1 comma 33 della legge di Stabilità che introduceva la tassa

Pubblicato il 06 Mar 2014

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L’abolizione della web tax è legge. È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale Dl numero 16 del 6 marzo 2014, che abroga l’articolo 1, comma 33 della Legge di Stabilità (con la quale è stata introdotta la web tax, ndr) e quindi l’articolo 17 bis del Dpr 633/72 che prevedeva appunto lo specifico obbligo di partita Iva italiana.

Restano, invece, immutate le due norme riguardanti il ruling ovvero la tracciabilità. Per le impreseche acquistano servizi pubblicitari online è obbligatorio effettuarli esclusivamente mediante bonifico bancario o postale dal quale devono risultare i dati identificativi del beneficiario ovvero con altri mezzi di pagamento tracciabili che siano in grado di veicolare la partita Iva del beneficiario.

Di web tax si parla anche nelle delega fiscale, approvata definitivamente dalla Camera giovedì scorso. La norma, introdotta a settembre in uno dei passaggi parlamentari, fa comunque riferimento a “decisioni in sede Ue”.

La delega afferma che uno dei decreti legislativi dovrà “prevedere l’introduzione, in linea con le raccomandazioni degli organismi internazionali e con le eventuali decisioni in sede europea, tenendo anche conto delle esperienze internazionali, di sistemi di tassazione delle attività transnazionali, ivi comprese quelle connesse alla raccolta pubblicitaria, basati su adeguati meccanismi di stima delle quote di attività imputabili alla competenza fiscale nazionale”. Si tratta di quello che in gergo tecnico si chiama ”aportionment’‘, che consiste nel far pagare alle multinazionali con sede fiscale all’estero, le tasse in Italia per la parte di ricavi che si stima siano stati prodotti nel nostro Paese.

Per Daniele Capezzone (FI), presidente della commissione Finanze della Camera, la reintroduzione del balzello è altamente improbabile, perché si parla esplicitamente di “eventuali decisioni in sede europea”. “Di tutta evidenza infatti – spiega Capezzone – nella norma c’è un esplicito richiamo alla necessità di tenere conto di raccomandazioni internazionali e a eventuali decisioni dell’Ue. Di tutta evidenza, quindi, mentre la versione iniziale di un emendamento di un esponente del Pd tendeva a dare carattere determinato e imperativo alla norma, la versione finale esplicita che tutto deve essere legato a valutazioni internazionali ed europee.

Dopo un faticoso iter parlamentare, che ne aveva dimezzato la portata (inizialmente si intendeva tassare tutto l’e-commerce, poi è passata la versione light relativa alla sola pubblicità online), la web tax era stata approvata a fine dicembre nell’ambito della Legge di Stabilità, ed era destinata ad entrare in vigore dal primo gennaio 2014. Ma a fine anno era stato deciso di posticiparla al primo luglio 2014, con una norma – circoscritta al solo rinvio – “infilata” nel cosiddetto Salva Roma. Che appunto è stato modificato con il Dl numero 16.

La parola ora passa il governo che, in teoria, dovrebbe esercitare la delega emanando un decreto legislativo che contiene la web tax. Il provvedimento assegna all’esecutivo 12 mesi per emanare i decreti legislativi, quindi il tempo per poter portare la questione in sede Ue. La norma dunque non è direttamente operativa, perché la delega fiscale è una legge che, appunto, delega l’esecutivo a varare entro un anno una serie di decreti legislativi che attuano i principi indicati.

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