LA MANOVRA

Web tax, la Francia parte a gennaio. Boccia (Pd): “L’Italia faccia presto”

Dal 1° gennaio 2019 Parigi applicherà la prima legge nazionale per tassare le tech company. Il deputato dem: “Giustizia fiscale pilastro di crescita equa”

Pubblicato il 18 Dic 2018

web-tax

“Far pagare le imposte indirette e dirette alle multinazionali del web significa dare un messaggio molto chiaro: tutte le imprese sono uguali davanti al fisco. Oggi non è ancora così nonostante le battaglie parlamentari fatte, i grandi colossi della rete fanno concorrenza sleale a tanti piccoli commercianti e operatori italiani che ogni giorno pagano le tasse regolarmente. Al governo Conte chiedo coraggio”. Così Francesco Boccia, deputato PD e candidato alla segreteria del Partito Democratico.

“Possono attuare la norma esistente e se sono davvero liberi, ma non lo sono, dalle pressioni delle lobby, possono riproporre la web tax piena così come fu approvata nel 2013 e poi colpevolmente cancellata. È la proposta che sta portando avanti il Ministro Le Maire in Francia, ma la Lega resta silente e il M5S connivente con le lobby della rete come avviene regolarmente dalla loro nascita. Fanno battaglie su tutto, ma quando si toccano i giganti del web diventano invisibili e timidi. Il PD deve far propria questa battaglie di giustizia fiscale. Chiediamo che tutte le risorse della webtax vadano a finanziare il tempo pieno obbligatorio in tutte le scuole”.

Dopo lo slittamento dell’ipotesi di tassa al 3% prevista dalla manovra dello scorso anno ma mai andata avanti, il governo ci riprova nella manovra 2019 raddoppiando gli obiettivi di incasso. L’ipotesi approdata stavolta sul tavolo di Palazzo Chigi prevede di ricavare 500 milioni di euro agendo non solo su Google & Co, cioè su servizi B2B, ma anche sul B2C: nel mirino in questo modo andrebbero piattaforme come Netflix, Spotify e Amazon Prime che vendono contenuti streaming direttamente ai consumatori. I dettagli arriverebbero con un decreto ministeriale da adottare entro i primi mesi del 2019.

Una seconda ipotesi prevede il raddoppio del prelievo: dal 3% previsto dalla “vecchia” web tax, al 6%. La proposta è partita dal leghista Giulio Centemero, ma viene osteggiata dal M5S: il vice presidente del Consiglio Luigi Di Maio, in Commissione di Vigilanza Rai qualche giorno fa ha detto che secondo lui la web tax rischia di distorcere il mercato: non dovrebbe essere fatta.

La proposta di tassa sui servizi B2C forniti dalle aziende digitali come Netflix fa il paio con l’ipotesi avanzata la scorsa settimana dal Parlamento Ue, che punta ad ampliare il campo di applicazione delle direttive sulla tassazione delle imprese digitali nell’Ue, includendo – appunto – anche le piattaforme come Netflix: la risoluzione è stata approvata giovedì scorso nella plenaria a Strasburgo, con 451 voti a favore, 69 contrari e 64 astenuti.

Intanto dal dal 1° gennaio 2019 la Francia introdurrà la prima web tax nazionale, come annunciato dal ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, che punta a far entrare nelle casse dello Stato almeno 500 milioni di euro all’anno. Tassati saranno i ricavi generati “dalla pubblicità, dalle piattaforme e dalla vendita di dati personali”.

La misura potrebbe essere inclusa in un disegno di legge sulla modernizzazione dell’economia attualmente in discussione.

La Francia ha deciso di “ballare da sola” dopo che la Ue non riesce a trovare la quadra per una soluzione comunitaria. A frenare la posizione di Paesi come Irlanda e Danimarca che si sono opposti al balzello ma anche della Germania che teme le misure di ritorsione americane contro la sua industria automobilistica.

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