TASSE

Web tax, la proposta di Trudeau scatena lo scontro con gli Usa

Il primo ministro canadese punta un prelievo del 3% sul fatturato generato dai colossi del digitale. Ma le big tech chiedono all’amministrazione Trump di intervenire: “A rischio gli accordi commerciali tra i due Paesi e gli investimenti tecnologici”

Pubblicato il 15 Nov 2019

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Contro la proposta di web tax in Canada insorgono la Camera di Commercio e le associazioni dell’industria degli Stati Uniti: i rappresentanti delle imprese a stelle e strisce hanno chiesto all’amministrazione Trump di intervenire per bloccare la tassa sui servizi digitali su cui lavora il primo ministro Justin Trudeau col suo Partito Liberale.

La compagine del premier propone un prelievo del 3% del fatturato derivante dalla vendita di pubblicità online e dati degli utenti da imporsi sulle aziende del digitale con fatturato globale di almeno un miliardo di dollari canadesi e fatturato canadese di oltre 40 milioni. La tassa entrerebbe in vigore il 1 aprile del 2020.

La web tax di Trudeau è simile a quella disegnata dalla Francia e che ha scatenato le proteste di aziende e politici Usa, che la interpretano come una misura volta a colpire direttamente le Big Tech americane come Google, Amazon e Facebook.

Una tassa che “discrimina”

La proposta è stata presentata da Trudeau durante la campagna elettorale di ottobre; dopo le elezioni il partito Liberale ha perso la maggioranza in Parlamento, ma il premier sta cercando di aggregare i consensi sulla tassa digitale al di là dei colori politici.

“Siamo preoccupati che le caratteristiche della tassa della proposta la rendano una misura specificamente disegnata per colpire le aziende degli Stati Uniti”, hanno detto le associazioni di settore statunitensi, tra cui la Internet association e l’Entertainment software association. “Le tasse globali dovrebbero essere aggiornate all’era digitale, ma le tasse che discriminano le aziende degli Stati Uniti non sono l’approccio corretto”.

Investimenti a rischio

Le associazioni industriali americane hanno fatto sapere che la tassa canadese metterà a rischio gli investimenti statunitensi nel mercato tecnologico canadese; inoltre, rappresenta una possibile violazione da parte del Canada degli impegni presi all’interno dell’Organizzazione mondiale del commercio e, soprattutto, degli accordi commerciali specifici per l’area nordamericana: il Nafta (North American Free trade agreement) e l’Usmca  (United-States-Mexico-Canada Agreement). Quest’ultimo è stato firmato tra le parti l’anno scorso e già ratificato dal Messico ma non da Usa e Canada.

“Vi chiediamo di avviare con urgenza un diaologo con le vostre controparti canadesi per dissuaderle dall’andare avanti con questa proposta“, hanno scritto i gruppi industriali in una lettera indirizzata al segretario di Stato americano Mike Pompeo, al segretario al Tesoro Steven Mnuchin, al segretario al Commercio Wilbur Ross, al Rappresentante commerciale Robert Lighthizer e al consulente economico della Casa Bianca Larry Kudlow.

Anche l’Italia ha disegnato una web tax che entrerà in vigore nel 2020; secondo le stime del governo la misura frutterà all’Erario circa 700 milioni di euro all’anno. La misura è stata attaccata da Iab Italia, secondo cui rappresenta “una minaccia per la competitività del settore digital” nel nostro paese. Secondo l’associazione delle aziende della pubblicità, “così concepita  rischia di colpire moltissime realtà italiane che non dovrebbero ricadere nell’ambito di applicazione della digital tax”.

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