La Commissione Europea scalda i motori per arrivare ad avere una tassazione “equa e non nemica della crescita” per l’economia digitale: l’obiettivo è di presentare proposte legislative “entro la primavera del 2018”. L’esecutivo Ue ha adottato una comunicazione che “delinea le sfide che gli Stati membri affrontano e le possibili soluzioni”.
“I profitti fatti nell’Ue dovrebbero essere tassati nell’Ue, un principio che vale per le imprese che hanno un business tradizionale, come per le imprese digitali, che non hanno necessariamente una presenza fisica negli Stati dell’Ue”, ha spiegato il vicepresidente della Commissione Europea Valdis Dombrovskis a Bruxelles. Si tratta di un problema non di poco conto: in media, le imprese che hanno un modello di business digitale sul mercato interno sono soggette ad un tax rate effettivo nell’Ue dell’8,5%, che è meno della metà rispetto a quelli delle imprese che operano con un modello di business tradizionale (20,9% per le imprese tradizionali domestiche, 23,2% per quelle internazionali). Una disparità determinata dal fatto che le imprese digitali si basano in misura rilevante sui cosiddetti asset intangibili, per loro natura difficili da valutare, e beneficiano di sgravi fiscali.
“La comunicazione di oggi – ha spiegato Dombrovskis – indica diverse soluzioni” per catturare meglio i ricavi dell’industria digitali, “come una equalization tax, un prelievo sulle pubblicità Internet o un’imposta sulle transazioni via Internet. E’ chiaro che ci sono ancora molte questioni da risolvere prima di raggiungere una soluzione significativa. Siamo consapevoli del fatto che una risposta globale sarebbe la cosa migliore: per questo lavoriamo con l’Ocse e con il G20 su questo problema”.
“Quello che conta adesso – ha proseguito Dombrovskis – è che l’Ue parli con una voce sola sullo scenario internazionale e che si lavori per raggiungere una posizione comune Ue su questo entro dicembre. Tuttavia, l’Ue deve prepararsi ad agire autonomamente. esamineremo le varie opzioni e il prossimo appuntamento sarà il Digital Summit a Tallinn la settimana prossima. Il nostro obiettivo è di presentare delle proposte legislative entro la primavera del 2018″.
Le imprese digitali crescono rapidamente, hanno talora ricavi molto cospicui e, pertanto, è interesse degli Stati trovare strumenti normativi idonei a ‘catturare’ le relative basi imponibili, ma le norme fiscali devono essere aggiornate. “Ci sono punti deboli nelle regole fiscali internazionali, perché sono state originariamente designate per imprese tradizionali (brick and mortar, “mattoni e malta”, ndr), che sono ora diventate obsolete”, si sottolinea nella Comunicazione della Commissione. Per esempio, ha spiegato Dombrovskis, “il concetto di stabilimento permanente è nato in un’epoca in cui c’erano solo le imprese tradizionali. Stiamo pensando al concetto di stabilimento permanente virtuale, da inserire nella proposta sulla Ccctb (Common Consolidated Corporate Tax Base, base imponibile comune per le imprese, ndr)”.
Il lavoro è tutt’altro che semplice, a livello tecnico, anche perché i business model delle imprese digitali variano molto da impresa a impresa: Facebook, per esempio, è molto diversa da Amazon, che ha una presenza “fisica” più tangibile. Le due questioni principali, riassume la Commissione, sono dove tassare e che cosa tassare. Nel primo caso, bisogna stabilire come assicurare il diritto a imporre tasse su imprese che possono fornire in un Paese servizi per via digitale, senza alcuna presenza fisica, o con una presenza molto limitata, malgrado abbiamo una presenza commerciale. Nel secondo caso, occorre stabilire come attribuire i profitti nei nuovi business model digitali, basati su asset intangibili, dati e conoscenza.
L’annuncio di Bruxelles preoccupa BusinessEurope. La confederazione europea di associazioni datoriali è “particolarmente preoccupata dalle proposte di sviluppare una tassa sul giro d’affari, che violerebbe il principio internazionale, valido da tempo, per cui delle aziende si tassano gli utili”. Una norma simile “potrebbe rischiare di minare seriamente le prospettive di crescita delle imprese, in particolare di quelle che impiegano tecnologie innovative, che possono avere giri d’affari molto alti, ma devono ancora arrivare a generare utili”, spiega il dg Markus Beyrer. Per BusinessEurope “qualsiasi iniziativa che riguardi la tassazione digitale deve sia rispettare le competenze degli Stati membri nel determinare le proprie politiche in materia fiscale, sia essere sviluppata sulla base di principi globali, per evitare che le società europee perdano competitività e per assicurare un level playing field”.
Intanto le multinazionali iniziano a mobilitarsi contro la proposta di direttiva del Consiglio per la modernizzazione dell’IVA per il commercio elettronico transfrontaliero da impresa a consumatore (B2C) chiamando in causa i clienti. eBay sta inviando una mail ai suoi acquirenti per invitarli a firmare una petizione contro le proposte di tassazione che potrebbero determinare un aumento dei prezzi finali.
“Non solo i prezzi aumenteranno- spiega il colosso dell’e-commerce – ma anche la tua scelta verrà drasticamente ridotta poiché le piccole aziende faranno fatica a esportare nell’Ue”.
“Unisciti a noi e schierati contro la proposta di una nuova normativa fiscale sull’Iva dell’Ue”, invita eBay.
Soddisfazione è stata espressa dai sindacati. “E’ giusto che si abbia una risposta globale per la Web tax, come ha affermato oggi il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis – commenta il segretario confederale Uil, Domenico Proietti– Le società devono pagare le tasse nel luogo in cui svolgono effettivamente la loro attività, così si assicura una giusta tassazione dell’economia digitale e si rispetta il principio per cui la fiscalità deve essere uguale per tutti, favorendo la sostenibilità dei bilanci pubblici nazionali. E’ valida la proposta di attuare una base imponibile unica anche per le societa’ digitali. In questo modo – conclude – gli introiti che ne deriveranno potranno essere utilizzati anche per ridurre le tasse ai lavoratori dipendenti e ai pensionati nel nostro Paese”.
ECCO COS’E’ LA WEB TAX E COME FUNZIONA