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Web tax, niente accordo all’Ecofin: la palla passa all’Ocse

Irlanda, Svezia, Danimarca a Finlandia fanno saltare l’intesa sul testo di compromesso della presidenza romena. Via libera, invece, alle nuove norme per semplificare la riscossione dell’Iva sul commercio online transfrontaliero: si punta a recuperare 5 miliardi di gettito fiscale perso ogni anno

Pubblicato il 12 Mar 2019

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Irlanda, Svezia, Danimarca a Finlandia hanno impedito all’Ecofin di raggiungere un accordo sulla tassazione dei colossi digitali, frutto del compromesso della presidenza romena. I ministri delle Finanze Ue hanno dovuto così sospendere formalmente il dossier in attesa di vedere se a livello Ocse maturerà una posizione comune a livello globale. Sulle questioni fiscali è necessaria infatti l’unanimità.  “Prendo nota dell’opposizione di alcuni Stati membri, Ocse e G20 stanno portando avanti progetti molto ambiziosi e si pensa di concludere entro il 2020. Siamo d’accordo a concentrarci sugli sforzi a livello di Ocse ma dobbiamo essere pronti ad affrontare ritardi all’interno dell’ambito internazionale”, ha detto il presidente di turno dell’Ecofin, il ministro romeno Orlando Teodorovici. “Se nel 2020 si constaterà che l’accordo a livello Ocse richiederà più tempo, il Consiglio potrebbe tornare a discutere la web tax se lo ritiene necessario”, ha aggiunto.

Commentando il mancato accordo il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire ha detto che “la Francia è uno stato libero e sovrano che decide la sua tassazione e che la decisione libera e sovrana”. La decisione dell’Ecofin di sospendere il dossier “non ha messo in discussione il disegno di legge francese che verrà esaminato dal 4 aprile all’Assemblea nazionale”. Le Maire ha poi spiegato che “non appena ci sarà una tassa a livello internazionale, la Francia ritirerà la sua tassa nazionale. E’ sempre meglio avere una tassazione internazionale”.

L’accordo invece è stato trovato sulle misure necessarie a semplificare le norme Iva per le vendite online trasfrontaliere. Secondo le stime il nuovo impianto ragolatorio dovrebbe aiutare gli Stati membri a recuperare i 5 miliardi di euro di di gettito fiscale perso ogni anno a causa delle difficoltà che le autorità fiscali incontrano nel riscuotere l’Iva, una cifra destinata a raggiungere i 7 miliardi entro il 2020. “Stiamo adeguando le norme in materia di Iva alle esigenze del 21° secolo e della sua economia digitale e globalizzata. Le imprese potranno contare su una transizione senza soluzione di continuità verso il più ampio sistema dell’Iva per il commercio elettronico nel 2021″, ha spiegato Pierre Moscovici, commissario agli Affari economici e alla fiscalità.

In base alle nuove norme i mercati online saranno considerati il “venditore” quando facilitano la vendita di merci a clienti nell’Ue da parte di imprese non europee attraverso le loro piattaforme. Consentendo alle autorità fiscali di esigere l’Iva dovuta su tali vendite. Le piattaforme online dovranno tenere registri delle vendite di beni o servizi effettuate dalle imprese che utilizzano la piattaforma

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