LE PROPOSTE

Web tax più vicina, la norma in manovra

Si prevede di tassare l’8% dei ricavi generati in Italia oppure di imporre ai giganti della Rete l’Iva dovuta. Francesco Boccia: “Prima intervenire sul concetto di stabile organizzazione”. Novità anche per Industria 4.0: 300 milioni nel 2018

Pubblicato il 09 Ott 2017

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Web tax ci siamo. Secondo quanto filtra da ambienti vicini al governo e alla maggioranza il provvedimento che costringerebbe i giganti del web a pagare le imposte potrebbe essere contenuto nella Finanziaria 2018. L’accelerazione sarebbe frutto del consenso crescente tra gli stati membri della Ue sulla necessità di porre rimedio a un problema che secondo le stime del Parlamento europeo ammonta a 5,4 miliardi di tasse non pagate solamente tra il 2013 e il 2015.

Sul tavolo del governo ci sono diverse ipotesi su come intervenire, la più probabile prevede un prelievo dell’8% sui ricavi. Misura perfettamente in linea con l’idea prevalente tra gli stati membri della Ue che è appunto quella di colpire i fatturati.

Due le ipotesi al vaglio: la prima prevede di imporre un’aliquota pari a circa l’8 per cento a tutti i big della rete senza stabile organizzazione in Italia. L’obiettivo del governo non è quello di obbligare Booking o Facebook a pagare qualcosa, ma a far emergere i ricavi effettivamente prodotti in Italia. D’altra parte l’idea di tassare i fatturati prodotti a livello nazionale è quella avanzata dall’ultima riunione dei ministri finanziari europei.

La seconda opzione stabilisce che se l’azienda ammette volontariamente di avere una stabile organizzazione – e dunque un fatturato più alto di quello denunciato – il governo si limiterebbe a imporre il pagamento dell’Iva dovuta.

Qualunque sia la soluzione, per il presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, serve intervenire sul concetto di “stabile organizzazione”. “Andrei cauto nel parlare di imposte forfettarie, primo perché il problema di alcune Over the Top è l’elusione totale. Queste aziende non fatturano e una tassa su un fatturato pari a zero fa sempre zero – spiega Boccia – Il nodo, dunque, è sempre lo stesso: superare il loro concetto, per noi oggi inaccettabile, di ‘non stabile organizzazione’ in modo da far pagare alle Ott almeno le imposte indirette nei Paesi in cui fanno business. In secondo luogo, dobbiamo capire che siamo dentro una rivoluzione radicale del sistema economico che tocca anche l’intelaiatura fiscale e non possiamo costruire imposte differenziate tra chi opera online e chi fa business offline, soprattutto se il business è lo stesso”.

La web tax non sarà inserita nel decreto fiscale che verrà approvato la prossima settimana, né nel ddl governo ma arriverà solo durante l’esame parlamentare.

Le cifre sono importanti anche nel nostro Paese come confermato dagli studi effettuati da Nielsen e Politecnico di Milano. Nel 2015, per esempio, Google avrebbe fatturato circa 1,2 miliardi di euro ma ne avrebbe dichiarati al fisco solamente 65. Facebook ne avrebbe fatturato 400 milioni contro gli 8 dichiarati.

Ma proprio l’accordo tra Google e l’Agenzia delle Entrate siglato lo scorso maggio rappresenta per il governo italiano il presupposto per l’introduzione della tassa in Finanziaria. Google accettando di pagare 306 milioni di euro di tasse non versate tra il 2002 e il 2015 ha di fatto riconosciuto che il problema dell’evasione esiste.

In manovra anche novità sul piano Industria 4.0 per il quale saranno destinati 300 milioni nel 2018. Verranno prorogati per tutto il 2018 l’iperammortamento al 140% sui beni strumentali e il superammortamento al 250% sui prodotti legati ai processi di digitalizzazione. Inoltre sarà aggiunto un nuovo credito di imposta al 50% con un tetto di 10 milioni a favore delle aziende che incrementeranno le spese in formazione (per questa voce verranno impiegati 3-400 milioni in tre anni).

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