LA MANOVRA 2025

Web tax, in Italia saltano le soglie: imposta del 3% senza limiti di ricavi



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Il Governo punta ad eliminare il tetto dei 750 milioni di ricavi globali delle big tech di cui 5,5 milioni nel nostro Paese. Le nuove misure spiegate in dettaglio dal viceministro delle Finanze, Maurizio Leo. Si parte dal 2026. Novità anche sul fronte del bitcoin: per le plusvalenze aumento della ritenuta dal 26% al 42%

Pubblicato il 18 ott 2024



digitale, smart working

Il governo punta a cambiare la web tax. Le novità sono introdotte nella manovra 2025 nella quale verranno eliminati i tetti di fatturato previsti dalla normativa attuale, ampliando così la platea degli interessati. Oggi ad essere soggetti al pagamento della web tax con aliquota al 3% sono le imprese che realizzano ovunque nel mondo, singolarmente o congiuntamente a livello di gruppo, un ammontare complessivo di ricavi di almeno 750 milioni di euro a livello globale e che percepiscono un ammontare di ricavi da servizi digitali non inferiore 5,5 milioni in Italia. Entrambi i tetti verranno eliminati e dunque l’imposta del 3% si applicherà a tutti gli operatori del settore.

L’annuncio del viceministro delle Finanze

“In futuro – ha annunciato il viceministro delle Finanze Maurizio Leo – si dovrà arrivare a una disciplina unitaria a livello mondiale non più nel luogo di residenza del soggetto, ma nel luogo dove viene prodotto il reddito. Già noi abbiamo adottato il cosiddetto Pillar 2, la tassazione con la global minimum tax Onu, laddove ci sono multinazionali che hanno partecipazioni sparse nei Paesi con regime di tassazione privilegiato. In questo caso, visto che il Pillar 1 deve essere condiviso a livello internazionale, lavoriamo sulla web tax eliminando il tetto dei ricavi di 750 milioni di euro e la parte prodotta in Italia relativa a 5 milioni di euro. Quindi eliminiamo le soglie”.

Il primo pagamento è previsto per il 2026. Il testo della manovra atteso alle Camere il 22 ottobre.

Bitcoin e pagamenti digitali

Novità anche sul fronte del bitcoin: per le plusvalenze il governo prevede un aumento della ritenuta dal 26% al 42%.

E spinta ai pagamenti digitali contro l’evasione. Uno degli esempi che ha portato il viceministro Leo per spiegare le nuova stretta sull’uso del contante è stato quello dei rimborsi del taxi. “Per la lotta all’evasione fiscale, è prevista la tracciabilità delle spese, per esempio la spesa per l’utilizzo dei taxi o per la rappresentanza ai fini della deducibilità per le imprese, è necessario usare la carta credito e inoltre è previsto il collegamento dei Pos con il registratore di cassa” ha spiegato Leo.

Vella (Polimi): “Così si compromette lo sviluppo del bitcoin”

“L’aumento dell’aliquota sulle criptovalute non solo accrescerà il carico fiscale per gli investitori, ma gli operatori del settore temono che scoraggerà nuovi investimenti, compromettendo lo sviluppo dell’ecosistema blockchain che stava prendendo piede nel paese”. È l’analisi di Giacomo Vella, direttore dell’Osservatorio Blockchain & Web 3 del Politecnico di Milano, al provvedimento annunciato dal governo di un innalzamento dell’aliquota sulle plusvalenze derivanti da bitcoin dal 26% al 42%.

“Nonostante si faccia riferimento soltanto a bitcoin è lecito aspettarsi che questo provvedimento riguardi tutte le criptovalute. La nuova aliquota dal 2025 renderà l’Italia uno dei paesi con la tassazione più elevata per gli investitori in criptovalute, al pari della Danimarca e sotto alla sola all’Islanda, come analizzato nel report Crypto Tax di Coincub” conclude Vella.

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