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Web tax, Vestager: “Bene impegno Italia, ma soluzione europea più efficace”

La commissaria Ue alla Concorrenza: “Servono accordi a livello internazionale”. E avverte: “Il fatturato non unico parametro di tassazione, ci sono web company che generano valore senza grandi ricavi”. Boccia: “Alla Camera pronti a rivedere emendamento Mucchetti”

Pubblicato il 28 Nov 2017

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Per la web tax serve un accordo a livello internazionale. Ne è convinta la commissaria Ue alla Concorrenza, Margrethe Vestager. Per Vestager, le considerazioni portate dall’Italia in tema di web tax sono “molto importanti” ma è comunque auspicabile che “si riesca a trovare un approccio a livello europeo o, meglio ancora, internazionale” per quanto riguarda le imposte da applicare alle società digitali. Parlando con la stampa alla Bocconi, la commissaria ha chiarito che “se non si troverà un accordo internazionale avanzeremo una proposta europea”. “Un’idea sarebbe quella di considerare il fatturato – ha spiegato – ma bisogna stare bene attenti a definire le quote e poi c’è anche il problema che alcune aziende generano valore senza grandi ricavi”.

Nei giorni scorsi la commissione Bilancio del Senato ha dato il via libera all’emendemento, a firma del senatore Pd Massimo Mucchetti, in manovra che stabilisce una tassazione del 6% sui ricavi digitali a partire dal 2019. Dalla web tax all’italiana si attede un gettito di 114 milioni di euro.

Dal balzello sono escluse le imprese agricole, i soggetti che hanno aderito al regime forfettario e i cosiddetti “minimi”. Sarà lo spesometro a monitorare i big della rete che dovranno versare in Italia l’imposta del 6% sulle transazioni digitali. Sulla base delle segnalazioni inviate all’Agenzia delle Entrate dagli acquirenti, il Fisco potrà controllare costantemente l’attività online di residenti e non residenti.

Le banche fungeranno da sostituti di imposta: dovranno applicare una ritenuta d’imposta con obbligo di rivalsa sul soggetto che percepisce i corrispettivi.

Per non penalizzare le imprese italiane e quelle residenti nel territorio dello Stato entra in gioco il credito d’imposta pari all’imposta digitale versata sulle transazioni digitali che potrà essere utilizzato ai soli fini dei versamenti delle imposte sui redditi. L’eventuale eccedenza potrà essere utilizzata in compensazione per i pagamento di imposte sui redditi (Irpef o Ires), Irap, contributi previdenziali ed assistenziali dovuti dai datori di lavoro e dai committenti di prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa nonché di contributi Inail. Potrà essere utilizzato il modello F24 ma esclusivamente in formato digitale.

Ma la soluzione non convince Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera che non esclude modifiche, in vista del passaggio della manovra a Montecitorio.

“Quando parliamo di web tax dobbiamo ricordarci l’obiettivo originario: far pagare le imposte alle multinazionali del web che oggi eludono il fisco italiano – ha spiegato Boccia, intervistato da Sky Tg 24 –  L’imposta sulle transazioni al 6%, così come previsto dall’emendamento alla manovra approvato in Senato, ha senso solo se non viene applicata alle imprese italiane, che le tasse le pagano sempre, e se riguarda anche il commercio elettronico, che oggi rappresenta una delle principali voragini fiscali, oltre che i servizi. Va bene il rafforzamento degli strumenti per accertare la stabile organizzazione, mentre sullo slittamento al 2019, così come sulla parte relativa alle banche sostituti d’imposta, credo si possa intervenire nel passaggio parlamentare alla Camera per correggere la norma. Va dato atto al Senato di aver fatto un dibattito serio e utile al Paese. L’importante è continuare e completare questa che è una battaglia centrale e di equità fiscale”.

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