Le utilizziamo per prenotare viaggi, fare shopping online, per vedere un film. Le piattaforme online sono oramai diventate uno strumento immancabile del nostro quotidiano. E adesso si stanno velocemente diffondendo anche nel welfare e nei servizi di cura. Per capire come si sta manifestando il fenomeno in Italia è in corso la ricerca WePlat – Welfare Systems in the Age of Platforms, realizzata da Università Cattolica del Sacro Cuore, Università di Padova, Collaboriamo e Consorzio Cgm e finanziata da Fondazione Cariplo. Il progetto è stato avviato è stato avviato nel 2021 e si concluderà a dicembre 2023. Ivana Pais, docente di Sociologia economica nella facoltà di Economia dell’Università Cattolica ed esperta dal lavoro di piattaforma, è principal investigator del progetto.
Pais, con che obiettivo è nata la ricerca?
L’intenzione è quella di capire quanto di quelle piattaforme sia ancora ispirata ai principi della sharing economy, quali sono gli elementi caratterizzanti, anche rispetto alle esperienze in altri Paesi, e quale contributo possono al sistema di welfare nel suo complesso. Nella prima fase della ricerca abbiamo mappato le piattaforme cosiddette di welfare, quelle che erogano servizi di cura e di assistenza sociosanitaria ma anche quelle che operano nell’ambito della salute mentale e fisica. A monte del processo di mappatura abbiamo lavorato ai criteri di identificazione in linea con la direttiva Ue sul lavoro da piattaforma che definisce, appunto, la piattaforma come “qualsiasi persona fisica o giuridica che fornisce un servizio commerciale erogato online su richiesta dell’utente e che comporta un’organizzazione del lavoro svolto dalle persone”. Requisiti volutamente ampi a cui ne abbiamo aggiunto un altro: la presenza di più organizzazioni o professionisti tra cui il destinatario possa scegliere il fornitore del servizio.
Quali i primi risultati di questo monitoraggio?
È emerso che nel nostro Paese sono operative 127 piattaforme: il 75% offre servizi nell’ambito della salute, il 51% nell’educazione e cura dell’infanzia e 50% nell’assistenza sociosanitaria. Si tratta di piattaforme esclusivamente italiane, abbiamo rilevato una totale assenza di grandi player multinazionali che ne ha impedito l’uberizzazione.
Che si intende per uberizzazione?
Per uberizzazione si intende il fatto che la logica organizzativa introdotta da Uber sia stata replicata da aziende piattaforma in altri settori e che potrebbe essere adottata anche da aziende non basate su piattaforma. Le piattaforme di welfare italiane, nello specifico, fanno ricorso a modelli organizzativi e anche di finanziamento diversificati rispetto al “modello Uber”. Ci sono piattaforme che adottano meccanismi reputazionali oppure ci sono quelle che fanno ricorso al venture capital per investire sulla loro crescita. Così come ci sono quelle che non fanno ricorso né all’uno né all’altro. Ma c’è una caratteristica che le accomuna tutte ed la mancata valorizzazione commerciale dei dati.
Questo perché succede?
In realtà dipende dal fatto che queste realtà gestiscono dati sensibili che in Europa sono soggetti a una grande protezione.
La diffusione di queste piattaforme di welfare può rappresentare una sfida anche per riformare il welfare pubblico. Ma è davvero così oppure il loro avvento rischia di diventare l’ennesimo alibi a non investire nel pubblico?
Le piattaforme possono diventare uno straordinario strumento per coordinare e ottimizzare i servizi, un punto di incontro tra i bisogni dei cittadini, le istituzioni e il Terzo Settore che spesso si trova ad erogare servizi essenziali anche in estreme difficoltà economiche. Un esempio potrebbe essere il servizio di scuolabus. Si tratta di una prestazione, in molto casi, erogata gestita da associazioni del Terzo Settore, finanziata dai Comuni e destinata principalmente a bambini di famiglie fragili o disabili. Immaginare di erogare quello stesso servizio in modalità “platform”, destinandolo anche ai bimbi provenienti da famiglie che possono permettersi di pagarlo, avrebbe effetti positivi sia sul fronte della sostenibilità economica – non sarebbe più solo il Comune a dover investire e anche le famiglie pagherebbero comunque un servizio a canone ridotto dato che è pubblico – sia sul fronte dell’integrazione sociale perché consentirebbe a bambini provenieneti da ambiti diversi e con storie diverse di interargire, confrontarsi e crescere insieme.
Il welfare digitale all’evento della Fondazione Pensiero Solido
I dati della ricerca coordinata da Ivana Pais saranno presentati e approfonditi in occasione della giornata di riflessione, organizzata dalla Fondazione Pensiero Solido a Milano per discutere del cambiamento continuo agito dalla tecnologia. Un cambiamento continuo che riguarda ogni ambito dell’esistenza umana.
I quattro “capitoli” di discussione del convegno “Permacrisi? No, permacambiamento!” sono: longevità e silver economy, le caratteristiche della Generazione Z, le frontiere digitali del welfare e lo sviluppo dell’economia africana con i relativi impatti sulla questione immigrazione. Si tratta di quattro frontiere del cambiamento che direttamente o indirettamente ci riguardano tutti.
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Il programma
Saluto introduttivo
Antonio Palmieri, Fondatore e Presidente Fondazione Pensiero Solido
Silver economy: futuro presente
Intervento di Nicola Palmarini, Direttore, UK’s National Innovation Centre for Ageing (NICA)
Ne discutono:
Mario Salerno, partner AC75 Startup Acceleratore- Corporate Development
Mariuccia Rossini, presidente, Silver Economy Network
Moreno Zani, presidente e fondatore di Tendercapital
Modera: Martina Pennisi, Corriere della Sera
L’orizzonte della Generazione Z
Ne discutono:
Stefania Garassini, giornalista, docente Content Management Università Cattolica di Milano
Federico Capeci, CEO Kantar Italia e autore di “Generazioni”
Alessandro Tommasi, Co-Founder & CEO @Will Media
Derrick de Kerckhove, sociologo, giornalista, direttore scientifico di Media Duemila
Il Welfare delle piattaforme digitali. Presentazione della ricerca
Intervento di Ivana Pais, professoressa ordinaria di Sociologia economica nella facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano
Africa, terra di startup e di innovazione
Intervento di Mario Calderini, ordinario di Management for Sustainability and Impact School of Management Politecnico di Milano. Direttore di Tiresia, Centro di ricerca sulla finanza e l’innovazione sociale School of Management del Politecnico di Milano.
Ne discutono:
Andrea Censoni, ideatore Startup Africa Roadtrip
Gianluca Dettori, presidente e Partner di Primo Ventures
Francesca Oliva, technical advisor Fondazione AVSI
Elena Lavezzi, chief strategy officer Kuda
Modera: Alessia Maccaferri, Il Sole 24 ore