Ci si mette anche la “tassa su WhatsApp” a esacerbare le proteste in corso in Libano, innescate da una pesante manovra finanziaria annunciata dal governo per arginare la grave crisi economica del paese. Tra le misure previste anche una tassa equivalente a 20 centesimi di dollari (0,18 centesimi di euro) al giorno dal 1 gennaio 2020 per l’utilizzo di tutti i servizi di chiamata su Internet (VoIp).
Il governo aveva indicato di voler racimolare tramite questa tassa 210 milioni di dollari annui a partire dal bilancio 2020, ma la misura è stata ritirata poche ore dopo l’annuncio viste le violente proteste di piazza, con i manifestanti che hanno dato alle fiamme cassonetti e pneumatici e le forze dell’ordine che sono ricorse ai gas lacrimogeni.
Tassa sul VoIp
“Subito dopo l’annuncio del ministro dell’Informazione di introdurre la tassa a partire dal primo gennaio 2020, migliaia di persone sono scese nelle strade della capitale Beirut e in altre città” chiedendo le dimissioni del governo, riporta il quotidiano libanese Annahar. Nel centro di Beirut la folla ha bloccato il corteo del ministro dell’Informazione Akram Shahib costringendo le sue guardie del corpo a sparare in aria per allontanare i manifestanti.
In Libano il deficit del 2019 è pari al 9,75% del Pil (dati Fmi), meglio dell’11,5% del 2018 ma ben al di sopra del 7,6% previsto dal governo. Beirut cerca di trovare nuove risorse nel lungo cammino per risanare i conti. Con un provvedimento separato ha annunciato l’aumento dell’Iva del 2% nel 2021 e di un altro 2% nel 2022, per arrivare al 15%. Il governo ha poi messo sul tavolo il prelievo sulle chiamate su protocollo Internet (includendo tutti servizi VoIp, come Face Time di Apple o Facebook Messenger), ma ha solo esacerbato gli animi, visto l’utilizzo diffuso di piattaforme gratuite come WhatsApp. La tassa avrebbe pesato direttamente sulla vita quotidiana dei cittadini libanesi provati dalla crisi.
Manifestazioni su scala nazionale
Le proteste vanno infatti ben oltre le chiamate su Internet: nelle strade di Beirut e di altre città libanesi i manifestanti chiedono cibo, carburante, medicine, energia elettrica, acqua, lavoro, istruzione.
Gli scontri sono proseguiti violenti anche dopo il ritiro della tassa su WhatsApp, con decine di feriti e due vittime: due cittadini siriani impiegati in Libano morti in un palazzo dato alle fiamme. Per il Libano si tratta della seconda ondata di manifestazioni su scala nazionale in meno di un mese. Per precauzione oggi il governo ha ordinato la chiusura di scuole, università, banche e uffici pubblici.