Wi-fi libero? Porzio Giusto: “Così si offre un servizio misero”

L’esperto di Tlc boccia la proposta di legge avanzata da 106 deputati: “Non c’è nessun riferimento a questioni chiave come i requisiti minimi di qualità e di connettività né di sicurezza e tutela dei minori”. E spiega: “Lo Stato dovrebbe sostenere soluzioni educative sistematiche”

Pubblicato il 17 Nov 2014

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“Una proposta che invece di avvicinare i cittadini a Internet rischia di farli allontanare”. Porzio Giusto, ingegnere ed esperto di Tlc, non usa mezzi termini per bocciare la proposta di legge – “Disposizioni per la diffusione dell’accesso alla rete Internet mediante connessione senza fili” – presentata dai deputati del PD Sergio Boccadutri, Enza Bruno Bossio, Ernesto Carbone, Alberto Losacco e Gennaro Migliore e firmata da 106 parlamentari.

Perché dice che la proposta rischia di creare l’effetto opposto?

Perché secondo questa proposta si rischia di offrire un servizio misero rispetto alle potenzialità di Internet, di bassa qualità ed inaffidabile. Si rischia di dare l’impressione che Internet serva solo per qualche passatempo. La proposta non tiene conto di aspetti fondamentali. Non si parla dei servizi che si vogliono garantire, non c’è traccia di temi come i requisiti minimi di qualità e di connettività, non sono citate questioni come la sicurezza delle comunicazioni, la confidenzialità delle informazioni, la tutela dei minori. Né si prescrive che cosa debbono lasciar transitare sulle proprie reti gli operatori delle grandi reti di telecomunicazione. Si tratta di punti dirimenti se si vuole che il progetto funzioni. Senza contare che la tecnologia corre veloce.

E quindi?

La proposta promuove una tecnologia di accesso ad Internet che va bene per l’oggi. Ma siamo sicuri che tra qualche anno non sarà scalzata o essa stessa non si evolverà tanto da rendere completamente obsolete le attuali versioni? Chi e con quali risorse provvederà a manutenzioni ed aggiornamenti?

I firmatari sottolineano che la proposta serve a colmare il digital divide, culturale e infrastrutturale. Lei che ne pensa?

Per “affrontare in modo serio e risolutivo il tema del digital divide”, come dice la proposta di legge, non ci si affida a panettieri e salumieri.

Non è plausibile, a suo avviso, che avere il wi-fi libero e gratuito nei negozi porti i cittadini ad usarlo?

Fa sicuramente comodo averlo ed è sicuramente benefico per molti aspetti, ma non può essere spacciato come soluzione al digital divide. La soluzione del digital divide non è un’impresa per dilettanti. Impianti WiFi imposti per legge a chi ha tutt’altri interessi e poca o nessuna competenza sono destinati a funzionare malamente. Così si scredita la tecnologia. E poi c’è la questione della sostenibilità finanziaria.

Cioè?

I negozianti obbligati ad installare hot spot vanno incontro a spese che poi “scaricheranno” inevitabilmente sui consumatori, tramite l’aumento di prezzi. Così questi costi saranno pagati indiscriminatamente dai loro clienti. Non sarà sicuramente il taxista a pagare veramente di tasca propria la connessione cellulare attraverso cui il suo passeggero prenota una cena, ascolta una canzone, guarda un telegiornale o si gode un film. L’Autorità per la garanzia delle comunicazioni ed i Comuni, che devono vigilare e sanzionare, dovranno costituire apposite strutture, dotarsi di strumenti e organizzare squadre di tecnici. Pure questi oneri, con i sostegni statali che saranno deliberati, ed i costi direttamente sostenuti da uffici pubblici, tribunali, ospedali, porti, aeroporti ecc., a conti fatti ricadranno sui cittadini in forma di tasse. Mi sembra che manchi totalmente una stima di quello che sarà, per il sistema Paese, il costo complessivo della proposta. Pur senza questa stima, sono convinto che una soluzione professionale darebbe un rapporto fra benefici e costi molto migliore.

Ci dovrebbe essere un sostegno dello Stato?

Lo stato dovrebbe sostenere soluzioni educative e sistematiche, e semplicemente incoraggiare gestori di bar, ristoranti alberghi, grandi magazzini, e altri a fornire accessi WiFi gratuiti, senza obblighi e balzelli. Gli esercizi commerciali che offrono il WiFi devono mettere in gioco il proprio nome sulla qualità di ciò che forniscono, senza l’alibi di imposizioni che si possono denigrare.

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