STRATEGIE

Wildix, sfida globale per la “piccola” dell’Unified Communication

Nuovo boom del fatturato: +58% nel 2017, a 12 milioni di euro. Si punta a un +30% nel 2018 anche grazie alle nuove sedi in Usa e UK. La sfida con i big del settore non spaventa: “Nostre le soluzioni tecnologicamente più avanzate e utili ai clienti”, dice il ceo Stefano Osler

Pubblicato il 22 Gen 2018

Unified-Communications

“Nel 2017 il mercato dell’unified communication è cresciuto nel mondo del 3%. Noi abbiamo registrato una crescita del fatturato del 58%, lo score migliore da quando siamo nati nel 2005!”: Stefano Osler, amministratore delegato di Wildix, ha offerto numeri di grande impatto alla decima convention della società, svoltasi a Venezia. Robusti i risultati, ma forte anche l’effetto scenico nei saloni del Mulino Stucky alla Giudecca, un volere fare le cose in grande per segnalare anche in questo modo un successo rapido e (per i competitor) probabilmente inatteso: ben 471 partecipanti all’incontro in rappresentanza di 354 system integrator venuti da 12 Paesi del mondo: dall’Europa sino all’India e agli Stati Uniti dove Wildix (come in UK) è fresca di sbarco.

Inserita in un mercato dove i colossi mondiali del settore stentano a trovare la via giusta (basti pensare alle vicende di un’Avaya appena uscita dal chapter 11), la storia di Wildix è a suo modo esemplare di quelle aziende del Nord Est italiano diventate in breve “multinazionali tascabili”, capaci di competere con successo contro nomi ben più blasonati e strutturati.

Avviati i primi passi a Verona in poco più di un garage a inizio degli anni 2000 su impulso dei fratelli Stefano e Dimitri Osler, l’azienda è presto cresciuta oltre il mercato italiano dandosi un approccio globale. Al punto che ora la sua sede principale è in Estonia: “Hanno la cultura digitale più marcata d’Europa”, spiega Stefano. La ricerca, invece, è stata spostata in Ucraina, ad Odessa: “Lì c’è una cultura matematica molto diffusa, utilissima per fare software. E poi vi fanno sviluppo anche Google, Amazon, Apple. Cosa che ci consente di relazionarci con i migliori nomi dell’innovazione mondiale”, aggiunge Dimitri, ora cto di Wildix. Quanto all’Italia, la presenza più significativa oggi è a Trento.

L’integrazione dell’hardware col software è la carta su cui Wildix scommette di più. In particolare su soluzioni di comunicazioni integrate nel cloud computing da cui ci si aspetta un forte impulso di fatturato e di competitività di mercato per gli anni a venire, pure se oggi valgono soltanto il 20% del fatturato: “Ma siamo appena partiti”.

Gli obiettivi sono decisamente ambiziosi visto che in un mercato pressoché fermo, per il 2018 Wildix punta ad una crescita del fatturato di un altro 30%, portando il giro d’affari a 15 milioni di euro contro i 12 milioni del 2017.

Ancora pochi se si guarda alle revenues dei big dell’unified communication. In Wildix non si lasciano però intimidire dalla differenza dei numeri. Al punto di permettersi, nel caso di Stefano Osler, di chiamare i grandi gruppi del settore “dead working company”, aziende morte che camminano. Una sparata per dare la carica ai partner e convincerli a rimanere fedeli promuovendo con ancor più decisione i prodotti Wildix invece di quelli dei concorrenti?

C’è anche questo, certamente. Tuttavia, Stefano Osler preferisce battere il tasto della disruption innovativa che la sua azienda sta portando nel mercato, al punto da puntare a spiazzare concorrenti certamente più grandi, ma anche più legati alle tecnologie del passato. “I grandi gruppi tradizionali dell’Unified Communication – spiega il ceo – sono appunto tradizionali, offrono prodotti complicati che non hanno effetto su produttività e efficienza delle imprese che li usano”.

E allora? “E allora noi cerchiamo di fare cose veramente utili ai nostri clienti, capaci di farli guadagnare. È lì che ci focalizziamo. Con tre regole d’oro: i nostri prodotti devono aiutare a fare business aumentando l’efficienza, rivelarsi semplici da usare, essere sicuri by design”.

Tra le novità presentate a Venezia, gli ultimi prodotti (come “Ubiconf”) legati alle tecnologie WebRTC, di cui Wildix è stato precursore integrando, prima al mondo, tali soluzioni nel sistema di UC&C. I due fratelli Osler contano molto su questa loro caratterizzazione tecnologica, anche perché Gartner prevede che nel 2020 il 30% dei meeting di lavoro si terrà remoto proprio grazie al WebRTC.

Molte speranze anche su “Wildix-Huddle”, una soluzione per videoconferenze che integra una webcam con angolo di 120° capace di inquadrare tutti i partecipanti, anche in quelli che solitamente si trovano in aree nascoste alle normali telecamere.

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