Potrebbe essere finalmente alle porte la trattativa fra Wind e 3 Italia per la creazione di un unico polo di telefonia mobile. La fusione fra i due operatori, già più volte annunciata ma poi sempre smentita, sembrerebbe questa volta essere più di un semplice rumors, sebbene al momento nessun comunicato ufficiale sia stato rilasciato dalle compagnie interessate. A tirarne le fila è ancora una volta Deutsche Bank, già global coordinator e bookrunner di parte dell’importante operazione di founding che Wind ha effettuato sui mercati l’estate scorsa. La sede londinese dell’istituto di credito ha ospitato il summit tenutosi ieri fra i vertici della società russa VimpelCom, alla guida di Wind dal 2010, e del gruppo cinese Hutchinson Whampoa, socio di maggioranza in quasi tutte le reti 3.
Wind si presenta all’incontro dopo aver intrapreso un impegnativo ed ampio piano industriale focalizzato sulla riduzione del costo del debito. L’importante operazione di ristrutturazione ha visto l’emissione di un prestito obbligazionario ad aprile oltre al lancio di una ulteriore emissione a luglio, entrambe finalizzate ad un ingente risparmio in termini di interessi. Segnale importante in questo senso è stato dato dall’azionista di controllo, la russa VimpelCom, che ha inserito nella società liquidità pari a 500 milioni di euro. Una iniezione di denaro fresco che ha consentito alla compagnia telefonica di prezzare sul mercato un maxi bond articolato in due tranche, una delle quali in dollari. Il luglio scorso, infatti, la società Wind Acquisition Finance S.A. ha predisposto il collocamento, sui mercati internazionali, di obbligazioni senior secured per un importo complessivo equivalente a 4.065 milioni di euro. Si tratta di obbligazioni garantite dai beni della società ed emesse in una combinazione di flaoting rate notes e di senior secured note in Euro ed in Dollari, tutte con scadenza 2020. Obiettivo dell’operazione è consentire all’emittente (Wind Acquisition Finance S.A.) il rifinanziamento delle obbligazioni di tipo senior secured con scadenza 2018, ma anche di destinare una parte del founding a Wind per ottimizzarne i flussi di cassa nei prossimi anni. Grazie a questa importante emissione le due società potranno trasformare a lungo termine la scadenza del proprio debito e beneficiare di una maggiore stabilità nella struttura del capitale.
Nei primi nove mesi del 2014 la gestione caratteristica della società ha confermato risultati positivi, ben rappresentati da un Ebitda di 1.386 milioni di euro.
Secondo quanto risulta a CorCom, Wind dovrebbe confermare circa un miliardo di euro di cash flow anche per il 2014.
A seguito del complesso lavoro di ristrutturazione del debito operato dalla società, c’è dunque da chiedersi se oggi Wind potrà sedere al tavolo delle trattative con un maggiore potere contrattuale.
Rimangono aperti, infatti, gli scenari sulla governance definitiva del nuovo gruppo. Punto dolente, su cui già in passato le due compagnie si erano irrimediabilmente scontrate. La russa VimpelCom potrebbe far leva sulla ancora deficitaria situazione reddituale di 3 Italia per forzare verso una joint venture di pari rappresentanza.
Stando infatti ai risultati di gestione conseguiti nel 2013 dal Gruppo 3 Europe (che in Italia opera con il marchio “3”) e resi noti dalla capogruppo Hutchison Whampoa Limited (HWL) la società chiude l’esercizio con quasi 7 miliardi di euro di revenues. Quanto a 3 Italia, i ricavi totali a fine 2013 erano quasi 1,75 miliardi con un Ebitda di 279 milioni.
L’elemento reddituale aveva rappresentato, anche nelle precedenti trattative, un importante nodo da sciogliere.
Nello specifico da una comparazione di valori nel mobile emerge la crescita dell’Ebitda di Wind a 39,5% ed un margin ebitda di 3 Italia pari al 16%.
La fusione porterebbe alla creazione del terzo gestore italiano di telefonia che vanterebbe 7 miliardi di ricavi, contando su 33milioni di clienti portati prevalentemente da Wind (23 milioni di utenti). L’operazione ridurrebbe ulteriormente il numero di gestori nel mercato italiano. Analizzando i dati pubblicati dall’Osservatorio trimestrale sulle telecomunicazioni (Agcom) e riferiti a settembre 2014, rimarrebbero sostanzialmente tre i poli italiani per la telefonia, ciascuno dei quali controllerebbe 1/3 del mercato. Il settore, così equamente diviso, ne beneficerebbe in termini di concorrenza e di politiche di prezzo, indubbiamente meno aggressive e con ripercussioni meno pesanti sui conti economici delle società.
Per il momento a trarne vantaggio è il titolo Telecom Italia [TIT.MI] che ha aperto le negoziazioni di ieri a 1,0050 e poco prima delle ore 14 ha registrato il valore massimo giornaliero di 1,045 euro. L’ipotesi di fusione ha dato forza anche alla società Wind, valutata dal mercato come più solvibile nel tempo: a ridursi sono infatti le quotazioni dei credit default swap a cinque anni della società che dopo un’apertura a 370 basis point, ieri si sono ridotti fino a quota 288.