L’Italia poco attraente per gli investimenti digitali a causa di ritardi nell’istruzione e nell’innovazione, oltre che a causa della debolezza dei governi e delle autorità regolatorie che non fanno abbastanza per rimuovere questi ostacoli. Sono questi i motivi per cui il World Economic Forum (Wef) colloca il nostro Paese solo al 48° posto della classifica della “The Global Information Technology Report 2012: Living in a Hyperconnected World” elaborata da Booz & Co e dalla Business School Insead.
Al vertice della classifica del Networked Readiness Index, adottato dal World Economic Forum per misurare la propensione dei Paesi a sfruttare le opportunità offerte dall’Ict, c’è la Svezia (5,94) che precede Singapore (5,86) e Finlandia (5,81). A livello europeo, inoltre, l’Italia si colloca appena ventiseiesima, dietro Croazia e Montenegro.
"L’Italia in 48ma posizione – si legge nel documento – presenta un profilo simile a quelli di Portogallo e Spagna, con un paio di peculiarità che hanno relegato il Paese in tale posizione. Oltre alla prestazione inferiore sui sistemi dell’istruzione e dell’innovazione, la prima caratteristica particolare del caso italiano riguarda il funzionamento debole dell’ambiente politico e regolamentare (85mo nella graduatoria), che ostacola il funzionamento complessivo dell’economia. La seconda caratteristica particolare, è quella che il Governo è chiaramente in ritardo nello sforzo di spingere le tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni per aumentare la competitività (113° posto)".
Secondo il Wef "affrontare tali debolezze dovrebbe essere una priorità non solo per aumentare l’utilizzo delle tecnologie di comunicazione e informatiche ma per aumentare la competitività più in modo più ampio". Il come – rivetta valida per tutto i paesi in gap e non solo per l’Italia – lo spiega Cesare Mainardi, numero uno di Booz & Co, nella prefazione del report: “Il successo nel mondo della digitalizzazione – dove i concorrenti da Shenzhen a Schengen possono apparentemente emergere da un giorno all’altro – richiede sia ai politici che ai leader d’impresa di tornare alla lavagna per identificare e costruire le capacità ‘giuste per vincere’ nelle rispettive sfere d’influenza. Le nostre ricerche più recenti mostrano che la digitalizzazione moltiplica l’impatto della connettività, creando un sostanziale incremento di valore in termini non solo in termini di creazione di lavoro e di crescita economica, ma anche sul benessere della società e sulla trasparenza del governo".
Il rapporto sottolinea infine come i governi e la politica in generale non debbano più raccogliere la sfida dell’innovazione, assicurando solamente l’accesso a internet e alle tecnologie digitali, ma fare in modo che questi strumenti vengano effettivamente utilizzati in un’ottica organizzata. Negli ultimi anni, infatti, la proliferazione delle nuove tecnologie è stata sostanziale: il numero di personal computer utilizzati nel mondo è passato dai 100 milioni del 1990 agli 1,4 miliardi del 2010 con i telefoni portatili che nello stesso lasso di tempo sono schizzati da 10 milioni a oltre 5 miliardi di unità e gli utenti internet che sono passati da 3 milioni a 2 miliardi. Per dare una prospettiva più concreta, solo vent’anni fa c’erano tanti utenti internet quanto gli abitanti di Madrid, mentre oggi gli utenti online equivalgono all’intera popolazione asiatica.
"I politici – si legge ancora nello studio-Wef-Insead-Booz – hanno un ruolo importante nell’assicurarsi che i rispettivi Paesi stiano procedendo verso gli stadi avanzati della digitalizzazione e devono riconoscere dove attualmente si collocano, riconoscendo i benefici di tale processo. In questo senso devono spostare la loro attenzione dall’accesso alle reti per mettere in moto programmi e progetti che puntino all’adozione e utilizzo diffusi della tecnologia. E ciò include la digitalizzazione dell’agenda nazionale, inclusa la sistematica pianificazione e monitoraggio dei loro sforzi, l’evoluzione della struttura del governo e l’adozione di una prospettiva a ecosistema; attivazione della concorrenza e stimolo della domanda".
Per quanto riguarda invece i dati globali, il Wef rileva che al mondo ci sono oltre 6 miliardi di sottoscrizioni alla telefonia mobile che generano ricavi annuali di circa 1.300 miliardi di dollari.
Infine le previsioni: entro il 2016, più dell’80% delle connessioni a banda larga saranno in mobilità mentre nel nel 2014 il traffico dati in mobilità mensile supererà il traffico dati in mobilità generato durante l’intero anno 2008. Nei paesi emergenti la crescita di connessioni a banda larga mobile passerà dal 61% del totale delle connessioni broadband del 2011 all’84% stimato per il 2016, superando in questo modo i paesi sviluppati. È probabile che a un aumento del 10% del tasso di penetrazione della banda larga mobile corrisponderà un aumento del Pil compreso tra l’1 e l’1,8 %.