Quando il mio lustrascarpe inizia a farmi domande sulle azioni è il momento di vendere. J.M.Keynes spiegava con questa semplicità il concetto di bolla economica: la massificazione di un fenomeno. Un po’ quanto sta accadendo in Italia con le startup, ignote ai più fino a pochi mesi fa ed oggi oggetto di ogni desiderio. Ma si fa presto a dire startup, portarle al successo è tutt’altra storia e necessita tante buone politiche. Per questa ragione non mi convince la recente strategia sulle startup annunciata dalla giunta Zingaretti: utilizzare 31 mln di euro per favorire la nascita nel Lazio di 500 nuove imprese. Un ambizioso target quantitativo, indubitabilmente, ottenibile finanziando a pioggia con microincentivi ogni possibile settore di innovazione. Ma è il target giusto? Oppure a Roma sarebbe più corretto concentrare le sempre più scarse risorse per favorire la nascita ed il consolidamento di 30 o 40 imprese innovative capaci dopo tre anni di occupare almeno 50 persone? Per rispondere occorre entrare nella dinamica del mercato, anche in quello dei capitali privati, che accompagna la vita delle startup.
Difficile pensare che a Roma possano nascere delle Facebook o Twitter per una ragione banale: questa tipologia di startup necessita di fondi privati in grado di investire 200 o 300 milioni per favorirne la crescita accelerata. Le migliori startup laziali possono sperare in finanziamenti per 1 o 2 milioni di euro, quindi si collocano su una traiettoria industriale completamente diversa. Se i giovani imprenditori italiani hanno della stoffa e vogliono giocare alla WhatsApp devono andare all’estero. Dunque, le startup romane non giocheranno mai nella Champions League. Quale strategia vincente possono darsi, allora, nella serie B dove possono giocare per vincere il campionato? Devono scegliere una specializzazione su qualche soluzione o prodotto che nel tempo possa interessare le grandi portaerei della tecnologia mondiale.
Amazon, Google, Samsung comprano centinaia di startup ogni anno per integrarle nel loro business. Purtroppo quasi mai comprano in Italia, finora mai è accaduto a Roma. Ma, per essere un target appetibile di questi colossi, la startup deve saper crescere e organizzarsi rapidamente ed anche proiettarsi all’estero. In pratica deve saper diventare una multinazionale tascabile della sua specializzazione di nicchia. Gli obiettivi della giunta Zingaretti puntano a erogare tanti micro finanziamenti a pioggia: alla fine del ciclo produrranno centinaia di microimprese con tre o quattro professionisti, delle micro cooperative tra laureati. Uno strumento più simile ad un sussidio alla disoccupazione che ad un politica industriale pro startup. Sarebbe molto meglio selezionarne, con una meritocrazia maniacale anche supportata da esperti internazionali nel team di analisi, qualche decina e aiutarle con più risorse nel processo di crescita. Anche perché il talento imprenditoriale è bene assai scarso.