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Calcagno (Fastweb): “Le reti ormai ci sono, il ritardo è nei servizi digitali”

L’Ad della compagnia: “Nell’ultrabroadband abbiamo recuperato il ritardo con l’Europa: grazie ai massicci investimenti delle telco private. Le aste per il 5G prevedano misure a favore dei nuovi entranti”

Pubblicato il 23 Feb 2018

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“La consapevolezza di chi governa il Paese circa il fatto che la rete ultra veloce sia una grande opportunità per la crescita ed il rilancio della nostra economia in termini di competitività e attrazione degli investimenti resta un elemento fondamentale”, osserva Alberto Calcagno, amministratore delegato di Fastweb.

A che punto siamo con lo sviluppo delle reti broadband?

Grazie alla concorrenza infrastrutturale, negli ultimi anni l’Italia ha recuperato definitivamente il ritardo rispetto agli altri Paesi europei. Oggi siamo arrivati al 70% di copertura, contro una media europea del 75%. In Italia gli operatori TLC hanno fatto investimenti milionari e, per quanto riguarda in particolare l’estensione delle reti FTTH, stiamo facendo meglio e più in fretta di Paesi come Germania e Regno Unito. In futuro non si potrà prescindere dalla valutazione di questi risultati e dal fatto che nel nostro Paese il vero problema della digitalizzazione riguarda l’adoption dei servizi, ovvero l’effettivo utilizzo dell’infrastruttura da parte dei cittadini.

Alla banda ultralarga sono state destinate molte risorse pubbliche attraverso Infratel. Si tratta di andare avanti sulla via indicata dalla legislatura appena finita o è necessario un ripensamento, magari con un ruolo più significativo dei privati rispetto al pubblico?

Il merito del Governo è stato certamente quello di aver accelerato lo sviluppo delle infrastrutture nel nostro Paese, ma è doveroso sottolineare che il risultato appena descritto è stato fin qui realizzato esclusivamente attraverso investimenti privati. Al momento, le risorse pubbliche destinate da Infratel non hanno ancora portato effetti significativi sul grado di copertura della banda ultralarga, con il piano di copertura portato avanti da Open Fiber che ancora non procede a pieno regime. È essenziale che nelle aree che non presentano un fallimento di mercato, ovvero quelle dove gli operatori hanno interesse ad investire, non si alteri il gioco della concorrenza che, come abbiamo visto, risponde benissimo alle esigenze di sviluppo del Paese.

Quale è stato l’apporto di Fastweb?

In particolare, per quanto riguarda Fastweb, dalla sua nascita ha investito 9 miliardi di euro in infrastruttura. Ogni anno investiamo il 30% dei nostri ricavi in nuove reti e innovazione, un terzo del nostro fatturato. Si tratta di una cifra molto significativa per una società delle nostre dimensioni, se si pensa – tra l’altro – che la media europea si ferma alla metà. Il nostro piano industriale prevedeva di coprire in fibra 100 città entro il 2020, ma lo abbiamo accelerato ed esteso a 130, coprendo oltre il 50% della popolazione. Senza dimenticare i co-investimenti infrastrutturali che portiamo avanti attraverso Flash Fiber, la joint venture avviata con Tim per portare la fibra fino alle case degli utenti in 29 città.

Vi sono ancora ostacoli, ad esempio di tipo amministrativo, da superare per la posa delle nuove reti su cui il nuovo governo dovrebbe porre particolare attenzione?

Lo sviluppo delle reti di nuova generazione rappresenterà una vera e propria rivoluzione non solo in termini di utilizzo da parte dei cittadini, bensì anche per quanto riguarda lo sviluppo dell’IoT che renderà le nostre città Smart. Perché questa rivoluzione avvenga è necessario che pubbliche amministrazioni centrali e locali avviino un percorso di semplificazione. Ciò vale tanto per quanto riguarda temi autorizzativi e amministrativi legati alla dislocazione degli impianti, quanto per la rimozione di vincoli che impedirebbero lo sviluppo delle nuove tecnologie. In particolare per quanto riguarda lo sviluppo del 5G, se non vogliamo che sia a rischio il raggiungimento degli obiettivi dell’Action Plan della Commissione europea si dovrà necessariamente affrontare la spinosa questione della revisione dei limiti elettromagnetici, che nel nostro Paese sono altamente più stringenti rispetto al resto d’Europa.

Quanto sono importanti stabilità e supporto normativi per aiutare gli investimenti delle telco?

In Italia i privati stanno investendo moltissimo sulla banda ultralarga e anche noi continueremo a farlo. Le future politiche pubbliche dovrebbero mirare a creare un ambiente il più possibile favorevole agli investimenti privati a lungo termine e promuovere la crescita ed una sempre maggiore competitività nel settore, fattori necessari per dotare il Paese di reti infrastrutturali di nuova generazione che siano in grado di affrontare le sfide future. In tale contesto, non c’è dubbio la stabilità politica rappresenti un elemento di continuità e certezza per gli investitori che devono mettere in campo ingenti risorse nel lungo periodo.

Le infrastrutture da sole non bastano, è necessario anche lo sviluppo dei servizi digitali. Concorda?  Come la politica può favorire la digitalizzazione di imprese, pubblica amministrazione, cittadini?

I servizi digitali sono la chiave: le persone non adottano una tecnologia a meno che questa non sia un abilitatore di servizi che trasformano, migliorandolo, il loro stile di vita. Fastweb, che da sempre fa la sua parte di innovatore nel mercato, spingendo verso la digitalizzazione delle imprese e delle famiglie. In questo senso abbiamo accolto appieno la sfida tech del presente, verso il consolidamento come operatore pienamente convergente. Abbiamo attivato i servizi 4G, fatto passi importanti verso il traguardo fondamentale del 5G, potenziato la nostra piattaforma Wi-Fi e allargato la nostra offerta di servizi a valore aggiunto a supporto della digital trasformation di pubbliche amministrazioni e delle centinaia di piccole e medie imprese dell’economia italiana. Tuttavia, in termini di adoption dei servizi, anche la politica può fare la sua parte ad esempio stimolando la diffusione e la fruizione dei contenuti audiovisivi via IP, ma anche prevedendo meccanismi semplici e diffusi per favorire la digitalizzazione dei servizi ai cittadini e le interazioni tra questi ultimi e la PA attraverso Internet.

I voucher per l’uso dell’ultrabroadband possono essere una buona idea? A che condizioni?

La proposta del Governo di introdurre meccanismi di incentivazione per sostenere la domanda di servizi a banda ultralarga attraverso l’introduzione di voucher è un’ottima idea. È bene però precisare che i voucher sarebbero molto più efficaci se destinati alle PMI. Al momento le famiglie che non adottano la banda ultralarga non lo fanno per un tema di prezzo ma piuttosto perché non ne sentono il bisogno. Un voucher drogherebbe il mercato senza produrre effetti duraturi: finito il voucher le famiglie tornerebbero ad un ADSL base, oppure semplicemente alla connessione via mobile. Destinando quelle risorse alle PMI, invece, si produrrebbero effetti duraturi con ricadute positive su tutto il sistema facilitando il raggiungimento degli obiettivi del piano Industria 4.0 e dell’Agenda Digitale.

L’Italia ha detto di volere essere all’avanguardia in Europa sul 5G tanto da sperimentarne i servizi in 5 città. La convince tale enfasi?

L’Italia ha fatto grandi sforzi per recuperare il ritardo sulla banda larga. Ora il 5G è il punto di svolta, e il nostro Paese può e deve stare in prima fila nello sviluppo della rete di quinta generazione. Fastweb è pronta a giocare un ruolo di primo piano e a mettere a disposizione i migliori strumenti abilitanti questo radicale e profondo processo di trasformazione sociale e industriale. Possediamo già tutti gli elementi del 5G –  fibra capillare, 20mila armadi di strada pronti ad ospitare le microcelle e le frequenze nelle principali città a cui la società ha accesso grazie all’accordo siglato a dicembre 2016 con Tiscali. Nell’ambito della gara del MISE, Fastweb si è aggiudicata con Tim e Huawei la sperimentazione 5G a Bari e Matera, ma abbiamo sottoscritto anche un importante protocollo d’intesa con il Comune di Roma per una sperimentazione 5G nella Capitale e coglieremo tutte le occasioni per ampliare e giocare d’anticipo ogni volta che ce ne sarà l’opportunità. Con il 5G stiamo rapidamente passando dalla teoria alla pratica.

Siamo prossimi alle aste delle frequenze sul 5G. Quali sono gli obiettivi da privilegiare? La massimizzazione delle entrate pubbliche? L’ingresso di nuovi player? Gli investimenti nelle reti consentendo una rapida infrastrutturazione del 5G?

L’ottimo percorso intrapreso dal Governo italiano con l’avvio dei progetti sperimentali 5G è stato confermato dalla definizione delle procedure di gara per l’assegnazione delle nuove frequenze nell’ambito della legge di bilancio, che dovranno essere caratterizzate da una visione strategica di sistema, tale da fornire una spinta innovativa al settore e promuovere la rapida realizzazione delle nuove reti 5G. In quest’ottica, consideriamo i bandi con grande attenzione e ci auguriamo che il regolamento che definirà le regole operative di assegnazione delle frequenze preveda misure a favore di nuovi entranti, che avrebbero l’effetto di accelerare fortemente lo sviluppo delle nuove reti. Solo la presenza di un disruptor con forti incentivi a sviluppare rapidamente una nuova rete può aiutare l’Italia a mantenere il vantaggio conquistato con le sperimentazioni.

Cosa dovrà fare il nuovo governo per favorire l’uso e i servizi delle reti 5G?

È importante che il futuro Governo crei un ambiente normativo nel quale tutti gli attori del 5G abbiano la possibilità di giocare la partita, in modo tale che i nuovi entranti siano da stimolo per tutto il settore e per accelerare l’effettiva costruzione delle nuove reti. Questo tipo di approccio – già utilizzato con successo in passato per stimolare gli investimenti per le reti 3G – consentirebbe di raggiungere senza troppi ostacoli l’obiettivo di attivare le prime reti 5G nel biennio 2020 – 2021, per abilitare ed offrire una serie di servizi che saranno in grado di rivoluzionare la vita dei consumatori e della società intera.

Rete fissa e rete mobile vanno sempre più integrandosi. È immaginabile un modello di rete condiviso tra operatori? A che condizioni?

In effetti, l’architettura fisica di una rete 5G ha componenti che afferiscono sia al fisso che al mobile, basandosi sulla realizzazione di un network di small cell collegate alla rete in fibra. Noi abbiamo il vantaggio di aver sviluppato infrastrutture, cavidotti, centrali ed armadi, ma è chiaro che saranno necessari molti investimenti e probabilmente sinergie operative si riveleranno essenziali per la competizione con i colossi internazionali del settore.

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