L’Europa dell’hi-tech è diventata più competitiva. Il nostro continente ha rafforzato la sua capacità di creare start-up e farle crescere, non ancora al livello dei grandi gruppi globali come Google, Amazon o Tencent, ma gli analisti sono pronti a scommettere che il prossimo big del settore sarà europeo. E’ quanto si legge nello studio presentato dalla società europea di investimenti Atomico in occasione di Slush, l’annuale festival delle start-up tecnologiche in corso a Helsinki.
L’Europa ha meno grandi aziende nel settore hitech rispetto a Stati Uniti e Asia, ma vanta già un colosso, la svedese Spotify, che si prepara a un ingresso in Borsa nel 2018 che potrebbe valutarla 20 miliardi di dollari. Per Atomico si tratta solo di un primo segnale di un trend positivo: “Le probabilità che la prossima azienda capace di ridisegnare i contorni dell’industria hitech nasca in Europa e diventi un colosso mondiale non sono mai state così alte”. I venture capitalist e gli imprenditori sentiti da Reuters confermano questo punto di vista e individuano in intelligenza artificiale, videogiochi, musica e messaggistica i settori in cui l’Europa potrebbe dare vita ai big del futuro.
Il capitale investito nelle aziende hitech europee raggiungerà quest’anno la cifra-record di 1,9 miliardi di dollari, un incremento del 33% rispetto al 2016, secondo le stime di Dealroom.co. Le dimensioni medie dei fondi di ventura europei sono quasi triplicate nel 2017, a 58 milioni di euro, rispetto a cinque anni, svela Invest Europe. L’Europa ha anche talenti in abbondanza – 5,5 milioni di sviluppatori professionisti, concentrati soprattutto in Germania e Uk, contro 4,4 milioni negli Usa, dicono i dati di Stack Overflow – e che costano circa un terzo in meno dei lavoratori dell’hitech della Silicon Valley.
Non mancano però gli ostacoli per fare dell’Europa un concorrente temibile per Usa e Cina in fatto di start-up innovative. Innanzitutto, occorre migliorare la capacità del nostro continente di supportare gli imprenditori oltre la fase di avvio verso la creazione di imprese di grandi dimensioni, sottolinea Bernard Liautaud, managing partner del fondo di ventura Balderton Capital.
Ci sono poi altri fattori: gli imprenditori europei temono gli effetti della Brexit in termini di possibilità di investire e assumere in Uk; molti ritengono che il quadro regolatorio Ue sia troppo rigido e non agevoli lo sviluppo in settori altamente innovativi come le criptovalute o i taxi volanti, mentre su auto autonome e droni la normativa è considerata più favorevole. Infatti, evidenziano gli analisti, le start-up europee si concentrano in settori come media, retail e gaming e non su innovazioni tecnologiche più rivoluzionarie capaci di inventare nuovi settori.
Infine, le aziende europee sono spinte a quotarsi “troppo presto”, secondo Liataud, mentre le Borse americane hanno standard più rigidi, perché occorre fatturare almeno 100 milioni di dollari e dimostrare la validità del modello di business e il potenziale di crescita: “In Europa va bene essere un’azienda nella media. Negli Usa bisogna essere molto, molto bravi”.