e”Le future reti di connettività saranno un mix di trasmissione, archiviazione e calcolo. L’intero settore delle telecomunicazioni deve subire un cambiamento radicale, l’Europa giocherà un ruolo di primo piano nella trasformazione 4.0“. Lo ha affermato il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, al Mobile World Congress a Barcellona.
In questo stesso scenario, Breton si è schierato anche in difesa della consultazione sull’opportunità che le Big Tech paghino il conto – per miliardi di euro di investimenti – nelle infrastrutture di telecomunicazioni europee. La consultazione, lanciata la scorsa settimana, vede Deutsche Telekom, Orange, Telefonica e Telecom Italia contro Alphabet Google, Apple, Meta Platforms, Netflix, Amazon.com e Microsoft: secondo Breton, non si tratta di “una scelta binaria tra chi fornisce le reti oggi e chi le alimenta con il traffico”. “Per me la vera sfida è fare in modo che entro il 2030 i nostri concittadini e le nostre imprese nelle nostre strade in tutta l’Ue abbiano accesso a una connettività gigabit veloce, affidabile e ad alta intensità di dati”, ha affermato. “E per questo abbiamo bisogno delle reti di connettività del futuro. Questa è la visione. Non si tratta se un interesse acquisito debba prevalere su un altro”, ha affermato Breton.
Dall’Olanda il primo stop al “piano Breton” per le Big tech
Nei giorni scorsi il governo olandese ha messo in guardia contro l’imposizione di un “pedaggio Internet” alle società tecnologiche: si tratta del primo governo dell’Ue a criticare il piano di Breton dopo il suo lancio, affermando che una tale mossa potrebbe violare le regole di neutralità della rete e portare a un aumento dei prezzi per gli europei.
Nel mirino di Breton ci sono le grandi aziende tecnologiche statunitensi con i loro data center su larga scala, la loro rete di accesso radio basata su cloud (Ran) e i loro ecosistemi chiusi. “Vediamo hyperscaler nei servizi cloud e di piattaforma che sfruttano il loro dominio di mercato per entrare nello spazio delle telecomunicazioni, utilizzando le loro riserve di liquidità per sviluppare reti cloud Ran e fornire servizi diretti alle imprese”, ha affermato il commissario. “E l’interoperabilità o l’apertura non sono attualmente una caratteristica forte del loro modello di business“.
Breton ha quindi chiesto una seria discussione sui possibili ostacoli al consolidamento delle telecomunicazioni transfrontaliere, schierandosi con gli operatori che affermano che le rigide regole sulle fusioni dell’Ue ostacolano gli accordi e ha anche parlato dei vantaggi di un mercato integrato dello spettro radio.
Da Industry 4.0 a Industry 5.0: due modelli complementari
Per far fronte alla concorrenza più agguerrita con le aziende internazionali (soprattutto negli Stati Uniti e in Cina) e preservare la propria quota di mercato, l’industria europea ha avviato la transizione da un modello tradizionale a uno più sostenibile, seguendo le basi del concetto di Industria 4.0, dove la digitalizzazione, la robotica e le tecnologie guidate dall’intelligenza artificiale sono utilizzate per aumentare l’efficienza e la flessibilità della produzione.
Ma come in tutte le rivoluzioni, c’è il rischio di andare troppo lontano, troppo velocemente, creando così nuove vulnerabilità. A causa di questa minaccia, a metà degli anni 2010 è emerso un nuovo concetto: Industria 5.0 (qui la guida Corcom su Industria 5.0). Che non deve essere vista come un’alternativa al paradigma esistente dell’Industria 4.0, ma come un complemento.
I tre nuovi principi guida
In effetti, Industria 5.0 continua a prevedere lo stesso obiettivo di spingere le industrie a digitalizzare e ad adottare nuove tecnologie avanzate, ma aggiunge tre nuovi principi chiave.
Human-centricity: dare potere alle persone.
L’idea è che una maggiore adozione di tecnologie avanzate richiederà nuove competenze e, allo stesso tempo, influenzerà la sicurezza dei lavoratori, le condizioni di lavoro, la soddisfazione sul lavoro e il benessere fisico e mentale. Man mano che i mezzi di produzione evolvono verso una maggiore digitalizzazione, i dipendenti del settore e in particolare gli operatori possono percepire il loro ruolo cambiato o addirittura minacciato. Industria 5.0 raccomanda di iniziare con le competenze dei lavoratori e poi di adattare gli strumenti.
Sostenibilità: economia circolare e low carbon
Le risorse materiali non possono più essere trattate come rifiuti ma devono, fin dalla fase iniziale di progettazione, essere orientate verso una rigenerazione di fine ciclo. Ciò richiede l’introduzione di nuove competenze e processi nelle industrie che possono essere adottati in modo più efficiente attraverso tecnologie avanzate. Sure5.0 si concentrerà sulla prospettiva delle tecnologie avanzate che contribuiscono alla transizione da ecosistemi lineari a quelli circolari.
Resilienza: innovazione, digitalizzazione, tecnologie, investimenti
Mettere in sicurezza le catene del valore implica mantenere un forte controllo a tutti i livelli: dall’approvvigionamento delle materie prime, passando per la sicurezza dei siti produttivi, fino alle competenze tecniche necessarie per produrre i prodotti finali. Sarà fornito sostegno alle Pmi selezionate al fine di facilitare la loro adozione di tecnologie avanzate per una capacità di produzione adattabile, previsioni affidabili, processi aziendali flessibili, una rapida riprogettazione del modello aziendale.
Sure 5.0: l’aiuto dell’Europa verso Industria 5.0
In questo contesto, 11 partner europei hanno unito le forze per lanciare il progetto a sostegno delle Pmi nel loro percorso verso Industria 5.0. Si tratta di Sure5.0 – “Supporting the smes SUstainaibility and REsilience transition towards industry 5.0 in the mobility, transport & automotive, aerospace and electronics European Ecosystems” – finanziato dalla Commissione europea nell’ambito del programma Horizon Programme Europe.
Il progetto prevede di coinvolgere circa 1.000 Pmi nelle attività del progetto, di cui 700 saranno valutate, 90 riceveranno servizi su misura dai partner e 53 riceveranno sostegno finanziario. Saranno promosse l’adozione e la diffusione di tecnologie avanzate, nonché l’adozione di pratiche di innovazione sociale che faciliteranno la duplice transizione (digitale e verde). Il progetto mobiliterà 2,6 milioni di euro. La durata è di 36 mesi, il costo totale 4.988.125 euro.