Il bitcoin è arrivato a cedere fino a oltre il 4% alle 13 italiane segna -282 a 8.548 dollari, interrompendo il trend rialzista che nelle ultime cinque sedute aveva visto una ripresa delle quotazioni del 24%. La criptovaluta risente della decisione della piattaforma giapponese Coincheck – vittima lo scorso mese di una truffa ad opera di hacker da 500 milioni di dollari – di consentire agli utenti di convertire bitcoin in yen. Immediata la fuga degli investitori, che hanno ritirato in poche ore 40,1 miliardi di yen, pari a circa 373 milioni di dollari.
Intanto Jp Morgan ha rilasciato ieri un corposo report – la Bibbia del bitcoin, è stato subito ribattezzato lo studio di 71 pagine – secondo cui “è improbabile che le monete virtuali scompaiano completamente” e che “potrebbero sopravvivere in forme diverse tra soggetti che chiedono una maggiore decentralizzazione, reti peer to peer e anonimato”.
Secondo la banca d’affari inoltre le monete virtuali potrebbero “potenzialmente avere un ruolo nella diversificazione del portafoglio azionario” dato che si tratta di asset non correlati all’andamento di azioni e obbligazioni”.
Ma le buone notizie finiscono qui: secondo l’analosi tecnica del report il prezzo del bitcoin è destinato a dimezzarsi fino a scendere a circa 4600 dollari.
Il tema delle regolamentazione del bitcoin continua a tenere banco. Investire in bitcoin? “Francamente ci penserei bene: un euro oggi è un euro di domani, il suo valore è stabile. Il valore del bitcoin ha delle oscillazioni enormi” , ha detto il presidente della Bce Mario Draghi in un video pubblicato sul sito web della banca centrale. Draghi nega che la principale criptovaluta possa essere definita una moneta: “l’euro ha il sostegno della Bce, il dollaro quello della Fed, le valute hanno dietro una banca centrale o un governo. Bitcoin non ha niente”.
Draghi ha poi fatto cenno alle ipotesi secondo cui la Bce dovrebbe regolamentare o vietare bitcoin: “non spetta alla Bce farlo”, ha detto. Il presidente della Bce, infine, ha definito la tecnologia blockchain “piuttosto interessante”, in grado probabilmente di “rafforzare un’economia e creare molto benefici”. Ma la tecnologia blockchain “non è ancora sicura, dunque dobbiamo studiarla”.
E oltre al tema regole a preoccupare c’è anche quello del consumo energetico. L’Islanda rischia di restare al buio a causa del bitcoin: l’isola è una delle favorite per i server della criptovaluta e una delle preferite dai miner. E il boom di miner ha fatto schizzare la domanda di energia elettrica, che per la prima volta ha superato i consumi privati degli islandesi e continua ad aumentare tanto che le societa’ del settore temono di non riuscire a restare al passo con la crescita della domanda. L’Islanda e’ ritenuta un posto ideale per i server e i miner del bitcoin, il cui successo e’ descritto da molti come la corsa all’oro del 21mo secolo. L’isola e’ rinomata per le sue sorgenti termali e produce l’80% della sua energia elettrica da stazioni idroelettriche. Il clima freddo e’ inoltre perfetto per i nuovi centri che ospitano server il cui maggior rischio e’ quello di surriscaldarsi. I miner sono coloro che creano i bitcoin risolvendo complicati calcoli necessari per validare le transazioni tramite potenti supercomputer che richiedono un enorme ammontare di corrente elettrica