Si è ufficialmente aperta l’era delle criptomonte anche di quelle “sovrane”. Mentre continua il rally del bitcoin, i governi di tutto il mondo iniziano a fare i conti con la possibile adozione di monete digitali anche se con tempi e modalità diverse: più attendisti Usa e Ue e più convinta di spingere sull’innovazione la Cina.
A Pechino infatti i test e le prove di utilizzo dello yuan digitale stanno facendo progressi costanti, come ha dichiarato Mu Changchun, direttore dell’istituto di ricerca sulle valute digitali della People’s Bank of China, l’organo finanziario centrale del Paese.
Durante un summit che si è tenuto nel corso del China Development Forum 2021, il ricercatore ha fatto chiarezza sulle preoccupazioni sulla violazione della privacy degli utenti, sostenendo che la moneta virtuale ha il livello più alto di protezione delle informazioni personali tra tutti i metodi di pagamento esistenti. Lo yuan digitale cinese, sebbene tuttora in fase di test, includerà più persone nell’era digitale che sta rapidamente nascendo, rendendo più semplice la vita di tutti i giorni e più sicuri i pagamenti elettronici.
Secondo la bozza del quattordicesimo Piano Quinquennale per lo sviluppo economico e sociale della nazione e gli obiettivi a lungo termine entro l’anno 2035, la Cina continuerà a portare avanti la ricerca e lo sviluppo delle valute virtuali e parteciperà attivamente alla formulazione delle regole internazionali e degli standard tecnici sulla sicurezza informatica, sulle monete e sulle tasse digitali. Anche altri Stati, tra cui Canada e Giappone, si stanno preparando all’avvento delle valute elettroniche. Zhu Min, presidente del National Institute of Financial Research della Tsinghua University, prevede che “l’uso del denaro contante si ridurrà di almeno il 40% nei prossimi 10 anni”, perché le monete virtuali coniate dalle banche centrali diventeranno più comuni in tutto il mondo.
Con lo yuan digitale Pechino punta a rafforzare il valore della moneta nazionale rispetto agli altri strumenti di pagamento digitali molto diffusi nel paese e mantenere così il controllo sugli utenti.
Il governo cinese ha già distribuito una serie di pacchetti digitali del valore di 200 e-yuan l’uno da spendere sia online sia nei negozi fisici. La sperimentazione coinvolge alcune delle maggiori città del paese, tra cui Pechino e Shanghai.
Più cauti gli Stati Uniti: il presidente della Fed, Jerome Powell secondo cui le criptovalute sono “più uno strumento speculativo, che un mezzo di pagamento”. Partecipando a una tavola rotonda virtuale dal titolo “Come possono innovare le Banche centrali nell’era digitale?” al summit sull’innovazione della Banca dei Regolamenti Internazionali, Powell ha spiegato che la Fed non ha fretta di adottare un dollaro digitale, e che comunque il progetto “dovrà necessariamente avere il sostegno politico e di un ampio supporto pubblico prima di essere adottato.
E l’Europa come si colloca nella dicotomia Usa-Cina? Il programma della Bce prevede l’adozione di un euro digitale entro 4-5 anni. La roadmap l’ha delineata il membro del board della Banca centrale europea, Fabio Panetta.
“Per l’introduzione dell’euro digitale saranno necessari realisticamente 4 o 5 anni. Dovremo inoltre consultare le altre istituzioni e autorità europee – ha detto intervistato dal Der Spiegel – La Bce ha costituito un gruppo di lavoro con la Commissione europea”.
“Non siamo in ritardo – ha aggiunto – stiamo procedendo al passo con le altre principali banche centrali. Il mercato si evolve rapidamente, ma noi dobbiamo essere certi al 100% di offrire un prodotto della massima qualità. E ciò richiede tempo”. In ogni modo, ha precisato, una sperimentazione simile a quella che sta conducendo la Banca centrale cinese potrebbe essere una possibilità. Sarebbe certamente prudente sperimentare l’utilizzo dell’euro digitale in diverse città”.
“All’inizio dell’estate – ha aggiunto Panetta – presenteremo i risultati della nostra analisi esplorativa al Consiglio direttivo della Bce, che deciderà se proseguire l’iniziativa. In caso di una risposta positiva, si darà avvio al lavoro volto a individuare l’ambito operativo e la soluzione tecnica da adottare per l’euro digitale. Ci vorranno almeno 18 mesi. Successivamente il Consiglio direttivo della Bce dovrà adottare un’altra decisione, al fine di avviare la fase realizzativa della soluzione prescelta”.
E anche le banche d’affari guardano con attenzione al fenomeno bitcoin. Secondo Cnbc Morgan Stanley sarà la prima grande banca americana a offrire ai suoi clienti l’accesso ai fondi bitcoin. La banca di investimento, colosso della gestione patrimoniale con 4 mila miliardi di dollari affidati, avrebbe comunicato, tramite una nota interna inviata ai suoi consulenti finanziari, la partnership con tre fondi che consentono il possesso di criptovalute. La mossa dell’istituto costituisce una precisa risposta alle crescenti richieste dei clienti, ma rappresenta un segnale importante per l’intero mercato.
C’è da precisare che Morgan Stanley offre questa facoltà di investimento solo ai clienti più facoltosi che accettano “tolleranza a rischi aggressivi” e che possano vantare almeno due milioni di dollari di attività detenute dal gruppo. Secondo le fonti citate da Cnbc, le società di investimento hanno bisogno di almeno cinque milioni di depositi bancari per potersi qualificare. Morgan Stanley sta limitando gli investimenti in bitcoin fino al 2,5% del loro patrimonio netto totale. Due dei fondi di investimento offerti provengono da Galaxy Digital, la società di crittografia fondata da Mike Novogratz, mentre il terzo è una partnership tra Fs Investments e la società di bitcoin Nydig.