L'INDAGINE

Criptovalute, balzo in avanti dell’880%: Vietnam, India e Pakistan guidano la top 20

Lo rivela la seconda edizione del Global Crypto Adoption Index di Chainalysis, secondo cui in particolare nei Paesi emergenti il ricorso alle monete digitali è sempre più trainato dalla svalutazione delle valute locali. Intanto in Cina è fuggi fuggi di miners: ecco cosa sta succedendo

Pubblicato il 23 Ago 2021

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L’adozione globale delle criptovalute è decollata nell’ultimo anno, con un aumento dell′881%, con Vietnam, India e Pakistan saldamente in testa. Lo affermano i nuovi dati di Chainalysis, raccolti nella seconda edizione del Global Crypto Adoption Index, che classifica 154 Paesi in base a metriche come il volume degli scambi di scambio peer-to-peer, piuttosto che il volume lordo delle transazioni, che in genere favorisce le nazioni sviluppate con alti livelli di criptovaluta professionale e istituzionale.

Chainalysis ha affermato che lo scopo dell’indice è fotografare l’adozione di criptovalute da parte di “persone comuni” e “concentrarsi sui casi d’uso relativi alle transazioni e al risparmio individuale, piuttosto che sul trading e sulla speculazione”. Le metriche sono ponderate per incorporare la ricchezza della persona media e il valore del denaro in generale all’interno di determinati Paesi.
Secondo quanto si rileva dall’analisi, la maggior parte dei primi 20 Paesi per adozione delle criptovalute sono economie emergenti, tra cui Togo, Colombia e Afghanistan. Nel frattempo, gli Stati Uniti sono scivolati dal sesto all’ottavo posto e la Cina, che questa primavera ha represso le criptovalute, è scesa dal quarto al tredicesimo posto.

P2P come alternativa agli scambi centralizzati di difficile accesso

Chainalysis attribuisce i crescenti livelli di adozione nei mercati emergenti ad alcuni fattori chiave.
Per prima cosa, paesi come Kenya, Nigeria, Vietnam e Venezuela hanno enormi volumi di transazioni su piattaforme peer-to-peer, o P2P, se adeguati alla parità di potere d’acquisto pro capite e alla popolazione che utilizza internet.
Chainalysis riporta che molti residenti utilizzano gli scambi di criptovaluta P2P come rampa principale di accesso alla criptovaluta, spesso perché non hanno accesso agli scambi centralizzati. Il rapporto afferma inoltre che molti residenti in questi Paesi si rivolgono alla criptovaluta per preservare i propri risparmi di fronte alla svalutazione della valuta, nonché per inviare e ricevere rimesse ed eseguire transazioni commerciali.

Il Vietnam, in particolare, sarebbe uno dei principali mercati per Bitrefill, una società che aiuta i clienti a vivere di criptovaluta acquistando carte regalo utilizzando bitcoin. In Nigeria, invece, esiste un enorme mercato commerciale per le criptovalute.

I Paesi in cima alla classifica di adozione hanno anche un’altra cosa in comune. Secondo Boaz Sobrado, un analista di dati fintech con sede a Londra, “molti hanno controlli sui capitali o una forte popolazione di emigranti e immigrati”. L’Afghanistan, ad esempio, attualmente in subbuglio a causa del recente rovesciamento del governo da parte dei talebani, risulta in una posizione alta dell’elenco per via “dei controlli sui capitali, dato che è difficile spostare denaro dentro e fuori”, afferma Sobrado.

 Miners in fuga dalla Cina

Dopo la stretta di Pechino sull’attività dei minatori di criptovalute all’inizio dell’estate, molte società che lavorano sull’estrazione di bitcoin stanno cercando di lasciare la Cina. Il Wall Street Journal racconta l’esempio di Bit DIgital e altre società  attive nel settore che stanno incontrando non poche difficoltà a lasciare il Paese che fino a poche settimane fa consumava  circa due terzi dell’energia globale usata per creare criptovalute. Bit DIgital ha circa 20 mila computer nella provincia dello Sichuan, ed è costretta ad affrontare in queste settimane costi di imballaggio e spedizione molto alti, mentre un singolo computer per estrarre bitcoin è arrivato a costare oltre 12 mila dollari.

Le aziende, spiega il quotidiano americano, sono tuttora alle prese con la decisione su quale sia il modo migliore per spostare i computer dalla Cina. Alcune ci provano via terra, alcuni via mare, altri per via aerea. Bit DIgital ha detto di avere ancora 9.484 “macchine minerarie” nella provincia cinese. Per muoverle la società ha si è rivolta alle multinazionali della logistica e spera che tutto l’hardware possa arrivare nel Nord America entro settembre, ha spiegato Samir Tabar, il responsabile della strategia di Bit DIgital. L’azienda sta inviando le macchine in Nebraska,
Georgia, Texas e Alberta, Canada.
L’intero processo può costare milioni di dollari. Anche perché  prezzi del petrolio sono aumentati negli ultimi mesi e i colli di bottiglia creati dalla pandemia di coronavirus hanno fatto salire alle stelle i costi di trasporto. I computer che dalla Cina entrano negli Stati Uniti sono anche soggetti a dazi del 25%. Oltre a cercare di escogitare un modo per imballare e spedire le delicatissime macchine estrattive, le aziende devono trovare strutture ampie e con caratteristiche idonee in poterle spostare.

“E’ un costo finanziario piuttosto grosso per chiunque voglia spostare le attivita’ di mining dalla Cina”, ha detto Fred Thiel, ceo della  società  di estrazione di criptovaluta Marathon Digital Holdings  Inc. con sede a Las Vegas. “E’ un po’ come se GM dovesse
chiudere un impianto e costruirne uno nuovo altrove”, ha detto, facendo un’analogia con il produttore di auto di Detroit, General Motors Co.
L’attività  estrattiva di bitcoin è diventata molto remunerativa per queste società. I minatori guadagnano commissioni, sì, dall’elaborazione delle transazioni di bitcoin
come attività principale ma generano ricavi anche dalla capacità di calcolo delle loro macchine che, risolvendo i calcoli che “criptano” i bitcoin celati nella blockchain,
riescono ad “estrarre” nuova valuta digitale ottenendola in premio. E’ una delle attività più redditizie del mondo delle criptovalute al momento, soprattutto da quando il prezzo di bitcoin si è attestato sui 50 mila dollari l’uno.

La blockchain, il motore di bitcoin, è stata progettata in maniera tale che la rete stessa di Bitcoin rilasci nuova moneta digitale ogni 10 minuti, dietro soluzione dei calcoli che li proteggono. Per risolvere i calcoli servono computer sempre più potenti e sempre più energivori. Ma la competizione nel settore  è aumentata enormemente e oggi le factory che estraggono bitcoin sono interi capannoni di computer interconnessi intenti
a risolvere calcoli. Ed è questo che rende il loro trasferimento così complesso.

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