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Pagamenti digitali, Italia maglia nera Ue: pesa il gap di competenze



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Il centro studi di Unimpresa registra 199 operazioni online pro-capite a fronte delle 424 della Francia e delle 329 della Germania. Al top il Lussemburgo con 8.738 transazioni per cittadino

Pubblicato il 14 ago 2024



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Quando si parla di pagamenti digitali, il divario dell’Italia col resto d’Europa è ancora ampio. Se si analizza la classifica dei paesi del Vecchio continente sulla base del totale delle operazioni di pagamento effettuate con strumenti diversi dal contante emergono notevoli differenze tra le varie nazioni, ma l’Italia spicca per la sua posizione a fondo classifica.

L’Italia fanalino di coda in Europa sui pagamenti digitali

Con un totale di 199,5 operazioni pro-capite, l’Italia è tra i mercati con il minore utilizzo di strumenti di pagamento alternativi al cash. La media dell’area euro per i pagamenti digitali è di 370 operazioni per cittadino. Ma il dato tricolore è particolarmente significativo se confrontato con altre grandi economie europee. In Francia, il numero totale di operazioni è di 424, più del doppio rispetto all’Italia. Anche la Germania supera di gran lunga l’Italia, con un totale di 328,8 operazioni. Pur essendo noto che i tedeschi mantengono una certa predilezione per il contante, i numeri mostrano comunque un utilizzo molto più elevato degli strumenti di pagamento elettronici rispetto agli italiani. Un confronto interessante si può fare anche con la Spagna, dove il totale delle operazioni pro-capite è di 289,5. Anche qui, nonostante la Spagna condivida con l’Italia alcune caratteristiche culturali e economiche, c’è una chiara differenza nell’adozione di strumenti di pagamento alternativi. Se guardiamo al di là di queste grandi economie, la Lituania mostra numeri straordinariamente alti, con rispettivamente 1.041 operazioni per cittadino. Fuori classifica il Lussemburgo, dove la media pro-capite per bonifici e transazioni digitali varie è addirittura pari a 8.738. Lo scenario è delineato dal centro studi di Unimpresa, che ha analizzato dati della Banca d’Italia.

L’innovazione non deve essere una barriera

La differenza tra le varie performance, notano gli analisti, potrebbe essere attribuita a vari fattori, tra cui una maggiore diffusione delle infrastrutture digitali e una cultura più radicata nell’uso dei pagamenti elettronici.

“I pagamenti digitali offrono indubbi vantaggi in termini di comodità e sicurezza. Consentono transazioni rapide, spesso tracciabili, riducendo il rischio di furto o smarrimento del denaro. Tuttavia, è fondamentale che l’adozione di questi strumenti avvenga in modo volontario e consapevole, senza che venga imposto un abbandono forzato del contante”, osserva la presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. “La scelta di come pagare dovrebbe essere lasciata agli individui, rispettando le loro preferenze e necessità. L’innovazione tecnologica nel campo dei pagamenti non può e non deve essere frenata, in quanto contribuisce a rendere l’economia più efficiente e connessa. Tuttavia, è cruciale che tale innovazione non diventi una barriera per chi non è avvezzo all’uso di dispositivi digitali o che, per varie ragioni, preferisce non utilizzarli. Un equilibrio tra questi due mondi consente di garantire inclusività, libertà di scelta e un’adozione progressiva e non coercitiva delle nuove tecnologie, rispettando al contempo i diritti e le esigenze di tutti i cittadini”.

Crescono i prelievi degli italiani al bancomat

D’altra parte, sempre secondo Unimpresa, gli italiani continuano a rifornirsi di contante al bancomat: se nel 2022 il cash prelevato si è attestato a 350 miliardi di euro, nel 2023 la cifra è salita a 360 miliardi (+2%): in sostanza, quasi un miliardo di euro viene quotidianamente ritirato dagli Atm.

Stando al report del centro studi di Unimpresa, per quanto riguarda la moneta virtuale e i pagamenti digitali, l’anno scorso le operazioni sono arrivate a 11mila miliardi di euro tra bonifici (che coprono il 94% di questo comparto), assegni bancari e circolari, e carte di credito o di debito. Un incremento che, in ogni caso, non frena la moneta di plastica, usata di più rispetto al passato: 426 miliardi di euro di transazioni nel 2023 contro 382 miliardi di euro del 2022, vale a dire 44 miliardi di euro in più in un anno (+11,5%). E sale significativamente anche la diffusione: le tessere in circolazione sono oltre 120 milioni tra carte di credito (21 milioni), carte di debito (67 milioni) e prepagate (33 milioni). Anche qui siamo di fronte a una crescita, oltre 5 milioni di pezzi in più tra il 2022 e il 2023 (+4,5%): nel dettaglio, le carte di credito in più sono 300mila (+1,4%), quelle di debito 2,7 milioni in più (+4,2%) e le prepagate, che con sempre maggiore frequenza i genitori danno ai figli minorenni per gestire le paghette settimanali, sono cresciute di 2,1 milioni (+7,1%).

La coesistenza tra denaro contante e strumenti di pagamento digitali è un tema di grande rilevanza nell’odierno contesto economico e sociale”, spiega Giovanna Ferrara. “Il denaro contante rappresenta uno strumento di libertà individuale, offrendo la possibilità di effettuare transazioni senza lasciare tracce digitali, preservando così la privacy e consentendo un controllo diretto sulle proprie finanze. Inoltre, il contante è essenziale per molte persone, specialmente per coloro che hanno difficoltà ad accedere o utilizzare i moderni strumenti digitali. Per esempio, anziani e persone con limitate competenze tecnologiche trovano nel denaro fisico un mezzo più semplice e immediato per gestire i propri acquisti quotidiani. È importante anche smentire definitivamente l’equazione denaro contante uguale evasione fiscale. Questa associazione non solo è ingiusta, ma rischia di stigmatizzare chi sceglie il contante per motivi legittimi e personali. La lotta all’evasione fiscale è un obiettivo fondamentale, ma essa deve essere condotta attraverso strumenti di controllo efficaci e politiche fiscali mirate, senza criminalizzare l’uso del contante, che resta un mezzo di pagamento perfettamente legale e legittimo”, chiosa la presidente di Unimpresa.

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