Il governo va avanti sulla cessione di PagoPA. Lo ha detto il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, in audizione nelle commissioni riunite Bilancio e Trasporti della Camera e Finanze e Ambiente del Senato sull’alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal Mef nel capitale di Poste italiane Spa.
“Sull’operazione PagoPA non c’è nessuna volontà strumentale di fare una specie di aggiotaggio di borsa per valorizzare ulteriormente Poste ai fini del collocamento sul mercato relativo alla vendita della quota. Noi intendiamo andare avanti in quell’operazione – ha spiegato – Le obiezioni dell’Antitrust le abbiamo lette, le stiamo valutando e cercheremo di darvi risposta. Ma noi riteniamo che quella sia un’operazione di razionalizzazione di sistema”.
L’operazione è prevista dall’articolo 20 del decreto Pnrr nel quale stabilisce l’ingresso dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (fino al 51%) e di Poste Italiane (per la restante quota) nel capitale della società.
Proprio sull’ingresso di Poste in PagoPA si sono soffermati nei giorni scorsi i rilievi dell’Antitrust.
In un documento depositato in commissione Bilancio della Camera l’Authority scrive: “in una prospettiva di garanzia del mercato e dei diritti degli operatori potenzialmente interessati, l’individuazione del cessionario della quota del 49% dovrebbe avvenire ad esito di un’asta competitiva o comunque di una procedura che valuti e metta a confronto più manifestazioni di interesse”.
La memoria dell’Antitrust
“L’Autorità ritiene che la norma di legge presenti alcune criticità concorrenziali sia su un piano generale, con riferimento alla modalità seguita per la cessione al mercato della società pubblica, sia per le specifiche caratteristiche del soggetto cessionario individuato dal legislatore”, si legge nella memoria firmata dal presidente Roberto Rustichelli.
“PagoPA si pone quale nodo pubblico dei pagamenti digitali e gode di un significativo, ‘non replicabile’ vantaggio rispetto a qualunque altra piattaforma venisse costituita dai privati”, spiega l’Antitrust, osservando che “l’articolo 20 del decreto-legge, nella misura in cui dispone l’ingresso nel capitale della società pubblica di un operatore di mercato, comporta l’attribuzione in via diretta anche a detto operatore – scelto ad libitum dal legislatore – del privilegio riconosciuto alla piattaforma, con conseguente partecipazione dello stesso alla (relativa) quota di profitti. Anche in ragione di ciò, si rende indispensabile l’adozione di modalità trasparenti e non discriminatorie per poter trasferire a un soggetto di mercato parte dei benefici connessi al godimento di un privilegio riconosciuto ex lege”.
Focus sull’ingresso di Poste
Specificamente sull’ingresso di Poste nel capitale di Pago PA, l’Antirust osserva: “potrebbe sollevare alcune rilevanti problematicità nel funzionamento del mercato, che investono in primis il settore dei pagamenti digitali e poi quello delle notifiche digitali”.
“Alla luce delle considerazioni svolte – conclude l’Antitrust -, si chiede al legislatore di voler valutare modalità alternative a quella prevista dalla norma che siano idonee ad individuare secondo procedure trasparenti e non discriminatorie un soggetto qualificato, prevedendo altresì adeguati presidi a garanzia della sua neutralità”.
Il ricorso a una simile procedura è la sola modalità, insiste l’Antitrust, che permetta di “selezionare l’operatore più qualificato”. Si invoca quindi “un’asta competitiva o comunque una procedura che metta a confronto più manifestazioni di interesse”.
Viceversa la scorciatoia governativa risulta «in conflitto con regole» che «assurgono a veri e propri principi ordinatori del sistema» anche per «la loro aderenza a principi euro-unitari e costituzionali».
In ogni caso, precisa l’Authority, le “operazioni che prevedano la modifica del controllo societario come quella prevista dall’articolo 20 soggiacciono alla disciplina in materia di concentrazioni e devono essere sottoposte al controllo preventivo dell’autorità antitrust competente”.
Gli emedamenti al decreto Pnrr
Intanto il governo, tramite la susìs maggioranza, si muove sull’operazione. Un emendamento di Forza Italia, a prima firma D’Attis, prevede che si ceda il 51% di PagoPa all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e che si attribuisca il restante 49% tramite gara cui possono partecipare banche e prestatori di servizi di pagamento aderenti alla piattaforma. Nella modifica proposta da Forza Italia, si prevede che “con procedure e modalità adottate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e tenuto conto della relazione giurata di stima”, i diritti di opzione per l’acquisto del 49% della partecipazione azionaria detenuta dallo Stato in PagoPa siano “attribuiti, a titolo oneroso, sulla base di manifestazioni di interesse da parte di banche e prestatori di servizi di pagamento aderenti” alla piattaforma.
Una seconda proposta sempre di Forza Italia (a prima firma D’Attis), identica ad un emendamento del Pd (a prima firma Roggiani), prevede invece che siano attribuiti all’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato i diritti di opzione “per l’acquisto dell’intera partecipazione azionaria” detenuta dallo Stato in PagoPa. Il corrispettivo della cessione, si precisa, “è determinato sulla base di una relazione giurata di stima” prodotta da uno o più soggetti di adeguata esperienza e qualificazione professionale nominati dal Mef. Sulla stessa norma sono stati presentati anche diversi emendamenti dell’opposizione: alcuni emendamenti di Pd, M5s, Iv e Avs ne chiedono la soppressione; una proposta del Pd (a prima firma U. Pagano) chiede che la restante quota di partecipazione vada “ad almeno due soggetti cessionari scelti con procedura volta a valutare le manifestazioni di interesse”; un altro emendamento del Pd (a prima firma Roggiani) propone che la restante quota venga attribuita “attraverso una gara pubblica”.