LE RILEVAZIONI

Green economy, il venture capital non crede nelle startup italiane: solo 13 finanziate in 5 anni

Dal 2015 al 2020 i progetti “verdi” hanno raccolto 36,8 milioni su 2.458 complessivi, secondo l’Osservatorio Polimi. Rari i fondi con orizzonte di investimento superore ai 10 anni. In Europa è l’investitore pubblico a fare la parte del leone

Pubblicato il 24 Feb 2022

green

Il venture capital italiano non crede nelle startup “green”. Dal 2015 al 2020 sono state appena 13 le imprese con queste caratteristiche che hanno ottenuto finanziamenti, su un totale di 1.195,
per 36,8 milioni di euro su 2.458. Ma in Europa è ancora il soggetto pubblico a investire: il 30% dei fondi di Horizon 2020 è andato a progetti cleantech.

Emerge dall’analisi dell’Osservatorio Climate Finance della School of Management del Politecnico di Milano secondo cui la punta minima di investimenti in soluzioni per energie rinnovabili, materiali avanzati e nella mobilità sostenibile si è verificata nel 2020, con appena 400mila euro investiti, e la massima nel 2018, con 18,4 milioni.

Investimenti privati: digitale batte green

Eppure, si legge nel report, “il mercato del venture capital nostrano non è certamente in crisi, anzi cresce di anno in anno (nel 2021 si è superato il miliardo di investimenti), ma preferisce concentrarsi sulla digitalizzazione e i servizi web, oppure sul biotech e il nanotech, dove identifica e sceglie le iniziative più promettenti e le aiuta a svilupparsi, invece che su aziende impegnate a misurare, gestire e mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici”.

“Non ci aspettavamo cifre così basse – ammette Roberto Bianchini, direttore dell’Osservatorio Climate Finance della School of Management del Politecnico di Milano – . Nonostante gli allarmi continui sulle ripercussioni anche economiche dei cambiamenti climatici, gli investitori privati non vedono una convenienza nel finanziare imprese che per dare risultati hanno bisogno di un arco temporale molto lungo, anche superiore ai 10 anni. Sono rari i fondi con questo orizzonte d’investimento. Inoltre, le startup che sviluppano tecnologie o soluzioni per – ad esempio – ridurre le emissioni, recuperare materiali, potenziare le fonti rinnovabili di energia, abbassare le temperature realizzano un beneficio per la collettività che non sempre è possibile monetizzare per un investitore un privato”.

Sul green vincono gli investimenti pubblici

La parte del leone ancora la gioca l’investitore pubblico, soprattutto a livello europeo: nel programma Horizon 2020, ben il 24,4% dei progetti su cui ha investito la Comunità europea riguardano la mitigazione del cambiamento climatico, per un totale di 20,8 miliardi di euro che rappresentano però il 30,5% dei finanziamenti totali, con un supporto medio per ciascuna iniziativa più alto (2,4 milioni contro 1,7).

Anche l’Italia ne ha beneficiato: 1,7 miliardi sono andati a progetti il cui soggetto coordinatore è italiano, e altri 11 a cordate con almeno un player italiano.

Ma l’Europa investe più dell’Italia

A livello europeo, però, sono molto più coinvolti anche i soggetti privati: il 60% dei progetti cleantech, cioè che riducono l’impatto ambientale, vede la partecipazione di almeno una impresa (contro il 39% di quelli non cleantech) e nei consorzi le aziende rappresentano il 43% dei partecipanti, quasi il doppio della media (25%).

Crowdfunding ancora poco “incisivo”

Sul fronte finanza alternativa è minimo l’impatto delle iniziative di crowdfunding. “Al momento, sembra che questa fonte di finanziamento non possa rappresentare una soluzione strutturale – commenta Vincenzo Butticè, vicedirettore dell’Osservatorio -: finora i dati dimostrano che le campagne ‘verdi’ hanno meno probabilità di avere successo rispetto alle altre, soprattutto quando vengono lanciate da Paesi in cui le istituzioni sono meno orientate alla sostenibilità ambientale”.

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