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Green economy, in Italia il digitale sarà la leva per la decarbonizzazione

Secondo i risultati di uno studio a firma di Atos Italia e The European House Ambrosetti, grazie a 20 iniziative strategiche le nuove tecnologie avranno un impatto di oltre il 50% sui settori che influenzano le emissioni inquinanti del nostro Paese

Pubblicato il 22 Ott 2021

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Trasformazione digitale e rivoluzione verde sono i pilastri al centro dei piani di ripartenza post pandemica a livello europei: due direttrici strategiche e congiunte, sfide improrogabili per le presenti e future generazioni e abilitatori fondamentali per una economia e una società più sostenibili e resilienti. Quali sono le sinergie possibili tra transizione verde e transizione digitale e che contributo dare portare le nuove tecnologie alla realizzazione degli obiettivi climatici dell’Europa e dell’Italia?

A queste domande ha provato a rispondere la ricerca ‘Verso una net zero society. Tecnologie e strategie digitali per un mondo a emissioni zero’, il progetto realizzato da Atos Italia e The European House – Ambrosetti per quantificare scientificamente quale sarà l’impatto della digitalizzazione nell’impegno verso una ripartenza del Paese sostenibile e decarbonizzata.

I risultati dello studio

Secondo quanto emerso dalla ricerca, il digitale e l’evoluzione tecnologica informatica potranno contribuire ad oltre il 50% del percorso di decarbonizzazione e neutralità climatica italiana da oggi al 2050, realizzando un impatto cruciale e di assoluto rilievo.

“Nella strada italiana per la transizione”, si legge in una nota, “sarà necessario implementare 20 leve digitali strategiche, acceleranti o abilitanti – tra Automazione, Intelligenza Artificiale, Internet of Things, High Performance Computer, Digital Twin e Piattaforme digitali – in favore degli otto settori oggi maggiormente coinvolti nei consumi di emissioni inquinanti del Paese: i trasporti, il settore elettrico, il settore manifatturiero, i servizi, i rifiuti, le famiglie e i consumi domestici, l’agricoltura, i processi industriali e altre fonti fossili”.

Per valutare l’impatto di queste iniziative è stato realizzato un modello interpretativo articolato: un “prisma” attraverso cui filtrare l’apporto delle tecnologie digitali al processo di decarbonizzazione, considerando le sette dimensioni cruciali di efficienza, circolarità, elettrificazione, sostituzione delle fonti fossili, conservazione dell’energia, rimozione della CO2 e infrastrutture. Il modello di impatto è stato costruito a partire dalla più appropriata letteratura scientifica specializzata, a cui è stata affiancata una operazione di dialogo e rendicontazione diretta a fianco delle principali aziende italiane, capofila nei programmi di decarbonizzazione.

Entro il 2050 la dimensione quantitativa del peso del digitale al processo di decarbonizzazione italiano è addirittura maggioritaria rispetto alla componente ‘non digital’: il contributo diretto e indiretto del digitale sarà infatti responsabile del 53,2% dell’abbattimento delle emissioni inquinanti. Di queste, il 17,8% sarà abbattuto direttamente dal digitale, e il 35,4% in maniera indiretta.

A livello di settore, il contributo diretto e indiretto del digitale risulta importante in quelli in cui si concentra, ad oggi, la produzione di CO2 italiana: in particolare il settore del trasporto stradale, quello elettrico e quello dei processi industriali e fonti fossili. Insieme, questi settori pesano per il 58,7% delle emissioni italiane del 2019 ma, grazie agli impatti diretti ed indiretti del digitale, vedranno una riduzione rispettivamente del 100%, 85,5% e 42,5%.All’estremo opposto, invece, risultano più marginalmente impattati dal digitale il comparto dei rifiuti e quello agricolo, con rispettivamente un contributo del digitale – diretto ed indiretto – del 12,8% e 5,2% delle emissioni che questi settori dovranno abbattere.

Un New Deal delle competenze digitali

Lo studio ha quindi presentato alcune proposte strategiche per il sistema Paese, concrete ed azionabili, con il fine di trasformare l’Italia in avanguardia tecnologica ed industriale nella transizione verde globale: lanciare un New Deal delle competenze digitali, con la creazione diffusa di corsi di cittadinanza digitale, coding e data science a partire dalla scuola d’infanzia, con un investimento nell’alfabetizzazione informatica degli stessi docenti; valorizzare la sinergia tra digitalizzazione e sostenibilità nei criteri allocativi e per la selezione dei progetti e l’allocazione dei fondi del Pnrr, a livello nazionale come a livello locale; creare dei poli di eccellenza per lo sviluppo di tecnologie digitali per la decarbonizzazione nei settori del trasporto, sistema elettrico e per i servizi (settori in cui si concentra l’impatto del digitale), che abbiano l’obiettivo di sviluppare ecosistemi di impresa con leadership tecnologica e industriale a livello globale; costruire un indicatore che misuri l’impatto della digitalizzazione sulla transizione verde, che ne permetta la misurazione nel tempo e un confronto continuativo tra Paesi.

“Digitalizzazione e decarbonizzazione hanno destini ‘gemelli’, destinati a crescere e a prosperare insieme nella casa italiana ed europea. Per comprendere le sinergie tra questi due percorsi ineludibili è però necessario quantificarne il reciproco contributo, analizzarne le potenzialità e attorno ad essi disegnare linee di sviluppo concrete per le presenti e future generazioni. Questo è ciò che abbiamo voluto realizzare presentando oggi questo studio”, commenta Giuseppe Di Franco, Presidente e Amministratore Delegato di Atos Italia e Vicepresidente di Atos Group. “Il digitale è la leva chiave per la decarbonizzazione, così come per l’efficienza produttiva, due obiettivi congiunti che permettano all’Italia di realizzare una leadership economica e industriale su scala globale. Oggi siamo alle porte di un processo che, in favore del sistema Paese, chiama in gioco in primo luogo le competenze professionali e la formazione del capitale umano, per attivare una necessaria rivoluzione culturale digitale”.

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