Oggi, per le aziende di qualsiasi settore o Paese è urgente poter realizzare e gestire supply chain sostenibili. E la tecnologia riveste un ruolo fondamentale nel conseguire gli obiettivi di sostenibilità: i dirigenti vedono i benefici concreti dell’impiego di cloud, mobile e IoT nelle supply chain, traducibili in processi più efficienti e capacità decisionali più consapevoli. Lo afferma lo studio realizzato da Sap e Oxford Economics, “Il paradosso della supply chain sostenibile” (SCARICA QUI IL REPORT COMPLETO), il quale mette in luce anche che sono proprio i settori più tecnologicamente avanzati quelli che hanno fatto registrare più progressi nell’assicurarsi fornitori con materiali sostenibili: in questo, le aziende high-tech (72%) superano ampiamente le aziende delle telecomunicazioni (53%).
La ricerca si fonda sulle interviste a 1.000 supply chain manager di tutto il mondo e tutti i settori per identificare le aree principali dove è possibile coniugare gli obiettivi apparentemente divergenti di sostenibilità, innovazione e resilienza con alcuni dei criteri più importanti per i consumatori, come il prezzo.
Un’esigenza competitiva
Le aziende stanno iniziando a dare priorità alla sostenibilità per soddisfare il principio base del business: soddisfare le richieste dei clienti. Ampliare la quota di mercato è una priorità strategica assoluta per tutti gli intervistati, seconda solo alla produttività. In risposta alla domanda su cosa influenzasse maggiormente gli sforzi di sostenibilità della propria organizzazione, i primi due elementi citati sono stati l’innovazione di prodotti e servizi (43%) e la soddisfazione dei clienti (40%), seguiti dal rispetto delle norme e dal vantaggio competitivo. Benché le richieste dei clienti eserciteranno sempre un’influenza decisiva sulla strategia di un’azienda, emerge una nuova sensibilità degli executive verso la sostenibilità, sostenuta da vantaggi che vanno oltre gli immediati ritorni finanziari.
Necessità di una strategia chiara
La maggior parte degli intervistati concorda tuttavia sulla necessità di un proposito e di una missione chiari per il successo a lungo termine delle loro organizzazioni, considerano la supply chain sostenibile un elemento distintivo rispetto ai concorrenti e affermano che buone pratiche di sostenibilità possono ridurre i rischi. Le iniziative a favore della sostenibilità stanno chiaramente diventando un’esigenza competitiva per ogni tipo di organizzazione. Tuttavia, le motivazioni e le strategie variano da un mercato all’altro. I manager del settore hi-tech, ad esempio, tendono ad avere prospettive più mature. Più di tre quarti concordano sul fatto che le buone pratiche di sostenibilità riducono i rischi complessivi, contro il 61% del campione. Tra loro, più che in qualsiasi altro settore, è maggiore inoltre la probabilità di portare avanti un piano di riduzione delle emissioni di carbonio (71%).
Traguardi ambiziosi esigono un monitoraggio costante, con il rischio però che ci si fermi a fissare obiettivi di sostenibilità relativi alla catena di approvvigionamento piuttosto che fare passi concreti per raggiungerli. Più di due terzi degli intervistati, ad esempio, ha creato una dichiarazione di intenti chiara sulla sostenibilità (e un ulteriore 21% la sta redigendo), ma la percentuale di chi afferma di compiere progressi rispetto ai propri obiettivi è molto bassa. Solo il 52%, ad esempio, ha ridotto le miglia di spedizione complessive: in questo, le aziende di prodotti di consumo hanno fatto buoni progressi (58%) rispetto alle aziende high tech (48%).
Oltre due terzi del campione (69%) si dichiara disponibile a ridurre il volume di lavoro affidato a un fornitore le cui pratiche non sono sostenibili, eppure solo pochi – o addirittura nessuno – tra gli intervistati hanno una visibilità completa sui propri fornitori per procedere in questa direzione. La metà degli intervistati, ad esempio, ha una visibilità significativa o totale sulla catena di fornitura di prodotti sostenibili, mentre solo un 21% ha una conoscenza completa sull’approvvigionamento di prodotti sostenibili da parte dei suoi fornitori.
Crucialità delle nuove tecnologie
In questo scenario, emerge che le tecnologie nuove ed emergenti possono fornire risultati a lungo termine, senza tuttavia che i dirigenti trascurino tecnologie più tradizionali come il cloud e il mobile. Il cloud consente alle organizzazioni di aggregare dati da diverse fonti (tra cui i processi abilitati per mobile e IoT) per ampliare la visibilità, identificare potenziali inefficienze e prevenire interruzioni prima che si riversino a cascata lungo la supply chain. Mobile e IoT possono consentire il tracciamento e il monitoraggio in tempo reale delle spedizioni, fornire aggiornamenti istantanei per rendere più efficiente il processo logistico e ridurre quindi le emissioni.
I dati provenienti da queste fonti possono fornire informazioni al machine learning, alle torri di controllo o alle tecnologie di valutazione del ciclo di vita (Lca), creando un circolo virtuoso che migliora l’efficienza a monte e a valle della supply chain. Al momento, pochi dirigenti utilizzano le tecnologie emergenti nei loro processi di supply chain, e il cloud, il mobile e l’Internet of Things sono le più diffuse. Non sorprende che la probabilità di utilizzare tecnologie più avanzate nei processi sia maggiore per le aziende high-tech rispetto ad altre; il machine learning è utilizzato dal 22% delle aziende nel settore manifatturiero, rispetto al 9% complessivo, e dal 29% dedito alla manutenzione dei prodotti, rispetto al 10% del totale. L’energia (29%) e i beni di consumo (28%) sono in testa nell’uso dell’IoT nelle consegne (22% totale).
“Oggi siamo tutti più consapevoli che la sostenibilità non è un valore che si conquista solo aggiustando un processo, cercando di ridurre i consumi energetici o usando meno plastica – afferma Carla Masperi, Chief operating officer di Sap Italia e Grecia -. Deve essere invece un fattore centrale nella strategia di business dell’azienda e ricoprire un ruolo integrale nelle attività quotidiane che mantengono in funzione una supply chain, dalla progettazione alla distribuzione. Non intervenire sulla sostenibilità potrebbe far allontanare dal brand elementi importanti dell’organizzazione, partendo dai dipendenti e arrivando ai clienti, azionisti e partner”.