Il vantaggio della prima mossa è importante e Google intende sfruttarlo al massimo. Per questo si può affermare, il giorno dopo l’annuncio dell’accordo della casa di Mountain View con la Fiat-Chrysler guidata da Marchionne che, nel settore dell’hi-tech, Google anche qui ha ipotecato quello a cui tiene di più: l’accesso ai dati.
Nell’accordo con Fca infatti Google ottiene di montare a bordo alle auto senza pilota (nel caso concreto i minivan Pacifica di Chrysler) con le sue tecnologie e di poter misurare e analizzare tutto quel che succede. Google cioè fornisce informazioni ma al tempo stesso accede ad informazioni. Che, a ben guardare, è la cosa che l’azienda americana ha sempre fatto anche con il motore di ricerca, i blog, la posta elettronica, le mappe, i sistemi operativi per telefoni smart e tablet e tutto il resto. Avere accesso a informazioni.
Fca fornirà 100 minivan Pacifica di Chrysler per i prototipi di Google sui quali l’azienda, dopo anni di sperimentazione in proprio con i propri tecnici, potrà avere accesso a un know-how maggiore. Non ci si improvvisa produttori di automobili, come ben sa la Tesla di Elon Musk, in difficoltà crescente a tenere fede all’impegno di produrre decine se non centinaia di migliaia di prenotazioni di veicolo elettrici Model 3.
Il settore automotive è molto complesso, molto maturo e soggetto a fortissimi consolidamenti per giocare sulle marginalità e sulle economie di scala oltre che sull’innovazione. Per questo Marchionne e la Fiat a guida Elkann hanno cercato intensamente la fusione con un altro dei grandi del settore automobilistico: lo spazio è per i grandi gruppi, non per i battitori liberi per quanto innovatori. La produzione di automobili, per quanto innovative, sottostà alle leggi della fisica e degli atomi, con tutti gli attriti e le frizioni industriali che la leggerezza dei bit ci ha fatto dimenticare. La piccola startup può decollare dal garage di provincia e conquistare il mondo, ma solo se i suoi prodotti non richiedono fabbriche gigantesche, catene di montaggio, reti di distribuzione planetarie, certificazioni e manutenzione ovunque.
Per questo la sfida di oggi secondo Marchionne è quella della cooperazione tra colossi dell’automotive e della tecnologia e connettività. Ma in questa collaborazione chi prende la fetta più pregiata della leggerezza dei bit, cioè dei flussi di informazioni digitali? Con il suo blitz, previsto dai giornali ma non per questo meno sorprendente, Google si assicura il posto in prima fila per la raccolta delle informazioni su guidatore e passeggeri, itinerarti, scatole nere di controllo della marcia, contesto stradale. Una guerra dei dati ancora tutta da combattere, ma una guerra in cui per adesso gli eserciti avversari (quelli di Google contro quelli di Microsoft, di Apple, di Amazon e probabilmente anche di Facebook, oltre a quelli di Tesla e a quelli dei produttori di automobili oltre ai cinesi ad esempio di Huawei e ai coreani di Samsung) si stanno semplicemente schierando.
Chi prenderà posizione di vantaggio, le colline e gli snodi delle battaglie campali per l’acquisizione dei dati sul traffico di persone immerse in un mondo definibile come “internet delle cose in movimento”, i cui usi e strumenti oggi possiamo solo cominciare a immaginare ma che ci accompagneranno per i prossimi venti, forse trent’anni, probabilmente non perderà la guerra e forse anzi potrebbe addirittura vincerla.
Uno studio della Juniper Research prevede che nel 2025 circoleranno già 20 milioni di automobili a guida autonoma, l’1 per cento dei veicoli presenti sul pianeta. Sarà solo l’inizio però. Boston Consulting valuta che entro il 2025 il mercato di sensori e microchip per l’auto a guida autonoma produrrà un mercato di 42 miliardi di dollari. Secondo Morgan Stanley l’ingresso di Apple e Google nel mondo dell’auto porterà a ridurre il numero dei costruttori da 35 a 6.
E questo è solo dal punto di vista tecnologico, diretto. Quello che accadrà dopo, possiamo solo immaginarlo. Un effetto non secondario anche se indiretto, che molti non considerano ma che due giorni fa è stato chiaramente richiamato da Warren Buffet (il creatore e Ceo del fondo di investimenti Berkshire Hathaway) quando ha osservato che le auto che si guidano da sole avranno un impatto molto negativo sul business delle assicurazioni: “In un mondo di auto che si guidano da sole gli incidenti diminuiscono notevolmente e quindi il prezzo delle polizze. Le assicurazioni dovranno disinvestire da questo settore e trovarne altri”. Probabilmente i servizio sanitario privato potrebbe essere uno sfogo interessante, ma solo a condizione che l’attuale sistema di welfare statale venga ulteriormente ridotto. Cosa nient’affatto improbabile.