LO STUDIO

Digital transformation, ultima chiamata per l’agroalimentare

Il report Digital Transformation Institute-Cisco Italia lancia l’allarme sul ritardo tecnologico delle aziende vitivinicole e non solo. Gli investimenti Ict, che oggi latitano, sono destinati a crescere ma rischiano di non essere sufficienti: mancano competenze e approcci di sistema

Pubblicato il 04 Mag 2017

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Il settore agroalimentare italiano deve cogliere adesso l’opportunità della trasformazione digitale. Questo il messaggio che lancia la ricerca “Gli Impatti della Digital Transformation sul settore Agrifood” realizzata dal Digital Transformation Institute con la collaborazione di Cisco Italia. Parliamo di uno dei settori principali dell’economia italiana, che impiega tra agricoltura e industria alimentare il 21,7% degli occupati italiani e che oggi per crescere e restare competitivo deve affrontare anche la trasformazione digitale. Non sembra però che il mercato lo stia facendo.

Ad esempio, nel nostro settore vitivinicolo mappato dal report, il 77,3% delle aziende non ha fatto investimenti a valore in tecnologie Ict, o ne ha fatti per meno di 5mila euro negli ultimi cinque anni. I segnali positivi ci sono: perché il 52% delle imprese ha intenzione di fare investimenti superiori a questa soglia nel prossimo futuro, ma bisogna coinvolgere anche quel 31% di aziende, specie medio-piccole, che non ha espresso lo stesso livello di interesse.

“Il settore agroalimentare ha un peso molto importante nell’economia del nostro paese, per questo è fondamentale che si inserisca con decisione nel trend della digitalizzazione. Attraverso questa ricerca spiega – Michele Festuccia, responsabile dei progetti rivolti al settore agroalimentare nel piano di investimenti Digitaliani di Cisco Italia – abbiamo voluto comprendere nel dettaglio lo stato dell’arte in termini tecnologici di un comparto molto complesso, composto da realtà molto diverse fra loro e da filiere differenti: uno sguardo di insieme necessario per trovare un linguaggio comune con cui rivolgerci al settore e supportare la sua trasformazione digitale”.

Festuccia si dice convinto che oggi “abbiamo a disposizione soluzioni che possono esaltare ancora di più l’eccellenza che il nostro agroalimentare esprime ed esporta in tutto il mondo, proteggerla e valorizzarla, ed allo stesso tempo capire di cosa ha bisogno: ad esempio, come emerge dalla ricerca, ha bisogno di formazione, di un approccio più sistematico, di maggiore supporto nello sfruttare l’impatto dell’innovazione: e noi dobbiamo tenerne conto”.

Dalla mappatura emerge l’assenza di un vero quadro di insieme che, spiega il rapporto, rende più difficile diffondere nel settore la consapevolezza delle opportunità della tecnologia e l’urgenza di coglierle per restare competitivi a livello globale. Questa difficoltà è accentuata da un altro grande problema: la scarsa presenza nel settore di figure qualificate, con le competenze necessarie per guidare una trasformazione digitale. Senza una guida, è ancora più difficile sviluppare la percezione del bisogno di innovazione e, nel caso, affrontare il tema della digitalizzazione in modo sistematico.

Scarsa percezione del bisogno di innovazione e assenza di un approccio sistematico sono gli altri punti dolenti evidenziati dalla ricerca, che hanno conseguenze gravi come l’incapacità di valutare efficacemente l’impatto degli investimenti che pure vengano fatti. L’attenzione alla digital transformation è prevalente nelle aziende di dimensione industriale, ed emerge che a percepire davvero i vantaggi della digitalizzazione sono di fatto solo le aziende che già investono in tecnologie digitali. È il classico serpente che si morde la coda, con un meccanismo che rischia seriamente di lasciare indietro quella che Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute, definisce la “coda lunga” del settore agroalimentare, composta da migliaia e migliaia di aziende piccole e medie. Quest’ultime attraverso la tecnologia potrebbero affacciarsi su un mercato più ampio, migliorare il controllo dei loro processi produttivi, riconoscere e far riconoscere la qualità, l’eccellenza, l’originalità dei loro prodotti e crescere.

“Una visione di insieme, in grado di declinare nell’ottica del settore agroalimentare e agroindustriale le tendenze tecnologiche chiave, non solo in ambito ICT – spiega Epifani – permetterebbe di mettere in campo un approccio condiviso, capace di aiutare i processi di crescita, favorire l’aggregazione e una progettualità più forte in un settore frammentato e variegato”.

Guardando alle previsioni di investimento futuro, si nota una tendenza a considerare maggiormente il valore della digitalizzazione. Il 52% delle aziende ha intenzione di investire più della soglia minima di 5mila euro (il 30% di chi intende investire è composto da aziende medio grandi). Il 31% della parte restante che non intende investire è composto da aziende medio piccole.

Le tecnologie su cui si intende investire in futuro sono in particolare quelle legate al ciclo della produzione e all’ottimizzazione dei processi di trasformazione (49% e 57% le ritiene interessanti) e sono centrali i temi legati alla tracciabilità e sicurezza del prodotto, ma anche la logistica e il management e gestione dell’impresa.

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