La richiesta di una qualità sempre più elevata per i prodotti, unita alla necessità del distanziamento tra i lavoratori causa coronavirus, spingono le fabbriche del Giappone a moltiplicare l’impiego dei robot, allargandone l’utilizzo al compito del controllo qualità, tradizionalmente riservato agli operatori in carne ed ossa.
In aziende come Toyota e Musashi Seimitsu Industry, che costruisce componenti per auto, i robot stanno in parte svolgendo il lavoro degli ispettori della qualità del prodotto finito, con un superamento del sistema “genchi genbutsu” o “vai a vedere” inaugurato dalla stessa Toyota e poi seguito da molte fabbriche giapponesi.
Adesso, però, come si legge in un’analisi condotta da Reuters, i clienti si aspettano una qualità sempre più elevata e l’errore nel controllo dei prodotti va ridotto al minimo. Il Covid-19 fa il resto: se il robot affianca l’uomo, meno operatori sono presenti in contemporanea nella sede di lavoro. E, soprattutto, gli specialisti finora “bloccati” su lunghi e ripetitivi controlli di qualità possono essere impiegati per mansioni più creative che fanno crescere l’azienda.
Automazione per la qualità
L’ispezione di un pezzo finito richiede circa 2 secondi con il robot – esattamente quanto ci mette un ispettore – per arrivare a circa 1.000 unità controllate per turno di lavoro. Ciò richiede alte competenze e lunga esperienza, spiegano dalla Musashi Seimitsu, ma non si tratta di un lavoro creativo. “Noi vorremmo liberare i nostri addetti da questo tipo di mansione”, afferma il Ceo Hiroshi Otsuka.
Anche Toyota ha chiarito: “Siamo sempre alla ricerca di modi per migliorare il processo produttivo, inclusa l’automazione, laddove ha senso utilizzarla”.
L’automazione è già ampiamente diffusa nelle fabbriche giapponesi, ma il controllo qualità è rimasto finora appannaggio degli addetti “umani”. Adesso, però, c’è bisogno di garantire il distanziamento e di rendere il processo veloce e efficace al massimo: “Vediamo crescere il divario tra la qualità dei prodotti realizzati nelle normali linee di assemblaggio e la qualità che i nostri clienti esigono“, afferma Kazutaka Nagaoka, Chief manufacturing officer di Japan Display, fornitore di Apple e di diverse case automobilistiche. “La qualità dei prodotti che escono dai reparti automatizzati è molto più alta”.
Il ruolo dell’AI
Non basta tuttavia il robot: per un controllo qualità sempre più perfezionato, deve entrare in gioco un sistema specifico di intelligenza artificiale. Se, infatti, il tasso di difetti è molto basso – come alla Musashi Seimitsu, dove è di una falla ogni 50.000 unità – ci sono pochi dati da usare per sviluppare un algoritmo di AI che sappia riconoscere tutti i possibili difetti.
In aiuto di molte aziende manifatturiere giapponesi è arrivata la startup israeliana SixAI, fondata dall’imprenditore Ran Poliakine, che basa il suo algoritmo di AI non sui dati relativi ai difetti ma su quelli relativi al prodotto perfetto. Il compito del robot è abbinare le sue informazioni sul prodotto che supera al 100 per cento il controllo di qualità con quello che ha davanti.
Il Covid e lo smart working accelerano il trend
SixAI si è alleata con Musashi Seimitsu creando la joint venture MusashiAI, che sviluppa e impiega robot per il controllo qualità – un primato nel settore dell’Industria 4.0. Le richieste da parte di produttori di automobili e componentistica e aziende di altri settori in Giappone, India, Stati Uniti e Europa si sono moltiplicate da marzo, ovvero dallo scoppio della pandemia di coronavirus.
Anche il produttore di componenti per auto Marelli, che ha sedi in Italia e in Giappone, ha iniziato a usare da inizio anno i robot per il controllo qualità in una fabbrica giapponese e intende ampliarne l’impiego nei prossimi anni.
“Il Covid-19 ha accelerato il trend”, dichiara Poliakine alla Reuters. “Il mercato vola”. Il cambiamento è legato anche alla diffusione dello smart working: il robot in fabbrica si può controllare e guidare da remoto.
Otsuka, il Ceo di Musashi Seimitsu, non vede però un futuro di fabbriche interamente automatizzate: l’AI complementerà e non sostituirà il sistema del “vai a vedere”. “L’AI non si chiede il perché, le persone lo fanno. La nostra intenzione è perciò di usare i nostri esperti per capire perché e come avvengono le falle nei prodotti“, dichiara Otsuka. “Questo permetterà di migliorare sempre più la produzione, che è il vero obiettivo del ‘genchi genbutsu’”.