In Italia essendo privi di grande capitale finanziario privato ma dotati di grande capitale umano “occorre individuare la via per Industria 4.0 mantenendo la produttività del capitale umano con l’innovazione quotidiana anche radicale, adeguando quindi le politiche attive per il lavoro, la formazione delle competenze e la creazione di standard aperti”. E’ quanto si legge nelle conclusioni dell’indagine conoscitiva della commissione Attività Produttive della Camera su Industria 4.0 presentato oggi a Montecitorio. Alla presentazione anche il minstro per lo Sviluppo economico: Carlo Calenda ha annunciato che il piano italiano sarà pronto nella prima settimana di agosto mentre risorse ad hoc saranno inserite nelle prossima legge di stabilità.
La Camera individua 5 pilastri per digitalizzare il sistema produttivo italiano. Vediamo quali sono.
1. “GOVERNANCE” attraverso una cabina di regia governativa
Secondo i deputati la complessità intrinseca nel percorso di adozione di queste tecnologie richiede quindi una forte governance che indirizzi le attività e assicuri la coerenza di tutte le iniziative in ambito pubblico e privato. Sulla scorta degli esempi seguiti in nazioni a forte trazione manifatturiera, se in Italia si vuole creare quella necessaria coesione di sistema su obiettivi e strumenti facendo scalare e rendendo sistemiche le tante esperienze positive e buone pratiche già oggi presenti, in modo purtroppo ancora r otppo frammentato, vi è la necessità di imbastire un’architettura di governo pubblico-privata sul tema Industry 4.0 realizzando una Cabina di regia a livello governativo, con finalità analoghe alla Piattaforma 4.0 tedesca ma strutturata in maniera più snella e flessibile oltre che maggiormente indirizzata a far dialogare le parti in un’ottica di cross-fertilization piuttosto che con un modello dirigistico topdown.
Alla guida della Cabina di regia potrebbero essere chiamati la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dello sviluppo economico, in grado di coinvolgere altresì il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e il Ministero dell’economia e delle Finanze, oltre a rappresentanti dell’Agenzia per l’Italia Digitale, degli enti locali e delle regioni e figure di spicco provenienti dal mondo imprenditoriale, scientifico e sindacale.
2. Realizzare le INFRASTRUTTURE abilitanti
i. Piano banda ultralarga
L’avvio e il finanziamento del piano per la banda ultralarga e la definizione della strategia italiana per la crescita digitale sono in fase di attuazione – si legge nel testo – E’ auspicabile che la cablatura della rete nazionale in fibra ottica non solo nei cluster C e D, ad intervento diretto pubblico, ma anche le reti che gli operatori privati stanno costruendo proceda quanto più speditamente possibile.
La rapida cablatura delle aree a forte presenza industriale appare inoltre un obiettivo indispensabile per consentire lo sviluppo di industria 4.0. L’obiettivo dovrà essere complessivamente la creazione di un’infrastruttura solida, stabile e sicura, oltre che veloce.
ii. Sviluppo delle reti wireless e 5G
Lo sviluppo delle reti wireless rientra già tra gli obiettivi in corso di implementazione delineati nella strategia nazionale per la crescita digitale. Con riferimento alla rete mobile che, in Italia, presenta livelli di fruizione molto elevati a livello europeo la prospettiva fondamentale è legata alla creazione di adeguate infrastrutture per assicurare il pieno dispiegarsi delle reti di quinta generazione (5g). Le reti 5G assicurano copertura diffusa, una bassissima latenza, velocità e capacità illimitata di gestire traffico e di limitare i consumi in modo intelligente e autonomo. La ricerca industriale può contribuire a adeguare le future reti mobili alla prevedibile massiccia diffusione dei nuovi oggetti intelligenti e a colmare il ritardo italiano sulle reti di nuova generazione. Oltre a ciò occorre continuare negli investimenti nell’infrastrutturazione di base. Dovrà essere valutata la possibilità di rilascio anticipato di frequenze oggi a disposizione della TV Digitale terrestre a favore dei sistemi di trasmissione dati wireless.
iii. Reti elettriche intelligenti
La nuova rivoluzione industriale offre la possibilità di intervenire per massimizzare i benefici in termini di efficienza energetica dell’applicazione delle nuove tecnologie alla rete elettrica. Le nuove tecnologie IoT consentono di risolvere problemi di equilibrio tra consumo e distribuzione riconoscendo istantaneamente situazioni di interruzione e riconfigurando la rete per assicurare comunque l’erogazione di elettricità. Ciò può essere particolarmente utile con riferimento all’utilizzo dell’elettricità immessa in rete dagli impianti alimentati con fonti rinnovabili (eolico, solare, ecc.) e per equilibrare l’eventuale immissione in rete di elettricità proveniente da autoproduzione.
iv. Digital Innovation Hubs e cluster territoriali
Risulta necessario favorire la realizzazione, nelle aree in grado di divenire punti di riferimento trainanti della rivoluzione digitale, dei digital innovation hubs ossia veri e propri ecosistemi nei quali operino a stretto contatto ricerca e sviluppo, imprese innovative, grandi imprese, start-up, investitori che possono gettare le basi per garantire nel lungo termine il successo di determinati processi industriali. I nuovi prodotti e i servizi più innovativi vengono infatti sviluppati, nell’esperienza più recente, da aziende che lavorano a stretto contatto con altre aziende, università, istituti di ricerca e investitori.
Le imprese, specialmente le piccole imprese italiane, devono essere parte di questa integrazione. Si è visto come sia caratteristico del nostro sistema industriale l’integrazione delle filiere in cluster industriali capaci di coprire talvolta l’intera filiera e in altri casi di interfacciarsi con successo con clienti anche stranieri. E’ possibile così agire con un duplice approccio sia verticale sia orizzontale che faccia da traino alle Pmi (cluster, aggregatori territoriali) e permetta il continuo interscambio dei dati.
v. PA digitale e open data
Le piattaforme abilitanti pubbliche sono la chiave per dotare il Paese di alcuni asset chiave per favorire lo sviluppo di servizi digitali innovativi con l’obiettivo di digitalizzare i processi e integrare le pubbliche amministrazioni in un’ottica digital first nonché di aumentare l’utilizzo di servizi digitali da parte dei cittadini. La pomozione e la diffusione del sistema pubblico di identità digitale appare fondamentale, unitamente ad iniziative quali il processo civile e tributario telematico e la fatturazione elettronica.
Il Modello di Evoluzione Strategica del Sistema Informativo della Pubblica Amministrazione che prevede la realizzazione di infrastrutture immateriali condivise (quale il già citato sistema di identità), una architettura di riferimento dei sistemi informativi basata sulla separazione tra backend e frontend, consentendo alle imprese l’accesso diretto informatico ai backend tramite API (Application Programming Interfaces), risulterà un fattore propulsivo importante alla realizzazione di nuovi servizi digitali per cittadini ed imprese. Sotto il profilo delle strutture si ipotizza la progressiva virtualizzazione delle strutture server con ampio e diffuso utilizzo del cloud e della condivisione dei dati. Gli obiettivi e le tempistiche delineati per il conseguimento di tali obiettivi in tema di razionalizzazione/evoluzione in cloud dei data center, avendo quale riferimento è all’insieme dei data center della PA, circa 11.000 (entro il 2015: migrati 5%, trasformati 0%; entro il 2016: migrati 20%, trasformati 0%; entro il 2020: migrati il 70%, trasformati il 50%) richiedono l’implementazione del Piano Triennale dell’AGID. Appare auspicabile continuare su questa strada accelerando il processo di trasformazione.
3. Formazione per le COMPETENZE DIGITALI
La rapidità delle trasformazioni e la rapida obsolescenza delle professioni infatti ha fatto emergere come la formazione, oltre a fornire una base culturale, deve essere indirizzata ad “insegnare ad imparare”. La formazione tuttavia non può riguardare soltanto la scuola, ossia i cittadini che diverranno i lavoratori e gli imprenditori del futuro. Per cogliere tutte le opportunità (e scongiurare le minacce) derivanti dall’avvento del nuovo ecosistema di industry 4.0, la formazione va diretta anche alle attuali imprese (piccole e microimprese, ivi compreso il management intermedio) e agli attuali lavoratori rispetto ai quali l’aggiornamento delle competenze può assicurare non solo una più agevole permanenza nel mercato del lavoro ma anche opportunità importanti di crescita professionale.
Nel contesto attuale le nuove generazioni che si affacciano al mondo del lavoro cambieranno molte professioni diverse, trovandosi così a doversi riqualificare più volte. Ne consegue che le agenzie educative non solo devono formare i più giovani, ma anche coloro che sono già inseriti nel mondo del lavoro.
E’ evidente che gli orizzonti temporali ai quali fare riferimento rispetto a questi interventi sono differenziati. La riqualificazione del personale che svolge attività che rischiano di divenire rapidamente obsolete e il recupero della grande quantità di NEET (Not in Education, Employment or Training) che potrebbero trovare occasioni di lavoro attraverso una formazione mirata rappresentano obiettivi di breve periodo che possono essere conseguiti attraverso un adeguato stimolo e orientamento delle iniziative di formazione professionale. Altrettanto importante è l’azione nei confronti delle piccole imprese e delle microimprese rispetto alle quali è emersa da molte audizioni, da un lato, l’esigenza di promuovere una piena consapevolezza dei cambiamenti in corso in modo da comprenderne pienamente la portata e quindi anche le possibili opportunità. Dall’altro, è stata però segnalata la necessità di formazione specifica e diretta per le imprese ma anche per il middle management. Tali obiettivi potranno essere conseguiti nel medio periodo in quanto il processo di evoluzione richiede inevitabilmente un tempo più lungo.
Indispensabile è infine la riforma della formazione scolastica e post scolastica che preparerà i lavoratori e gli imprenditori del futuro. L’intervento quindi non ha efficacia immediata ma è indispensabile per colmare un gap di competenze che l’Italia sconta soprattutto nei confronti dei Paesi anglosassoni che da tempo hanno ricalibrato i loro percorsi formativi per l’inclusione di tecnologie ed internet con il necessario adeguamento delle metodologie didattiche.
4. RICERCA diffusa sul territorio e CENTRI DI RICERCA internazionali
L’obiettivo è quello di generare e promuovere nel lungo periodo una cultura diffusa dell’innovazione, volano per la società e per il tessuto produttivo. Affinché ciò si realizzi è importante, da una parte, poter garantire strutture di ricerca con laboratori e strumentazioni di livello che possano permettere agli scienziati di perseguire con successo le proprie ricerche e, dall’altra, adottare meccanismi di reclutamento e valutazione analoghi a quelli internazionali per riuscire ad attrarre i migliori scienziati e ricercatori riconosciuti a livello internazionale.
Nell’indirizzare le risorse economiche per massimizzare i ritorni di lungo periodo per il Paese, si delineano due elementi complementari ed imprescindibili: la presenza di un sistema d’istruzione di elevata qualità, distribuito sul territorio, che contribuisca a formare il capitale umano, ponendo le basi per il progresso culturale e scientifico del Paese; lo sviluppo di centri di eccellenza internazionale nella ricerca scientifica e tecnologica, capaci di concentrare risorse e fungere da riferimento per il sistema industriale nel veicolare gli elementi innovativi al tessuto produttivo.
Il stema formativo delle Università gioca un ruolo cruciale su diverse direttrici, quali:
• un’efficace risposta alla domanda di formazione superiore;
• l’internazionalizzazione dell’istruzione e della ricerca;
• lo sviluppo della cooperazione tra università e industria;
• la moltiplicazione dei luoghi di produzione della conoscenza;
• la riorganizzazione della conoscenza.
Al fine di supportare la trasformazione del sistema produttivo, non solo in ottica Industry 4.0, l’Università ha il compito di creare un sistema formativo di livello internazionale, denso di interazioni con le realtà europee ed internazionali, capace di adeguarsi ai continui cambiamenti imposti dal progresso delle tecnologie nell’ottica di favorire un approccio interdisciplinare. È auspicabile il rafforzamento di reti di eccellenza universitaria, aperte alla cooperazione nella ricerca e allo scambio continuo di studenti ed insegnati, da sviluppare a livello europeo e internazionale.
La definizione di programmi formativi che rispondano alle mutate esigenze delle imprese deve far parte delle linee evolutive delle Università. In questo quadro è importante calibrare il peso della missione del Trasferimento Tecnologico in modo da fornire alle Università gli strumenti adatti al ruolo che sono chiamate a compiere. È altresì auspicabile l’introduzione di meccanismi di verifica e adeguamento continuo dei metodi e dei risultati delle Università, in modo da rilevare indicatori oggettivi e confrontabili con il sistema universitario internazionale per intercettare le eventuali azioni correttive che si rendessero necessarie ed intervenire tempestivamente.
Anche nel settore della formazione avanzata potranno così adottarsi scelte d’investimento che stimolino un’organizzazione efficace, calata nel contesto territoriale di riferimento e confrontabile con realtà internazionali.
Olter a cio è essenziale la disponibilità di importanti infrastrutture di ricerca, concentrate in alcuni settori strategici, che possano costituire dei centri di eccellenza nella ricerca scientifica. Tali centri (large scale infrastructure) hanno il compito di costituire un riferimento internazionale su discipline che richiedono una massa critica unitamente ad trasferimento delle tecnologie al mercato in piena sinergia con il sistema universitario.
5. OPEN INNOVATION e STANDARD APERTI
Il Parlamento Europeo ha avviato un piano per la realizzazione di un Digital Single Market, con l’obiettivo di agevolare ed incentivare la compravendita in Europa di beni, servizi e contenuti. In questo contesto, è strategico che il Paese si adoperi per uniformare ed armonizzare il mercato digitale europeo, promuovendo policy che ne consentano un’evoluzione organica, senza tuttavia introdurre norme e standard nazionali che rischiano di incrementare il grado di frammentazione del settore.
In particolare, per quanto riguarda la definizione di standard tecnologici per l’interoperabilità di sistemi, processi e prodotti, un ruolo fondamentale può essere svolto dalla normazione tecnica volontaria consensuale per una standardizzazione anche relativamente alla strutturazione delle informazioni, alle piattaforme di acquisizione e scambio, alle codifiche di archiviazione e analisi dei dati, in linea con quanto previsto dall’Unione europea, con il regolamento 1025/2012, finalizzato ad impedire prassi anticoncorrenziali e orientato ad obiettivi di sviluppo, garantendo la libera circolazione dei servizi e un elevato livello delle prestazioni.
La vera sfida per il Made in Italy prodotto dal tessuto delle PMI riguarda soprattutto la capacità di gestione dei dati e l’utilizzo dell’ “Internet of things”. Una delle chiavi dell’industry 4.0 è la capacità di elaborare ed utilizzare grandissime quantità di dati, che modificano radicalmente tanto l’organizzazione del lavoro, quanto l’analisi dei mercati e la natura stessa di beni e servizi. La raccolta e l’analisi di dataset pubblici consente alle imprese – indipendentemente dalla loro dimensione – di comprendere le tendenze e i gusti dei consumatori, anche all’interno di mercati un tempo difficilmente accessibili. L’elaborazione di dati immediatamente disponibili sulle piattaforme online e sui social network e la raccolta di feedback online consente alle imprese di realizzare prodotti ad alto grado di personalizzazione, abbattendo i costi iniziali di sperimentazione.
Infine, la disponibilità di dati, correlata a strumenti a costo basso o nullo per la loro elaborazione, ha consentito la nascita di nuovi modelli di business e di ridefinizione di prezzi e tariffe. Molti beni e servizi possono essere trasformati grazie al digitale. Perché anche una piccola impresa possa essere data driven servono però almeno 3 condizioni minime: dati, capacità di elaborazione e competenze. La capacità di raccolta, elaborazione e archiviazione di dati digitali è ormai ampiamente disponibile a costi molto bassi: grazie alla diffusione del cloud computing, non è necessario per le PMI dotarsi di una infrastruttura IT per utilizzare tecnologie avanzate. E lo stesso vale per la capacità di analisi: numerosi sviluppatori indipendenti hanno creato strumenti open source che permettono a chiunque di condurre analisi approfondite di archivi di dati.
La seconda condizione è la disponibilità di dati. Oltre agli archivi open source, per diventaredata driven le imprese devono ripensare la loro organizzazione. Ogni transazione per l’acquisto di beni o servizi può essere digitalizzata e, pertanto, convertita in dati. Non occorrono complessi data center: un comune registratore di cassa, le tessere fedeltà di un esercizio commerciale, semplici sensori sufficienti per raccogliere e processare dati. Raccogliere ed analizzare i dati rappresenta un importante vantaggio competitivo per le imprese, oltre che un elemento di reale trasformazione dell’economia. Ma anche la pubblica amministrazione può giocare un ruolo cruciale in quest’ambito. Troppo spesso il tema dell’open data è stato associato solo a quello della trasparenza. Ma c’è qualcosa di più. La pubblica amministrazione italiana è uno dei più importanti collettori di dati al mondo. la capacità di raccoglierli, anonimizzarli, organizzarli e metterli a disposizione del sistema economico rappresenterebbe uno straordinario strumento per far crescere un’industria datadriven.