Gli investimenti guidati dal nuovo paradigma dell’industria 4.0 garantiranno un aumento del 27% dell’efficienza produttiva in 5 anni, per valore aggiunto all’economia globale da 500 miliardi di dollari. Tra razionalizzazione di molte voci di costo, come quelle delle rimanenze e dei materiali, e il miglioramento di diversi indicatori di qualità, come la puntualità delle consegne e la riduzione dei tempi produttivi, le smart factory sono destinate a scrivere il futuro dell’industria.
Questo è quanto emerge dall’ultima ricerca condotta dal Digital Transformation Institute di Capgemini, compagnia specializzata nei servizi di consulenza, Information technology e outsourcing, che ha stimato l’impatto di IoT, big data, intelligenza artificiale e robotica sulla produttività, qualità e flessibilità delle imprese. Entro la fine del 2022, si legge nel report, i produttori prevedono che il 21% dei loro stabilimenti sarà trasformato in fabbriche intelligenti. A guidare la transizione saranno i settori in cui i lavoratori già interagiscono con le macchine intelligenti: aerospazio, difesa, manifattura e automotive.
Le prime realtà industriali ad aver mosso i passi nell’era 4.0, spiega il report, sono alcune aziende degli Stati Uniti e dell’Europa occidentale: la metà degli intervistati di Usa, Francia, Germania e Regno Unito ha già implementato fabbriche intelligenti, contro il 28% degli intervistati in India e il 25% in Cina. Il divario non è solo geografico, ma come si accennava anche settoriale: oltre il 60% delle aziende di manifatturiero, aerospazio e difesa ha intrapreso un percorso verso le smart factory, mentre poco più di un terzo (37%) delle aziende farmaceutiche e delle imprese operanti nel mondo life science sfrutta le tecnologie digitali.
Tra gli effetti positivi più visibile dell’industry 4.0 spiccano i miglioramenti in produttività, efficienza e flessibilità e in particolare le riduzioni significative dei costi operativi. Ad esempio, si prevede che le case automobilistiche potranno arrivare a registrare un aumento del margine operativo fino al 36%, grazie all’efficientamento della logistica e dei costi dei materiali, a una maggiore funzionalità delle attrezzature e una migliore qualità nella produzione.
Gli investimenti in industry 4.0 hanno ormai assunto dimensioni rilevanti. Sempre più capitale, spiegano i curatori del rapporto, viene investito in fabbriche intelligenti: oltre la metà (56%) degli intervistati ha investito più di 100 milioni di dollari in smart factory negli ultimi 5 anni e il 20% ha dichiarato di aver investito più di 500 milioni di dollari. Mettere mano al portafoglio non significa però riuscire necessariamente a entrare nell’era 4.0. E l’analisi del Digital Transformation Institute di Capgemini segnala non a caso che solo un piccolo numero di aziende (6%) è in una fase avanzata di digitalizzazione della produzione. Inoltre, solamente il 14% degli intervistati ha dichiarato di essere soddisfatto del grado di successo raggiunto.
Il dato sugli investimenti è comunque stimato in deciso aumento, al pari di quello sull’aumento della produttività che l’industry 4.0 garantirà al tessuto produttivo mondiale. Secondo le previsioni di Capgemini, il valore aggiunto delle fabbriche connesse sarà di almeno 500 miliardi in termini di valore aggiunto annuo. Questa, sottolineano gli esperti, è però una stima conservativa. Quella ottimistica raggiunge infatti i 1.500 miliardi.
“Questo studio evidenza che in questo momento ci troviamo nel mezzo della rivoluzione industriale digitale e che l’impatto sull’efficienza complessiva sarà rilevante – commenta Antonio Ziliani, vp head of Digital manufacturing di Capgemini Italia -. I prossimi anni saranno fondamentali perché i produttori aumenteranno le proprie capability digtali e miglioreranno considerevolmente le loro performance in questo ambito con importanti benefici economici”.